Bersani: Grillo è meglio, per i moderati e dopo Monti ancora Monti

Con la firma di Senator, il blog “Un sogno italiano” pubblica una sconsolata analisi delle prospettive politiche in Italia dopo la sconfitta di Matteo Renzi alle primarie del Pd.

 Su una vittoria di Bersani c’erano pochi dubbi.

Troppo potente l’apparato, troppo conservatori i post comunisti, troppo agguerrita la schiera dei potenziali “rottamandi” perché Renzi, ex Margherita, potesse vedere apprezzate le sue idee di rinnovamento dalla maggioranza degli elettori del Partito democratico, che hanno preferito l’“usato sicuro” Bersani, con il suo prudenzialismo, con l’abitudine a mediare più con i poteri forti che ascoltare la gente comune, con la sua sudditanza alla Cgil, cinghia di trasmissione di una parte significativa del consenso a sinistra.

Vince il Pd che non ha saputo governare con Prodi 1 e 2, né con Amato o D’Alema, che non ha saputo condurre l’opposizione neppure approfittando della fallimentare gestione del Governo Berlusconi dal 2001 al 2006 e poi dopo il 2008. Quale proposta nuova offra al Paese il Bersani del 2012 e il suo staff non è chiaro.

Anche l’appoggio critico al Governo Monti, che avrebbe potuto trarre dall’impaccio Bersani e compagni su molte misure impopolari ma necessarie, non ha fatto emergere una linea politica credibile e innovativa in materia di fisco e di crescita, di amministrazione e di semplificazione, un tema che Renzi ha cavalcato fin dall’inizio.

Avrebbe potuto addebitare a Monti gran parte dell’incisione degli interessi delle lobby tradizionali, dai banchieri ai farmacisti, dai notai ai tassisti. Invece niente di significativo.

Anche la questione delle società a responsabilità limitata da aprire con un euro, rivendicata nei giorni scorsi da Monti, è una elegante presa in giro. Infatti basta un euro di capitale ma ce ne vogliono molti di più per la pratica tra notai e registrazioni. La sconfitta di Renzi è, dunque, una nuova occasione mancata della politica italiana.

Si è detto che Berlusconi tifava Renzi. Sbagliato. Per il Berlusconi l’ideale duellante è Pierluigi Bersani, persona certamente perbene ma burocrate di Largo del Nazareno (un tempo si sarebbe detto di via delle Botteghe Oscure), una buona immagine conquistata a poco prezzo.

Governare l’Emilia Romagna è facile e la lenzuolata con alcune semplificazioni di facciata è stata più propaganda che altro, considerata la continua richiesta di semplificazioni mai veramente attuate per l’incapacità della classe politica e di governo di convincere gli interessi corporativi a realizzarsi diversamente, in qualche modo favorendo un mercato più snello, idoneo a sollecitare i consumi interni, quelli dai quali dipende il benessere delle famiglie perché se queste non hanno disponibilità per comprare le imprese riducono le produzioni e, conseguentemente, l’occupazione. Con aumento della disoccupazione.

Stacco e obiettivo sul Governo Monti e la politica dell’annuncio che lo ha caratterizzato.

La attribuivamo a Berlusconi, bravissimo in comunicazione, scarso in realizzazioni. Non è cambiato quasi niente. Se si esclude l’immagine pubblica del Presidente del Consiglio a livello internazionale, garantita dalla correttezza dell’uomo, facile, comunque, per chiunque, considerato il gaffeur che ha dominato la scena politica per anni, la squadra è modesta.

Qualcuno ha forse sentito parlare del Ministro per i beni e le attività culturali in un Paese che ha il più grande patrimonio storico artistico dell’umanità, la ragione principale del nostro turismo? Settore dove c’è un ministro. Sulla carta.

La stessa immagine di Monti si deteriora. Il personaggio perde appeal ogni giorno di più, anche quando non fa delle battute a dir poco stravaganti. In questa condizione la sconfitta di Renzi smorza l’entusiasmo che anche molti moderati centristi avevano manifestato verso il Pd, che appariva ai loro occhi, attraverso l’oratoria del sindaco di Firenze, un partito socialdemocratico moderno. Quei moderati si ritirano. Si asterranno in molti casi. Oppure voteranno Grillo. Mentre Casini non cresce e Berlusconi uccide la sua creatura. Gli basta una piccola pattuglia per essere presente in Parlamento. Ed un salvacondotto per se, i suoi e le sue aziende.

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