Elly Schlein e Giuseppe Conte, è lotta continua, M5s patto segreto con FdI? Mario Orfeo grillino il prezzo del tradimento

di Bruno Tucci
Pubblicato il 30 Gennaio 2024 - 09:20| Aggiornato il 31 Gennaio 2024
schlein conte

Foto Ansa

Proprio no: fra Elly Schlein e Giuseppe Conte non c’è una sola decisione che li metta oggigiorno d’accordo
Non sono ai ferri corti, certamente, ma il traguardo delle europee è talmente importante che non riescono più a nascondere lo strappo come facevano fino a qualche tempo fa. L’ultimo crac riguarda la Rai che per la segretaria del Pd ha soltanto un nome: Telemeloni.

Il presidente dei 5Stelle si guarda bene dal confermare questa posizione. Ad ogni domanda dribbla l’interlocutore, poi non può fare a meno di far conoscere il suo pensiero: “Non andremo al sit-in organizzato dal Pd il 7 febbraio”. A protestare contro il predominio della destra, sdraiati sulla strada di viale Mazzini ci saranno soltanto i dem, aiutati da Fratojanni e da Bonelli, cioè dall’ultra sinistra dello schieramento politico.

“E’ una manifestazione ipocrita”, tuona l’avvocato del popolo. “Bisogna metterla da parte l’ipocrisia se si vuole raggiungere qualche risultato”. Il Pd trasecola, crede che queste parole siano fantasia di qualche giornalista.
Non è così, la realtà è che Conte con la Schlein non vuole avere niente a che fare, almeno in questo momento. Possibile

Certo che lo è, tanto che i più intransigenti del partito democratico gettano la maschera e replicano: “Per favore, niente frasi fasulle o diavolerie per nascondere la verità che è chiara. I grillini hanno stretto un accordo sotterraneo con Fratelli d’Italia. Un inciucio per cui i 5Stelle non aderivano al sit-in, ma in cambio strappavano una poltrona da condirettore al tg3, guidato da Maio Orfeo”.

Che Mario Orfeo sia diventato grillino è una delle notizie più divertenti del ventunesimo secolo. Conte non si sbilancia, segue la linea diplomatica tanto cara all’ex presidente del consiglio ed è talmente prudente che nemmeno quando gli chiedono un giudizio su Donald Trump si lascia andare. Tergiversa, cerca di cambiare discorso ed ecco che il Pd gli fa tana.

In che modo si spiega questa rottura? E’ temporanea o definitiva? Per ora, l’importante è arrivare a giugno ed essere pungenti al massimo durante la campagna elettorale delle europee. Lo strappo fra i due è cominciato quando Giorgia Meloni durante la lunghissima conferenza stampa del 4 gennaio, rispondendo alla domanda di un giornalista, disse che lei non era contraria ad un faccia a faccia in tv con Elly prima delle elezioni.

Che cosa poteva significare questa frase? Solo che per il premier il numero uno dell’opposizione era rappresentato dalla segreteria di via del Nazareno. Conte non poteva sopportare lo schiaffo e stare zitto. Va bene il silenzio, ma sotto, sotto il divario con i 5Stelle si è fatto più profondo. Dopo essere stato costretto a lasciare la poltrona di Palazzo Chigi, Conte ha studiato a fondo la vendetta e l’unico modo per non porgere l’altra guancia era soffiare il posto di interlocutore al vertice del Pd.

Era con lui che la Schlein o chi per essa avrebbe dovuto confrontarsi ed essere protagonista del duello. Si vocifera pure che da quel giorno il grillino abbia cercato di scavare la fossa a Elly parlando con i moderati del Pd che certo non vedono di buon occhio la segretaria e brinderebbero a champagne se lei fosse costretta a lasciare via del Nazareno prima della consultazione di giugno.

D’altronde sono pure le cifre a venire incontro ai nemici della Schlein targati 5Stelle. Gli ultimi sondaggi sono stati molto chiari a proposito e mentre ci si azzuffa per capire se è un bene candidarsi o no in tutti i collegi, i numeri danno un altro pesante ceffone a Elly. Secondo questi dati solo l’8,2 per cento del partito sarebbe favorevole a vederla come capolista assoluta alle europee. Toglierebbe spazio alle altre candidate del Pd e la difesa di genere tanto proclamata a sinistra andrebbe a farsi benedire.

Giorgia Meloni gongola dinanzi ad una minoranza così travagliata e dilaniata dalle correnti. Nel suo partito e anche nella maggioranza a volerla a Bruxelles è il 52,3 degli esponenti. Conte e Schlein farebbero bene a leggere e imparare a memoria questi numeri, perché se dovessero continuare a dividersi vorrebbe dire suicidarsi anche se per le europee si voterà con il sistema proporziale che vieta le alleanze.