Rigore, Europa, riforme: quattro elettorati pronti al No

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Febbraio 2012 - 15:06 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti e Angela Merkel (Lapresse)

ROMA – L’euro ha forse superato il suo momento peggiore, sopravvivendo alla crisi e agli attacchi che dai mercati gli sono arrivati, e già si trova a dover affrontare una prova ancor più difficile: quella degli elettorati.

In Francia ci saranno le elezioni presidenziali a maggio, in Grecia già ad aprile, l’Italia voterà nel 2013 e in Germania, che vota lo stesso anno, la Merkel sta vedendo la sua maggioranza parlamentare sfaldarsi proprio sul tema Europa. Oltralpe “una vittoria del socialista Hollande potrebbe portare alla richiesta francese di rinegoziare il Trattato fiscale appena varato. I sondaggi in Grecia pronosticano un trionfo di estremisti di ogni colore, e in Italia nessuno sa chi governerà tra un anno, e se per vincere dovrà promettere di fermare la marcia delle riforme”, scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera.

Si trova quindi l’Europa ad affrontare la prova degli elettorati. Elettorati che non hanno mai particolarmente amato l’Unione e soprattutto l’Euro, creature di élite e tecnocratiche, e che ora che queste richiedono sacrifici amano ancor meno. Polito definisce questo “scollamento” tra vertice e base, tra governi ed elettori, “una tensione democratica”, “una tensione molto forte tra ciò che va fatto e ciò che gli elettorati sono disposti ad accettare”.

Questa tensione rischia ora, gonfiata ed ingigantita dal costo che salvare la Grecia e raddrizzare Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda sta rappresentando, di esplodere.

La cancelliera Angela Merkel ha, proprio sulla votazione per il salvataggio della Grecia, l’ennesimo, perso la sua maggioranza politica al Bundestag. Dei 330 voti di cui dispone il centrodestra, solo 304 hanno votato sì, sette in meno dei 311 seggi che fanno la maggioranza assoluta. Solo grazie al voto favorevole dell’opposizione socialdemocratica il Bundestag ha autorizzato il nuovo piano da 130 miliardi per Atene. E se la maggioranza dei tedeschi pensa che continuare a pagare per salvare Atene sia una follia, anche alcuni pezzi di governo cominciano a manifestare pubblicamente il loro dissenso: il ministro dell’Interno di Berlino ha infatti dichiarato che sarebbe meglio il default, anche per i greci.

Anche in Francia i malumori europei animano la corsa all’Eliseo. Se dovesse vincere il socialista Hollande il trattato fiscale appena firmato potrebbe subito essere messo in discussione. E questi sono i due paesi che la crisi la stanno sì pagando, ma non vivendo.

Quadro ancor peggiore in Italia e, soprattutto, in Grecia. I sondaggi danno in fortissima crescita gli estremismi di ogni tipo ad Atene, estremismi di destra e sinistra uniti dal comune sentimento anti europeo che ormai domina l’opinione pubblica greca.

Caso più singolare quello italiano dove il premier “europeo” Mario Monti non ha il bisogno di confrontarsi con gli umori dell’elettorato, non avendo volontà di candidarsi alle elezioni e non essendo rappresentate di nessuna forza politica. Condizione favorevole e comoda, ma dopo di lui? Ci sarà e, se sì, quale sarà la forza politica che si farà portatrice dell’idea Europa? E quanta forza e che peso avranno invece le forze che cavalcheranno il sentimento se non anti quantomeno freddo nei confronti dell’Unione e della moneta unica? Le elezioni non sono alle porte, ma dietro l’angolo sì. L’attuale governo “scadrà” il prossimo anno. Allora forse sapremo se l’Europa avrà superato anche la prova degli elettorati o meno.

Quattro elettorati che in forma diversa muovono in un solo biennio verso un No al rigore, quello greco e quello francese. E verso un No all’Europa può marciare l’elettorato tedesco come reazione al No al rigore che venisse dalle urne di Atene e Parigi. E quello italiano che oggi non sta né con Monti né con “quelli di prima e di sempre”, il 50 per cento che nei sondaggi vota astensione, indecisione o scheda bianca. Quante “divisioni elettorali” abbia il “montismo” in Italia è domanda che oggi una risposta ce l’ha: scarse o nessuna. Domani chissà e forte è la possibilità che anche l’elettorato italiano nel 2013 a suo modo pronunci il suo No.