Renzi, tutti gli errori. E la grande, pavida impostura

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 5 Dicembre 2016 - 15:11 OLTRE 6 MESI FA
Renzi, tutti gli errori. E la grande, pavida impostura

Renzi, tutti gli errori. E la grande, pavida impostura

ROMA – Renzi, il fine commentatore/analista politico (in assonanza con l’elettore moderato e progressista e non entusiasta e populista) su di lui, dopo dotta e documentata disamina, sentenzia: “Se l’è voluta e cercata”. Segue o precede lunga e nota lista degli errori di Renzi.

Primo errore: risultare antipatico, apparire sbruffone, dare perfino un po’ sui nervi alla pubblica opinione, dotta o plebea che sia. Ma questo non è proprio un errore, ci si nasce. Antipatico e cicciottello, logorroico e urticante non è errore politico, caso mai politico handicap. Il primo errore c’è nei fatti, ma non sostiene, non regge la fine architettura dell’analisi “se l’è voluta e cercata”.

Il secondo errore: il jobs act. Poteva lasciar perdere gli suggerisce a babbo morto il ceto dirigente del paese per bocca dei fini dicitori dell’analisi politica. Già poteva lasciar perdere e non farsi tanti nemici a sinistra, non diventare il nemico pubblico numero uno dei Cobas, della Cgil, dei “compagni per sempre”. Poteva lasciar perdere e fare come tutti: osservare sereno e immobile un paese dove i vecchi guadagnano, risparmiano, possiedono più dei giovani. Si è voluto impicciare, mettendo le mani niente meno che nel mercato del lavoro che da noi funziona con ritmi consolidati: precariato, graduatoria del tempo di precariato, assunzione di fatto, assunzione di diritto, pensionamento magari pre. Poteva lasciar perdere Renzi come hanno fatto tutti in materia, come ha fatto Berlusconi, come ha fatto D’Alema premier. Meglio lasciar perdere, ci si fa male a impicciarsi.

Il terzo errore: la legge sulla scuola. Anche qui era meglio per lui lasciar perdere gli ricordano le voci pensanti e scriventi del ceto dirigente. Andare a impicciarsi, con precari, cattedre e assunzioni. Nella scuola? Lì funziona che vai non cattedra per anzianità di precariato e vedi miseri aumenti di stipendio per anzianità di servizio. Punto. Vigilano i sindacati che nulla d’altro accada. Andarsi a impicciare tanto finiva che in cattedra ci vanno lo stesso quelli con scarse competenze o competenze che non servono alla scuola. Farsi male, farsi odiare dai prof per non ottenere nulla. E poi provocare i prof con l’aumento di stipendio legato al merito, anzi al giudizio dei presidi-sceriffi! Se stava zitto e buono e si limitava a sganciare il miliardo e passa speso per lo scuola, se quei soldi li consegnava alla gestione sindacale…”non l’avrebbero odiato tanto”.

Il quarto errore: le banche. Meglio lasciarle fallire o meglio, molto meglio ancora pagarne a piè di lista con soldi pubblici buchi, cunicoli e voragini di bilancio. Magari non facendo sapere nulla al contribuente, nulla di diretto, come si è sempre fatto. Comunque mai e poi mai salvare, insomma non chiudere una banca e far pagare una parte del conto a qualcuno che nella banca aveva investito e rischiato. Questo è peccato mortale, errore fatale. Con una tassa occulta, più o meno occulta, si evitava un’altra tonnellata di “così tanto odio”. All’incauto Renzi lo ricorda quel che si affaccia in tv e sui giornali del ceto dirigente italiano.

Ma l’errore più grande, macroscopico, dettato dalla superbia incauta è stata la riforma costituzionale e il conseguente referendum. L’analisi politica colta e raffinata, l’analisi del ceto dirigente e pensante dice a Renzi “Ma chi te l’ha fatto fare?”. Andare a voler smontare e rimontare il meccanismo legislativo di cui alla gente non frega nulla ma che alla varie “magistrature” italiane è caro come casa e cosa loro? Ma chi te l’ha fatto fare? E’ il vero e meditato rimprovero. La cui sottospecie di successo seppur banale è: non doveva “personalizzare” il referendum. Cioè doveva dire: votate come vi pare tanto io non mi muovo, resto al governo e chi se ne frega? Ma, dice la più educata coscienza civile del paese, il saggio e abile governante non smuove, non fa onda, tendenzialmente non fa nulla, come Letta, come avrebbe fatto Bersani. L’errore più grande e imperdonabile imputato a Renzi è a ben guardare il fatto stesso di averci provato. Ma chi glielo ha fatto fare di impicciarsi con le riforme istituzionali? Di queste si parla ma non si fa. Si sa, l’esperto lo sa.

