La lezione del Pd a Torino: libertà di contestare, violenza da reprimere. Sempre

di Marco Benedetto
Pubblicato il 9 Settembre 2010 - 11:58 OLTRE 6 MESI FA

A Torino siamo arrivato rapidamente a un punto di snodo, tra la legittimità della contestazione e la illegittimità della violenza, anche politica.

L’uso della forza è esclusiva dello Stato, e in una democrazia occidentale come vuole essere l’Italia non c’è spazio per ambiguità. Il principio vale e valeva perfino nelle dittature, solo che le organizzazioni di regime come le squadre d’azione mussoliniane o i basij degli ayatollah iraniani godono poi di trattamenti di riguardo da altre parti dello Stato, specie la magistratura.

Non ho il minimo dubbio che il questore di Torino abbia ragione: la polizia è un organo amministrativo, che agisce secondo le indicazioni politiche e nel caso di Torino le indicazioni politiche le ha date il Pd padrone di casa.

Difficile era anche la posizione degli organizzatori Pd, consapevoli certamente del rischio di contestazioni, ma altrettanto consapevoli del rischio fortissimo d’immagine che sarebbe venuto da una blindatura dei dibattiti.

Hanno scelto il rischio e hanno fatto bene. E ha fatto bene anche la polizia a attenersi alle istruzioni ricevute. Se fossero andati oltre, per eccesso di zelo, è probabile che ne avrebbero trovato pochi, nella sinistra del salotto e del “ma non è il modo” disposti a dargli copertura politica.

Ha sbagliato chi ha avuto reazioni isteriche come Enrico Letta, che è arrivato a parlare di guerra civile. Dai, non scherziamo, è meglio che il Pd organizzi al più presto corsi di storia per i suoi vertici. La guerra civile è una cosa ben diversa non solo dal momento presente, ma anche dai giorni più aspri degli anni di piombo.

Certo è un momento di alte tensioni, cui  hanno contribuito e contribuiscono tutti, destra e sinistra, giornali e tv, Berlusconi e i suoi nemici. Siamo in un momento di intensa dialettica politica, dove si sono persi i confini del valore delle parole: basti pensare se sia concepibile che il presidente della  Camera dei deputati dia dell’infame a un suo avversario.

Siamo, dobbiamo esserne consapevoli, in un momento delicato: il passaggio dalle parole ai fatti  può avvenire in qualsiasi momento, perché non viviamo in un mondo virtuale, ma in mondo di uomini e donne fatti di carne e ossa e cervelli a volte distorti e malati.