Genova, politica a teatro: Doria contro Burlando, “Cofferati vecchio”

di Franco Manzitti
Pubblicato il 20 Aprile 2012 - 08:54 OLTRE 6 MESI FA

L’elenco è indicativo per capire come occasione migliore per misurare la tensione tra la città politica e quella antipolitica, supposta o meno, non ci potesse essere. Il “Fatto”, nella sua cronaca all’acqua di rose dell’Evento, definisce il giorno dopo quella prima fila “alcune delle voci più autorevoli di Genova, “capitanate” da Don Gallo”.

Chi sono costoro? Oltre a Luigi Merlo, presidente dell’Autorità Portuale, che chiederà pragmaticamente quali rapporti ci saranno nell’aggancio tra le banchine e la città, secondo i rispettivi piani regolatori, e a cui nessuno risponderà un’acca e a Vito Gulli, amministratore delegato di As do Mar, grande azienda di Conserve, che suggerirà un’educazione da inculcare nel cittadino-consumatore, il resto dei “fucilieri” porrà questioni di tale portata e di tale gravità, che i candidati sindaci lassù, non essendo né Gasmann, né Eduardo, né Govi ( il quale magari avrebbe trovato una delle sue battute zeneisi per salvarsi del tipo : “Giggia, me lo ricordo: qui c’era un bottone, così bello, così penzolante e ora……non c’è più”, per parafrasare i tagli selvaggi della Finanza di Tremonti e poi di Monti alle casse comunali) potevano anche tentare una fuga dietro le quinte.

E così, mentre il pubblico folto e resistente ben oltre all’orario mitico della fuga di Cenerentola, rumoreggiava e avrebbe voluto sentir chiedere che ne sarà dell’Imu e come si lotterà contro il precariato dei giovani e dove cavolo questi aspiranti sindaci pensano di scovare i posti di lavoro o magari i soldi per assistere una popolazione ultra anziana, la più vecchia del mondo, chi pagherà domani le bollette del gas e dell’acqua, le persone autorevoli sparano alzo zero, anche eleganti o forbiti, molto informati e perfino rivelatori di scandali e intrallazzi. Ma veramente rappresentativi e autorevoli?

Così il sacerdote, don Paolo Farinella, che amministra il suo ministero nel centro storico, chiesa di san Giorgio e che avrebbe preferito studiare l’aramaico e che ogni domenica oltre che dal pulpito tuona su Repubblica-Genova il suo astio ondeggiante verso Berlusconi, la Madonna della Guardia, i vertici vaticani e il suo cardinale Angelo Bagnasco, chiede come azzittire la movida dei carrugi genovesi che gli toglie il sonno e come alimentare i flussi culturali verso gli stessi carrugi.Lui ci ha provato con sofisticati concerti di organo, ma ci vuole di più molto di più.

E Stefano Lenzi, storico leader del Wwf, documentato alla virgola, chiede di fermare le inutili grandi opere infrastrutturali come il Terzo Valico e la Gronda autostradale, sbandierando le cifre di uno spreco spaventoso. Christian Abbondanza, Casa della Legalità, snuda l’intreccio del potere locale con la mafia , la ndrangheta, la camorra, con nomi di società e di leader politici avvinghiati a tutte queste piovre. Pierfranco Pellizzetti, opinionista e collaboratore del Fatto, denuncia come Genova sia da decenni una città embedded ( avrà capito la platea?) tra destra e sinistra che si alleano per fare i reciproci affari e ci si stupisce che egli, inappuntabile in panciotto, abbia ancora voce e polmoni per continuare, dopo avere lanciato questo anatema in secula seculorum almeno dagli anni Settanta, come giovane industriale alla fronda, giovane politico candidato nel Pli, nel Pri, forse anche nel Psdi, poi dopo una eclissi da imprenditore, come consulente di enti pubblici, compagnie portuali e Associazioni industriali, come spin doctor di sindaci alla Marta Vincenzi, di consoli portuali alla Tirreno Bianchi, il capo dei “carbonini” e via a andare.

Più pragmatico, come si conviene a un sindacalista di barricata, Giulio Troccoli delegato Fiom di Fincantieri , urla il rischio di chiusura della sua grande fabbrica e l’ex farmacista, Carlo Besana, eroe di uno dei quartieri più degradati , il Cep di Prà, chiede: “ Ma perchè non parlate delle periferie, dell’abbandono di una parte della città?”.

Meno male che tra le personalità rappresentative c’è anche un giovane studente di architettura, Maicol Del Palo, che chiede secco: “Come facciamo a avere fiducia nella politica?”.

Cinque minuti per fare una domanda, cinque minuti per dare una risposta a ciascuno dei candidati e in mezzo il salace show di Marco Travaglio, che tra una battuta e l’altra la fucilata la spara proprio sul Pd, quello di Torino, dove Fassino e Chiamparino maneggiano l’importante nomina di presidente della Fondazione Intesa San Paolo, cioè della cassaforte della banca più grande del paese, che toccherà all’ex sindaco per decisione del suo successore, “uno che tanto nuovo non è”, segnala il columninst al vetriolo.