Conte “dipende” dai 5Stelle. “Inventato” da Luigi Di Maio, oggi Giuseppe Conte e il suo governo potranno andare avanti solo se la divisione tra i “grandi” del Movimento troverà un punto d’incontro. Al momento attuale la situazione è questa. Beppe Grillo lo difende a spada tratta perché capisce furbescamente che se l’attuale maggioranza andrà a gambe all’aria il futuro dei 5Stelle diventerà assai duro.
Luigi Di Maio, che fu il maggiore sponsor del premier, ora lo teme perché gli fa ombra. Ed è l’unico in questo momento che possa togliergli il grande desiderio di sedersi a Palazzo Chigi. Alessandro Di Battista vede Conte come il fumo negli occhi. Lo considera un estraneo perché non è nemmeno iscritto. Ma questa è solo una scusa perché Dibba sa che fin quando il presidente del Consiglio occuperà il posto che occupa per lui non ci sarà spazio.
Se la “scissione” che oggi divide il “brain trust” del Movimento non tornerà indietro, il futuro di Conte sarà abbastanza precario. Ecco perché dovrà difendersi da chi lo fece conoscere alla gente quando era solo un docente di diritto privato all’università di Firenze.
La situazione non è facile. Adesso, oltre alle divisioni interne, il Movimento deve guardarsi dalle accuse che gli piovono addosso per un “prestito” che il presidente venezuelano Nicolas Maduro fece ai Grillini, precisamente al suo fondatore Gianroberto Casaleggio, di tre milioni e mezzo di euro. L’episodio risalirebbe al 2010, ma solo oggi se n’è avuta notizia per lo scoop di un giornale spagnolo. Naturalmente i Grillini smentiscono tutto e parlano di una “fake news”, ma l’autore dell’articolo conferma per filo e per segno quel che ha scritto.
La verità è che Giuseppe Conte non si fida più dei Grillini che vanno avanti in ordine sparso. E, ugualmente, una parte consistente dei 5Stelle vede nel premier un pericoloso avversario che in futuro potrebbe fregarli. Come? Ad esempio, portando avanti e magari suggellarlo quel progetto di nuovo partito che avrebbe dalla sua quasi il venti per cento dei consensi se non di più.
Per evitare una crisi di governo e andare a elezioni dall’esito assai incerto, Grillo polemizza apertamente con Di Battista e con i suoi proseliti schierandosi con Conte e minacciando di riprendersi il Movimento azzerando tutti gli attuali vertici. “Un direttorio subito”, dice l’ex comico. Un patto tra amici-nemici che rimanderebbe la caduta dell’attuale maggioranza.
Di Battista insiste e continua a sostenere che bisogna organizzare un nuovo congresso (o come lo vogliono definire i suoi compagni) per stabilire chi vince e chi perde. In fondo, però, il braccio di ferro è tutto fra lui e Di Maio con Conte a far da terzo incomodo. E’ noto comunque che, generalmente, è sempre il terzo a godere ed ecco spiegata la ragione per cui il premier è inviso all’uno e all’altro.
“Il congresso non è una priorità in un momento così delicato per il Paese”, afferma il ministro degli Esteri. “E invece si, ribatte Dibba, perché così capiremo che cosa vogliono i nostri iscritti”. Di abbracci insomma non se ne parla. Non per seguire le regole che servono a combattere il coronavirus, ma per il semplice motivo che fra i due non c’è un minimo punto di riferimento a cui possano aggrapparsi.
Mentre l’incendio fra i Grillini non accenna a placarsi, a Palazzo Chigi si continua a lavorare come se niente fosse accaduto. Vanno avanti gli stati generali, la cassa integrazione viene prorogata di tre mesi, si è raggiunto un accordo per far riaprire le scuole una settimana prima delle elezioni regionali.
“Si potrebbero usare le palestre e non le strutture dell’edificio”, spiegano i dirigenti del ministero competente. Il premier dice si a quasi tutto. Promette tanto, ma poi? “Concretezza”, tuona il Capo dello Stato. “Festina lente”, predicava secoli fa l’imperatore Augusto. “Affrettati con lentezza”. Un eccellente insegnamento per tutti coloro che oggi non fanno che litigare”