Referendum sul carcere preventivo e il suo abuso, come limitarlo? Uguale tutela per assessori e spacciatori

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 20 Febbraio 2022 - 08:35 OLTRE 6 MESI FA
Referendum sul carcere preventivo e il suo abuso, come limitarlo? Uguale tutela per assessori e spacciatori

Referendum sul carcere preventivo e il suo abuso, come limitarlo? Uguale tutela per assessori e spacciatori

Referendum sul carcere preventivo e il suo abuso. Come limitarlo? Cosa accadrà col referendum? 

Le disposizioni generali previste dal codice di procedura penale in tema di limitazioni della libertà della persona prima della sentenza definitiva (misure cautelari) sono consentite a certe condizioni.

Che vi siano gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato per il quale si procede.

Il massimo di pena irrogabile superi determinati limiti, correlati alla misura che si intende applicare.

Sussista almeno una delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 del codice medesimo

Questo è il nodo del quesito referendario su cui verremo chiamati ad esprimerci.

Dalla “Relazione sull’applicazione delle misure cautelari personali e sui provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione” risulta che lo Stato ha pagato in un anno complessivamente 43.486.630 euro. Questo con dati relativi al solo anno 2019. A fronte di 1.000 ordinanze di liquidazione, ossia di altrettanti casi di detenzione qualificata ingiusta. (Relazione predisposta dal Ministero della Giustizia e comunicata alla Presidenza della Camera il 16 aprile 2020). Una situazione che inizia francamente ad essere onerosa per le casse pubbliche.

Ma esistono motivi più squisitamente politici che suggeriscono una riforma del sistema cautelare sotto il profilo delle maggiori garanzie da accordare all’indagato ancora non condannato in via definitiva.

Quella contro l’abuso della custodia cautelare è una storica battaglia che i radicali hanno intrapreso ben prima della entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale.

In quello precedente la privazione anticipata della libertà era meno pudicamente chiamata “carcerazione preventiva”. E forse appariva più chiaro il fine dell’istituto, che era comunque in palese contrasto con il principio costituzionale della presunzione d’innocenza.

A seguito dello scrutinio favorevole da parte della Corte Costituzionale sulla ammissibilità del quesito referendario, i cittadini saranno chiamati a decidere se – pure in presenza di gravi indizi di colpevolezza – possa essere applicata la misura cautelare inframuraria, quando l’esigenza da tutelare sia solo quella del pericolo dì reiterazione del reato e quindi della salvaguardia dell’ordine sociale.

Restano escluse dalla proposta dì abrogazione le altre due ragioni cautelari, il pericolo di fuga e dì inquinamento probatorio, sussistendo le quali sarà sempre possibile l’adozione di misure restrittive della libertà personale.

Quello del pericolo di reiterazione del reato è senza dubbio il più frequente dei motivi per cui viene sollecitata (e troppo spesso applicata) una misura custodiale inframuraria. Nelle diverse forme in cui è prevista, nonostante questa, per chiaro disposto normativo, possa essere disposta solo quando nessuna altra misura risulti adeguata (art. 275 co. 3 cpp).

Ne consegue che se fosse abrogata la norma sottoposta a referendum, l’ambito dì applicazione dei provvedimenti limitativi della libertà personale sarebbe molto ridimensionato.

È quindi in una ottica iper-garantista che i promotori si sono mossi quando hanno raccolto le firme per l’abolizione dell’art. 274 co. 1 lett. c) cpp.

Senza dubbio, come detto, una storica battaglia dei Radicali.

Resta da capire quanto lo sia della Lega, storico partito dei manettari, composto da parlamentari che agitavano il cappio alla Camera e al Senato e che ancora oggi auspicano giudizi sommari e pene esemplari contro clandestini e drogati.

Non esattamente dei campioni di tolleranza e garantismo.

Qualcuno prima o poi spiegherà a Salvini che la Legge è per definizione generale e astratta, e che se da un lato la modifica dell’attuale assetto normativo impedirà a qualche pattuglia di assessori leghisti (e non solo) di visitare anzi tempo le patrie galere, impedirà anche che a finirci siano spacciatori e ladri, con gran disappunto del loro elettorato.

A meno che quello che interessava veramente ai leghisti non fosse l’abrogazione dell’ultima parte dell’art. 274 1 co. lettera c) del cpp, quello che prevede la possibilità della custodia cautelare in carcere per il reato dì finanziamento illecito dei partiti, introdotta con la mini riforma del sistema cautelare contenuta nella legge 47/2015

Dopo le esperienze della precedente stagione ed il (lento) depauperamento del partito, dalle parti di via Bellerio avranno pensato che fosse meglio non rischiare in futuro.