Stabilità, chi incassa e chi paga: 15 mld di spesa, seguiranno tasse

di Lucio Fero
Pubblicato il 20 Dicembre 2012 - 17:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Di “stabilità” lo è di sicuro, in tutti i sensi: compreso quello per cui resta stabile, anche se economicamente storto e pure socialmente storpio, il patto tra politica detta di governo e società detta civile. Il patto è ormai da tanto tempo: oggi spendo, e bravo chi è più svelto e attento a far arrivare a casa sua i mandati di spesa (comunque più o meno nessuno sarà lasciato senza un tozzo di soldo pubblico). Domani invece tasso e peggio per chi produce reddito visibile e tassabile. E’ andata così, va così anche per la legge di stabilità nata nel segno del governo tecnico di Monti e poi allattata, allevata, nutrita, formata nel segno dei partiti tutti politici e adesso anche alquanto elettorali: appunto lo spendi oggi e tassa domani.

Quindici miliardi di spesa pubblica sono la coda della cometa legge di stabilità, una gran coda. I soldi per la Tav Torino Lione e quelli per i malati di Sla. I soldi per i maestri di sci e per il garante dell’infanzia. I soldi per i policlinici universitari e per pagare le multe che ci verranno inflitte perché i gestori delle spiagge non vogliono aste sulle concessioni. I soldi per Finmeccanica e per i Comuni montani. Per le celebrazioni di Giuseppe Verdi, per la Fondazione Levi Montalcini, per i Partigiani, per il Castello di Udine, per la Lega contro i tumori, per l’Ospedale Bambin Gesù e per il Gaslini. Per esentare dall’Irpef le pensioni di guerra e per la Statale Tirreno-Adriatica. Quindici miliardi di spesa programmati per i prossimi anni. Spesa nobile, superflua, indispensabile, clientelare, doverosa, pretestuosa: tutto mischiato insieme. Quindici miliardi di spesa pubblica cui si devono aggiungere i circa tre miliardi, finora, di “tagli ai tagli” che hanno ottenuto i Comuni e le Province, sì perfino le Province, e gli ospedali pubblici e convenzionati.

Nuova spesa pubblica e meno tagli di spesa pubblica: questa è la stabilità conosciuta, invocata e votata. E sia pure che di parte almeno di questa spesa non si può fare a meno. Però politica cosiddetta di governo e società cosiddetta civile trovano rozza e insultante la fatica di decidere per cosa e chi valga spendere denaro pubblico e soprattutto trovano mostruoso e ingestibile il corollario, la conseguenza che appunto ne consegue: se spesa pubblica per te sì, spesa pubblica per te invece no. Questo in Italia non si fa, è bestemmia anti democratica, macelleria sociale, attentato ai diritti acquisiti, oltraggio all’autonomia della politica. Infatti sapete come si fanno i bilanci di spesa nel nostro paese? Sulla base della “spesa storica”. Prima di assegnare a chiunque soldo pubblico non si domanda cosa ne fai e a che ti serve. Si chiede quanto hai speso l’anno scorso e da lì si parte. Quindi chi più “storicamente” più speso più prende e spenderà. E se poi ha speso sprecando, se ha speso inutilmente, se ha alimentato spesa corrotta, peccato. La “spesa storica” è un diritto e non si tocca, come la mamma.

Però per far sempre contenta la mamma ci vuole il papà. In questo caso è papà Fisco che porta i soldi a casa. Non è per caso che la legge di stabilità mentre spende altri quindici miliardi con l’ultimo colpo di cosa regala alle Regioni il diritto, il potere di aumentare indiscriminatamente Irpef e Irap regionali appunto, insomma le addizionali. Le Regioni potevano farlo anche prima, ma con limitazioni: non prima di una certa data, non Irpef e Irap aumentate insieme, non a tutti i contribuenti perché quelli a basso reddito andavano esentati. Limiti saltati, aboliti: le Regioni potranno aumentare ancora e ancora le addizionali locali. Farà sapere piacere che strutture, anzi istituzioni specchiate e cristalline come dimostrano l’ultima legislatura sia della Regione Lombardia che di quella Lazio hanno il potere di aumentare le tasse se sballano i conti.

Ma, Regioni a parte e neanche tanto a parte, la stabilità in Italia si fa così: si spende oggi denaro pubblico, in porzioni diseguali tra loro ma che nessun piatto resti senza briciola, e poi si paga la spesa con le tasse che seguiranno. Tasse che saranno pagate in porzioni diseguali da molti portafogli, con moltissimi portafogli che restano chiusi. Sarà anche stabile questa stabilità ma emana cattivo odore di economia stagnate e ingiustizia sociale.