Comunali Roma, ritratto di candidato: Alemanno, Marino, De Vito, Marchini, Medici

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 22 Maggio 2013 - 14:56 OLTRE 6 MESI FA

ALFIO MARCHINI. Ingegnere, 48 anni, rampollo belloccio di una dinastia di costruttori vicini al Pci, è uno che ha fatto del concetto di “splendido quarantenne” un ideale di vita. Un Ridge versione pizza e fichi che vorrebbe una Roma più “beautiful”.

Ha iniziato la sua dispendiosa campagna elettorale nel giorno di San Valentino con dei manifesti giganti che raffiguravano un cuore. Simbolo del suo amore per Roma. Un cuore che in alcuni manifesti è spezzato, metafora di una città che non è più amata da chi la vive e da chi la amministra.

Marchini si pone come uno fuori dai partiti ma molto “addentro” alle faccende capitoline. Rivendica, rimarcando la sua differenza col pugliese Alemanno e col genovese-siculo-svizzero Marino, la sua romanità.

Su Facebook spopola la sua parodia “Arfio Marchini”, che posta promesse come “eliminerò la doppia fila, le doppie punte, il doppio petto, il doppio mento. Roma diventerà una città singolare. Roma ti amo”. Su Twitter va forte l’hashtag #seArfiodiventasindaco: “Tor Pagnotta diventa Tor Baguette”, “er benzinaro ce dirà «volete il pieno al tavolo o al bancone?»”, “verrà istituita la figura del maggiordomo di quartiere” o “mette le #Hogan alle rotaie daa metro?”

Nonno partigiano, fratello del nonno presidente della Roma, zia l’attrice Simona Marchini, la biografia di “Arfio” non si esaurisce nell’albero genealogico.

Capitano della nazionale italiana di polo, nel 1994 viene nominato giovanissimo nel cda Rai e poi presidente della Sipra, su indicazione della giovane presidente leghista della Camera Irene Pivetti.

Erede di una tradizione “calce e martello”, ha ottimi rapporti con Massimo D’Alema – è socio fondatore di ItalianiEuropei e di “Italia Decide”, la fondazione di Luciano Violante. Ma vanta buone relazioni anche con l’Opus dei e Comunione e Liberazione. Negli anni 90, vicino a Rocco Buttiglione, è stato editore del “Sabato”.

Quando Rutelli immagina una “cura del ferro” per il trasporto pubblico a Roma, Marchini è Amministratore Delegato della società delle Fs che se ne occupa, Roma Duemila spa.

Nel cda della Banca di Roma, poi di Capitalia e quindi di Unicredit. È stato molto in America ed è orgoglioso di essere “membro del Non Governmental Peace Strategies Project (insieme a George Bush Senior, Kofi Annan, Javier Solana, Mikhail Gorbachev)”.

Marchini ha abbinato una campagna mirata sul “territorio” (da Corviale alla Luiss, dagli incontri coi comitati per l’acqua pubblica ai blitz nei mercati rionali) a un tour mediatico dove ha sfoggiato una discreta telegenia. Proprio in tv, ai microfoni di “In Mezz’ora” di Lucia Annunziata, ha annunciato ai primi di dicembre di volersi candidare a sindaco.

È la variabile impazzita del primo turno delle Comunali. Può prendere – o non prendere – voti dai delusi da Alemanno e dai non convinti di Marino e di De Vito. Sopra il 10% è già successo.

SANDRO MEDICI. Classe 1951, giornalista per 25 anni al Manifesto, ne è stato direttore dal luglio 1990 al novembre 1991. Eletto nel 1997 consigliere comunale come indipendente per Rifondazione Comunista, dal 2001 è stato eletto presidente del X Municipio e poi riconfermato nelle tornate successive. Sostenuto da Repubblica Romana, Liberare Roma, Sinistra Critica, dal Partito Pirata, da Rifondazione Comunista e dai Comunisti Italiani. Sta facendo una campagna ovviamente low cost ma molto presente sul territorio.

È il candidato dei movimenti della lotta per la casa, delle realtà occupate, delle radio libere, ma anche di intellettuali e artisti come Valerio Mastandrea. I suoi slogan giocano sul romanesco e sul suo cognome: “Me dici Roma? Te dico Sandro” – “Me dici cemento? Te dico basta” – “Me dici Alemanno? Te dico impicci”.

Potrebbe portare alle urne tutta quella parte di sinistra extraparlamentare che di solito non vota e anche rosicchiare qualche punto percentuale a Marino. Oltre il 5% è un buon risultato.