Altra e contemporanea versione dell’errore più grande di Renzi, anche questa pensata, ponsata e scritta e più teste e mani. Ecco l’errore: il non aver capito gli italiani e la società italiana. A dire il vero questo errore di questi tempi viene imputato a chiunque perda un’elezione, come se “capire” fosse sinonimo di…Di che infatti? Capire, in effetti Renzi non ha capito.

Non ha capito che una richiesta che viene forte dalla società è avere un posto di lavoro e un impiego a prescindere dalle competenze. Se ci sono bene le competenze, se non ci sono posto e impiego arrivino lo stesso.

Non ha capito che una forte richiesta è quella per una pensione a prescindere dai contributi versati.

Non ha capito che una forte richiesta è quella di avere finanziamenti bancari e credito a prescindere dalla solvibilità e competitività della impresa o azienda. Anzi finanziamenti e credito devono fare la parte, supplire a competitività e solvibilità assenti. In effetti è una forte richiesta.

Non ha capito che dal basso, dalla società vera viene richiesta di cancellare o rendere invisibili migranti e simili (al massimo lavorino di giorno ma spariscano all’imbrunire).

Non ha capito che gli interessi di bosco e di riviera, di casta e di gente esigono che non si muova foglia, nulla muti e cambi senza l’assenso di tutti in cambio di qualcosa per tutti. Altrimenti se non ci guadagnano tutti qualcosa e nessuno ci rimette niente non è riforma, è attentato alla libertà e ai diritti fondamentali.

Non ha capito che ogni gruppo di interesse, anche quello di quartiere usa e sventola la Costituzione come alibi e copertura e scudo per i fatti “suoi”.

Non ha capito che il paese che con presunzione voleva governare è una società gigantesco comitato del No Tutto.

Non ha capito Renzi perché Renzi in fondo è rimasto un boy scout molto ottimista, qua e là fessacchiotto che immagina un paese immaginario dove ci si sveglia al mattino e si va a dormire la sera sempre al ritmo e suono delle buone intenzioni.

Ma anche avesse capito, che deve fare un leader di governo che “capisce”? Fare quello che il paese chiede ed esige? Quello che ha sempre ragione è il cliente, non il cittadino elettore. Su questo punto l’analisi e la coscienza civile del ceto dirigente hanno abdicato. L’elettorato ha in democrazia il potere e l’autorità. L’elettore è sovrano. Ma aver ragione sempre e comunque non è attributo della sovranità. Un ceto dirigente (e anche un popolo socialmente civilizzato) dovrebbero saperlo. Quel che la gente italiana chiede nessuno (né Grillo né Salvini né i compagni per sempre) può pari pari darglielo e non è per nulla detto sia giusto darglielo.

Ed è questa la grande e pavida impostura: raccontare che il 60 per cento dei votanti ha difeso la Costituzione contro il tentato despota, raccontare dell’eroica resistenza di massa a difesa del Senato e delle Regioni quando la gente al Senato e alla Regioni darebbe se non fuoco certamente l’addio. Almeno Grillo e Salvini dicono la verità: si è votato per far fuori il governo di centro sinistra, punto. Fatto fuori, punto. Ma ci sono i D’Alema e i Travaglio che in perfetta assonanza narrano l’impostura di una grande vittoria della democrazia progressista. La sinistra (anche se Travaglio passa per tale ma sinistra non è né è mai stato) festeggia la sua terza vittoria contro un governo di centro sinistra, due volte Prodi, oggi Renzi. Anche questa è impostura.

Cui si aggiunge quella pavida del ceto dirigente, dei suoi giornali e tv, dei suoi pensieri e ormai si deve dire anche dei suoi valori. Un ceto dirigente che consiglia ai leader politici di lasciar perdere altrimenti si fanno male, un ceto intellettuale che inchioda Renzi al “chi te l’ha fatto fare”. Un ceto dirigente che si ritiene saggio mentre invece è già perso e arreso. Ciaone al boy scout dunque, fuori un altro. Ma quel ceto resta e la sua pavidità fa paura.