Fiat: Marchionne usi la creatività per le auto

di Mauro Coppini
Pubblicato il 18 Settembre 2012 - 14:00| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Marchionne

TORINO – Si allunga l’elenco delle metafore utilizzate da Sergio Marchionne per legittimare una strategia il cui caposaldo è il blocco degli investimenti dedicati a nuovi modelli. “Con un mercato tramortito dalla crisi – dice – sarebbe come sparare nell’acqua”. Ricoverato nella stalla il cavallo al quale è inutile dare da bere se non ha sete, il manager Fiat spende la sua creatività repressa nella ricerca di nuove metafore a sostegno delle sue azioni. Prima o poi, forse, riuscirà a convincere anche una concorrenza che sembra non ascoltarlo continuando a fare il mestiere di chi fa auto. Produrle, appunto. Peggio per loro, strozzati da investimenti improduttivi. E poco importa se, pur improduttivi, questi investimenti si traducono nella conquista di quelle quote di mercato che la Fiat lascia libere mese dopo mese, superata ormai (ad agosto in Europa) anche da due marchi premium come Mercedes e BMW. Spazi preziosi e che vale la pena di pagare a peso d’oro perché la storia insegna che la loro riconquista è impresa praticamente impossibile perché insieme alle quote svaniscono anche le reti di vendita.

La strategia della resa sposata da Sergio Marchionne è solo una parte del problema. Perché il fatto è che anche quando la Fiat lancia i nuovi modelli il risultato non è quello sperato. Vale a dire “se il cavallo non beve è perché non ha sete o perché l’acqua non è buona e poco distante da lui ci sono pozze fresche e trasparenti” ? Dice il manager Fiat: “abbiamo lanciato la miglior Panda della storia e il mercato non la prende (nell’anno se produrranno meno di 120.000 a fronte delle oltre 200.000 previste) perché il mercato non c’è. Ma la Panda è davvero la miglior Panda mai prodotta? Marchionne che ingegnere non è fa suo un comportamento che costituisce il punto debole della categoria. Una ceca autoreferenzialità che sostituisce al gusto del cliente una puntuakle ed oggettiva analisi tecnica, fatta di numeri e confronti, che è solo condizione necessaria ma tutt’altro che sufficiente del successo. La validità di un modello ha un solo indicatore: quello delle vendite. Lo dimostra la Range Rover Evoque. Qualche esperto ha storto il naso ma lo stabilimento che la produce lavora su tre turni di otto ore al giorno.

Ma c’è un’ altra ragione per rimandare il lancio di nuovi modelli . “Le auto non invecchiamo bene. Io posso lanciare la migliore auto in un momento di mercato tragico ma due anni dopo, quando le condizioni cambiano, quel modello è vecchio e i soldi del mio investimento non li riprendo mai più”. E’ la più sconvolgente delle scoperte. Vale a dire noi non siamo padroni del nostro destino ed allora meglio scegliere il momento più opportuno per venire al mondo ma purtroppo non possiamo sapere qual è questo momento. Guarda caso è proprio la difficoltà di prevedere a distanza di anni quale sarà l’atteggiamento del consumatore a rendere così difficile la gestione dell’industria del’auto.

Grandi investimenti per realizzare quello che è tutt’ora il meccanismo più complesso destinato ad un utente privato. Per poi sentirsi rispondere che quel prodotto non lo convince, e quando lo si spinge a motivare il rifiuto la risposta è spesso solo il frutto di una mirabile sintesi espressa con un “boohh”. E’ sulla gestione dell’imponderabile che si misura la qualità dei manager dell’auto: da Ghidella a Piech. Marchionne che le auto non le fa non corre di questi rischi e può così lavorare in santa pace a quella macchina del tempo, quella si davvero rivoluzionaria, che gli consentirà di individuare il momento più opportuno per l’uscita di un nuovo modello.