Medioriente in fiamme: in Iran esplode la rabbia per la strage del cimitero, accuse a Israele ma Isis rivendica

Medioriente in fiamme: in Iran esplode la rabbia per la strage del cimitero (200 vittime), accuse a Israele ma Isis rivendica, rischio escalation dopo le minacce di Teheran

di Enrico Pirondini
Pubblicato il 6 Gennaio 2024 - 13:10
Medioriente in fiamme: in Iran esplode la rabbia per la strage del cimitero, accuse a Israele ma Isis rivendica

Medioriente in fiamme: in Iran esplode la rabbia per la strage del cimitero, accuse a Israele ma Isis rivendica

Medioriente in fiamme , rischio escalation. L’attacco di mercoledì 3 gennaio nel cimitero di Krermanin Iran, a sud di Teheran – due bombe, oltre 200 vittime, centinaia di feriti- ha acceso la paura del peggio.

Le minacce iraniane sono state immediate:”Puniremo i colpevoli “. La strage in Iran, nel quarto anniversario dell’uccisione del generale Soleimani, il capo delle Forze delle Guardie della Rivoluzione Iraniana, getta altra benzina sul fuoco della crisi, mentre la guerra in Israele e Gaza va avanti da quasi tre mesi.

Due esplosioni, a distanza di 15 minuti circa, hanno insanguinato la strada che porta al Mausoleo del generale. Le autorità di Teheran hanno subito parlato di attentato terroristico. Non solo. Hanno detto che “la risposta dell’Iran sarà forte e distruttiva e nel più breve tempo possibile”. Ha minacciato il ministro dell’Interno Ahamad Vahidi :” I colpevoli riceveranno un duro schiaffo in faccia “.

Ha aggiunto il presidente Raisii:” Gli autori di questo atto vigliacco saranno presto identificati e puniti per il loro atto atroce. I nemici della nostra nazione dovrebbero sapere che tali azioni non potranno mai turbare la nostra solida determinazione”.

Gli omicidi mirati eseguiti anche in Siria e in Libano alzano inevitabilmente le tensioni. Il raid a Damasco ( tre missili hanno ucciso il comandante dei Pasdaran), uomo chiave nella assistenza al regime e ai gruppi guerriglieri. Il raid a Beirut ha liquidato con 3 missili Saleh al Arouri, testa politica ed operativa di Hamas. Uomo di primo piano da molti esperti considerato il gancio con la divisione Quods dei Pasdaran e altre formazioni amiche. Il raid a Bagdad, una incursione aerea, ha provocato perdite serie tra gli ufficiali di una milizia irachena, azione addebitata dal governo agli Stati Uniti. Infine l’eccidio a Kerman.

COLPITO UN SIMBOLO IN UNA DATA STRATEGICA
L’attentato alla tomba del generale Soleimani, ucciso il 3 gennaio del 2020 in una operazione militare compiuta dagli Stati Uniti, è stato pianificato proprio per colpire un simbolo in una data strategica.

Il generale, militare di alto livello, è stato il regista della Repubblica Islamica e una spina nel fianco per USA e Israele. Dal 1998 era il comandante della forza Quods, cioè la divisione delle Guardie della Rivoluzione.

A proiettarlo sulla scena internazionale era stata la guerra civile in Siria che lo aveva visto coordinare decine di migliaia di miliziani sciiti provenienti da quattro Paesi: Libano, Iraq, Afganistan, Pakistan. Miliziani combattenti a fianco delle truppe del presidente Bashar al Assad.

TENSIONE ALLE STELLE
Quest’ultima strage dei Pasdaran ha contribuito a far esplodere la tensione non solo nella striscia di Gaza ma anche in Cisgiordania. Teheran non ha dubbi: dietro l’attacco al cimitero di Kerman, dietro l’attentato di martedì a Beirut e dietro l’uccisione a Natale del comandante dei Pasdaran in Siria “ c’è un’unica regia”.

Ad addossarsi la responsabilità per il doppio attentato è stato l’Isis, Stato islamico sui suoi canali Telegram, sono stati due suoi kamikaze.

Ma Teheran continua comunque a sostenere che dietro ai terroristi si nascondano Washington e Israele.