Tremonti: “Niente condono”. Ma dimentica quello di luglio alle aziende

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 2 Settembre 2011 - 14:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La lotta all’evasione consentirà di far quadrare i conti e lasciare i saldi invariati e non ci saranno condoni, parola di Giulio Tremonti. Mentre l’attuale governo sembra aver decisamente cambiato abitudini, almeno a parole, tanto da far parlare il cavaliere di “socialismo reale” nel nostro paese, si scopre che un condono già c’è e riguarda proprio gli evasori. A raccontare questo corto circuito logico, questa antipatia tra fatti e parole del governo italiano, è la Stampa, che si è fermata a leggere l’articolo 23 della manovra correttiva di luglio. Un articolino, finora da nessuno cancellato, non ritirato e nemmeno criticato, che confeziona mini-condono per alcune categorie di evasori e un maxisconto sul futuro per altri grandi contribuenti.

Si tratta di una norma che consente di pagare una ritenuta del 5 per cento sugli interessi corrisposti a soggetti esteri a fronte dell’emissione di prestiti obbligazionari. Per chi fosse già soggetto ad un accertamento, la ritenuta salirebbe poi dal 5 al 6 per cento e, in quest’ultimo caso, lo sconto sarebbe davvero notevole confrontato con il rischio di dover pagare, oltre all’aliquota attuale del 12,5% (prevista per le rendite finanziarie appunto), anche una sanzione. Esempio: la società “X” che venisse beccata dal fisco a non versare l’aliquota del 12,5% su 10 milioni di interessi, potrebbe chiudere il tutto pagando 600 mila euro invece di 2,8 milioni. A patto di pagare entro il 30 novembre prossimo, anche se c’è già stato un accertamento dell’Agenzia delle Entrate. E lo sconto sarebbe ancor più grande domani, quando la suddetta aliquota, stando sempre alle intenzioni governative, dovrebbe lievitare dal 12.5 sino al 20%. Tanto per fare un esempio a caso, grazie a questa norma, la casa editrice Mondadori potrebbe chiudere un contenzioso in corso con l’Agenzia delle Entrate che gli contesta circa 4 milioni di euro di mancato versamento della ritenuta più oneri e sanzioni, per un totale di circa 8 milioni di euro, pagandone poche centinaia di migliaia. Ma quello di Mondadori non è un caso unico e isolato, non si può parlare di legge ad aziendam in questo caso, tanto è vero che la creazione di una società estera che emette un prestito per finanziare la capogruppo italiana è prassi ormai già consolidata che ha anche attirato l’attenzione dell’Agenzia delle entrate in molti casi.

A finire sotto i riflettori un anno fa era stata Wind. Nel mirino degli ispettori erano finiti i 4 miliardi di prestiti obbligazionari quotati sulla Borsa del Lussemburgo, emessi da una società del Granducato per finanziare l’attività del gruppo telefonico. Più o meno un anno fa, la società si vide recapitare un verbale d’accertamento da 60 milioni di euro per il mancato versamento della ritenuta del 12,5%. Un modo di fare che si riscontra in molti Paesi. Gli esperti hanno dimostrato come il 60% dei movimenti finanziari nel mondo avviene attraverso le società offshore dei paradisi fiscali, e le società quotate in Italia non fanno certo eccezione. Più della metà delle oltre 200 aziende presenti sul listino milanese, nonché il 25% dei gruppi bancari, possiedono almeno una partecipata in uno dei paesi «a regime fiscale privilegiato». In un solo colpo, con un unico e piccolo articolo, un condono per l’evasione di ieri e una nuova forma di condono: il condono preventivo, valido per il futuro, una novità tutta italiana. Chi evade oltre i 3 milioni di euro andrà immediatamente in carcere, certo, a patto che non abbia dei bravi fiscalisti che, attraverso società estere, non faccia figurare qui soldi sotto un’altra voce, magari quella suggerita dall’articolo 23.