Tira aria di ri-crisi. Chi glielo dice ai polli in cortile?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 18 Gennaio 2016 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA

soldiROMA – Sul pianeta, quella cosa un po’ più grossa di Montecitorio, un po’ più popolata dell’audience dei talk-show, un po’ più larga del pianerottolo di casa e discretamente indifferente ai”diritti acquisiti” e “legittime aspettative” di ciascuno di noi in solitario, in sindacato o in territorio…tira aria di ri-crisi.

Già ri-crisi. Crisi un’altra volta dopo quella sbucata dalla e viscere dell’economia e finanza mondiale nel 2007/2008. Crisi un’altra volta può essere e non c’è bisogno di essere uccelli del malaugurio per vedere che è possibile. Quella appena passata (?) tanto per ricordarci ci è costata un milione di posti di lavoro e la perdita di un 15/20 per cento della ricchezza nazionale.

Soprattutto alla gran parte della pubblica opinione è apparsa intollerabile, di certo colpa di qualcuno da “punire” e comunque un’eccezione irripetibile da non far ripetere. Magari a colpi di proteste, movimenti e voti elettorali contro. Ma si può votare o marciare contro le crisi? E soprattutto le crisi, se sono davvero tali, se ne fregano delle proteste, dei voti elettorali, dei governi e dei cambi dei governi?

Aria di ri-crisi perché sul pianeta, Cina in testa ma non solo, la cosiddetta crescita, cioè il produrre, vendere e consumare di più e quindi indurre la sequenza investimento-lavoro-profitto-salario-reddito, rallenta. Rallenta molto rispetto alle attese. Fosse solo rispetto alle attese, sarebbe ben poco male.

Il problema è che l’intero pianeta, più o meno tutti i governi e moltissimi dei rispettivi popoli, stanno a galla su un oceano di debiti che a suo volta riempie voragini di debito. L’intera economia del pianeta, comprese le meravigliose cose cui teniamo come conquiste sociali (sanità, scuola, pensioni), poggia sul debito. Debito pubblico e privato che  va sempre espandendosi. Quando nel 2007/2008 è venuto a galla il dubbio che una infinitesima parte di questo debito potesse non essere pagata, quel dubbio ha fatto quel che fece l’iceberg al Titanic, ha forato la corazza.

Ma non siamo andati a fondo, da allora le Banche Centrali del pianeta hanno stampato e stampato e stampato denaro, l’hanno messo in circolo e hanno impedito ci fosse bancarotta e miseria vera. Ma per farlo hanno di fatto aumentato e aumentato il debito pubblico. E le aziende hanno aumentato il debito delle aziende prendendo quote di quel denaro. E il debito delle famiglie sul pianeta è altissimo proprio là dove i consumi sono alti quanto si vuole perché la macchina giri.

Ora si dà il caso, anzi l’ovvio caso, che indebitarti puoi, la cosa regge, se guadagni, cioè se la crescita c’è ed è rilevante. Per dirla in poverissime parole, se hai centomila euro di debito e ne guadagni un anno cinquantamila e l’anno dopo cinquantacinquemila il tuo creditore non avrà paura che i suoi soldi diventino carta straccia perché non ripagherai mai. Ma hai centomila di debito, guadagni cinquantamila e l’anno dopo cinquantamila e l’anno dopo ancora cinquantunomila, allora…

Bene, il pianeta oggi sta così, in bilico tra una crescita magra e lenta e un debito obeso e rapido nel crescere.

Il pianeta sta così ma noi stiamo altrove: nell’eterno misero, squallido, rumoroso e cafone pollaio del cortile di casa. Con forze politiche, sociali e individui e gruppi specializzati nel beccarsi tra loro e gorgheggiare che la colpa di tutto è del pollo e della gallina avversari.