Vittorio Emanuele III al Pantheon? Mai, grida mezzo milione di morti: fu lui il vero colpevole

di Marco Benedetto
Pubblicato il 17 Dicembre 2017 - 09:44 OLTRE 6 MESI FA
Vittorio-Emanuele-pantheon

Vittorio Emanuele III (Foto Ansa)

Vittorio Emanuele III di Savoia al Pantheon di Roma? Mai. Lo gridano mezzo milione di morti, le migliaia di ebrei deportati e terminati nelle camere a gas, le migliaia di etiopi gassati da Graziani e Badoglio, gli alpini che non sono più tornati dalla tormenta ucraina.

Emanuele Filiberto di Savoia, ultimo discendente della casata, si chiede perché il rientro della salma del bisnonno sia coperto da un velo di segretezza. Non è segretezza, è pudore e vergogna. Mattarella si vergogna e è consapevole di avere autorizzato una operazione che ferisce il cuore di tutti gli italiani.

Sono morti di sinistra e di destra uniti nella tragedia, che non vogliono Vittorio Emanuele al Pantheon. Al di là di quel che opportunismi di schieramento politico e elettorale possono indurre Tutti vittime del cinico calcolo del Savoia, con Mussolini per 21 anni quando gli salvava il trono, portava in dote la corona d’Albania  l’mpero di Etiopia. Pronto a dimetterlo e arrestarlo quando fu evidente che aveva perso l’azzardo.

I morti italiani nella seconda guerra mondiale sono stati calcolati a 472 mila, due terzi miliari un terzo civili. I civili sono in prevalenza quelli rimasti sotto le macerie delle loro case, sotto i bombardamenti anglo americani, che hanno distrutto le nostre città, notte dopo notte, fino all’ultimo giorno di guerra, nel 1945. A nord della Linea Gotica i bombardieri scaricavano morte. Lui, il Re sciaboletta, se ne stava al sicuro in Puglia, dove si era rifugiato dopo una fuga vergognosa che abbandonò Roma e l’Italia alla vendetta di Hitler.

Nella Genova in cui sono cresciuto, ancora negli anni 50 i palazzi in macerie erano più di quelli rimasti in piedi. La casa dove ho vissuto era l’unica intatta, in mezzo a altre tre rase al suolo dalle bombe. Sono nato durante un bombardamento. Mio padre dovette bloccare il prete terrorizzato che voleva correre al rifugio invece di battezzarmi. Come posso dimenticare il nome del colpevole? Come possono dimenticarlo milioni di italiani la cui memoria collettiva non sia offuscata dal Grande Fratello, da X Factor e dal Festival di Sanremo. Forse possono dimenticare i sanculotti e i descamisados che adorano Beppe Grillo e votano Luigi Di Maio. Ma un italiano consapevole del suo passato non può dimenticare.

L’Italia fu spaccata in due dal tradimento del Re. Per 20 mesi una generazione di italiani, al Nord, fu carnefice e vittima di se stessa. Mussolini, esecutore materiale del disastro, finì impiccato a testa in giù a Piazzale Loreto. Il Re, mandante e ultimo beneficiario delle dissennatezze del Duce, si ritirò in al caldo dell’Egitto per l’ultima tappa della vita.

Di chi è la colpa della tragedia? Solo di Mussolini? Vittorio Emanuele III lo ha sfruttato e poi buttato via quando non serviva più. È tutto dentro la logica della politica, ma non in quello della morale. Vittorio Emanuele III è colpevole come Mussolini. Mussolini sta a Predappio, dove è nato, i Savoia stiano in Piemonte, dove sbarcarono secoli fa dalla Francia.

Al Pantheon di Roma è sepolto Vittorio Emanuele II, il nonno di Vittorio Emanuele III. Lo hanno chiamato il Padre della Patria. Alla luce della storia è un po’ una esagerazione, come è il mito di Garibaldi. L’unità d’Italia è più frutto degli interessi inglesi e della fine del peso politico del Papa in Europa che non dei nostri nanostatisti. Forse l’unico vero grande di quel secolo fu Cavour. Morì troppo presto. Forse la morte gli risparmiò il coinvolgimento nei tragici errori che seguirono e di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.

Ma se Vittorio Emanuele III sarà traslato al Pantheon, sarà la pietra tombale su ogni illusione di riscatto.