Monti insiste nell’errore: potevamo stare meglio senza stare peggio

di Gustavo Piga
Pubblicato il 12 Settembre 2012 - 08:13| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti ha detto:

Il governo ha contribuito ad aggravare la congiuntura economica già difficile con i suoi provvedimenti, che però serviranno ad un risanamento e ad una crescita duratura. Si dice che con le nostre decisioni abbiamo contribuito ad aggravare la congiuntura. Certo  solo uno stolto può pensare che sia possibile incidere in elementi strutturali che pesano da decenni senza provocare nel breve periodo un rallentamento dovuto al calo della domanda. Solo in questo modo si può avere la speranza di avere più in là un risanamento» per una crescita duratura.

Finalmente Monti è stato sincero, riconoscendo che

la stretta fiscale alla domanda aggregata da parte del Governo incide, e fortemente, sul Pil, e quindi riconoscendo

che la domanda aggregata in questo momento esercita un peso assai rilevante su disoccupazione e reddito. Merita sottolineare le parole usate: la distinzione tra congiuntura e crescita, che in estate ha iniziato a fare il Ministro Grilli, è importante per fare capire che si tratta di due cose diverse, problemi cui vanno trovate soluzioni diverse.

 Certo averlo riconosciuto prima forse avrebbe portato il Ministero dell’Economia a riconoscere che i suoi modelli per costruire le stime di andamento del Pil fanno un po’ acqua da tutte le parti e che prevedere un +1% di PIL solo qualche mese fa e chiudere l’anno forse addirittura al -3% è un errore di previsione quasi senza pari.

Se avessimo previsto correttamente l’andamento del ciclo economico avrebbe voluto prevedere un deficit pubblico “vero” così drammaticamente alto che forse la Commissione europea ci avrebbe chiesto ulteriori sacrifici assurdi: non tutte le disgrazie vengono quindi per nuocere e questi errori sono, paradossalmente, errori apprezzabili, e, se voluti, encomiabili.

Quello che non mi torna proprio nelle parole del Presidente è l’implicita assunzione che non ci saremmo potuti garantire lo stesso un futuro “brillante” anche godendoci un presente decisamente migliore.

Non è marginale questa osservazione, perché una conseguenza tutt’altro che trascurabile sarebbe stata una diminuzione dello

spread grazie al minore timore di uscita dall’euro che avrebbero avuto i mercati di fronte ad una economia che cresce di più.

Analizziamo bene le parole di Monti, come alla moviola. Io capisco che Monti creda che le riforme effettuate portino a crescita duratura. E’ legittimo. Io credo altrimenti. Credo che le riforme essenziali per il Paese siano università, Pmi, ritardati pagamenti, anti-corruzione vera, lavoro giovanile, cultura, semplificazione fisco, lotta nuova e concreta alle mafie e che queste non siano state minimamente affrontate e certamente quelle che lo sono state si sono arenate in Parlamento.Non per colpa di Monti, certo.

Anzi, a Monti  si deve riconoscere il merito di avere avviato la madre di tutte le riforme, la spending review. Dobbiamo però aspettare di vedere i risultati concreti e per questo ci vuole tempo.

Ma supponiamo che abbia ragione e che le sue riforme portino effettivamente a crescita duratura di lungo periodo ed a qualche difficoltà di breve. Perché avremmo dovuto aggiungere, a queste riforme economiche, anche il peso della minore domanda aggregata, ulteriormente recessiva? Perché non avere invece svolto politiche della domanda espansive (visto che Monti ammette che il Governo ha ridotto la domanda e con questo il Pil sta ammettendo che il Governo avrebbe potuto aumentare domanda e PIL) e evitato questa crisi addizionale?

L’implicito ragionamento di Monti è che la maggiore spesa pubblica avrebbe ulteriormente aggravato il rapporto debito – PIL. Il ragionamento però è sbagliato, perché il Pil sarebbe cresciuto, come riconosce lo stesso Monti,  e con esso le entrate fiscali.

C’è di più. Quella maggiore spesa pubblica non avrebbe dovuto finanziarla in deficit, ma con il taglio agli sprechi (che spesa non è ma mero trasferimento di denaro dagli onesti ai corrotti). E anche se un po’ degli aumenti di tasse, invece che trasformarli in riduzione di debito, fossero stati dedicati a investimenti come Pompei e ai nostri ospedali e scuole non a norma, l’effetto sul PIL sarebbe stato maggiore che quello sul debito, ed il rapporto debito – PIL sarebbe sceso.

Lo dimostrano gli stessi dati di Monti: il debito – PIL con le sue manovre restrittive è salito, non sceso.

Fonte a Washington mi ha confermato quanto sostengo da tempo: fare oggi più spesa pubblica, diminuendola appena si esce dalla crisi, fa bene all’economia ed al rapporto debito – Pil:

“L’asimmetria dei moltiplicatori farebbe sì che un programma di stimolo aiuti di più durante la recessione, mentre il programma di aggiustamento durante la ripresa crei meno problemi“.