Il coraggio di Angela Merkel e l’uso selettivo del termine “genocidio”

di Pino Nicotri
Pubblicato il 14 Marzo 2011 - 03:05 OLTRE 6 MESI FA

I mass media occidentali, quelli italiani in particolare, hanno cominciato a parlare immediatamente di “genocidio” quando le vittime della reazione di Gheddafy erano ancora solo decine o centinaia e venivano comunque indicate dai nostri giornali in “mille morti”. Mille morti su una popolazione di oltre sei milioni di abitanti chiaramente non sono un genocidio. Non sarebbe un genocidio neppure se i morti fossero diecimila, come per prima hanno ipotizzato – ma non affermato – le emittenti arabe Al Arabiya e Al Jazeera, di colpo prese per oro colato, anche se fino al giorno prima le deridevamo o guardavamo con sospetto.

Non sempre siamo pronti a utilizzare il termine “genocidio” e a applicarlo in tutti i casi. Ad esempio in generale abbiamo rifiutato di applicare la definizione di “genocidio” quando l’esercito israeliano ha invaso Gaza provocando la morte di (altri) più o meno 1.500 morti (oltre 400 dei quali bambini) su un totale di appena 1,5 milioni di abitanti.  Questa nostra renitenza non stupisce, visto che rifiutiamo anche di parlare di “pulizia etnica” per definire il continuo esproprio di terra palestinese per far largo ai coloni, avanzo velenoso del colonialismo sconfitto dalla Storia. Ci rifiutiamo cioè di chiamare pulizia etnica quella che è una pulizia etnica.

Certi termini siamo però pronti a usarli, in altri casi, come  Kosovo e  Tibet. Alla stessa stregua la Nato e gli Usa si muovono militarmente, anche imponendo le “no fly zone”, solo ed esclusivamente quando non si tratta di disturbare gli israeliani. Abbiamo perso il conto, e la memoria, delle manifestazioni pacifiche di palestinesi stroncate mietendo vittime tra di loro in numero tale che se si trattasse di Parigi, Londra o New York i responsabili finirebbero di corsa in galera.

D’altra parte, tra i politici occidentali, e non solo quelli impegnati nel bunga-bunga, non tutti hanno il coraggio della signora Angela Merkel, che al telefono ha accusato Netanyahu di”non fare nulla per il processo di pace”, lui che aveva invece rimproverato la Merkel perché la Germania all’Onu aveva – con altri Stati, ma bloccati come al solito dagli Usa – chiesto la fine dei soprusi colonialisti israeliani ai danni dei palestinesi. Strano come la notizia della sfuriata della Merkel – che alle incredibili accuse di Netanyahu per il voto all’Onu ha reagito gridando “Come osa! Siete voi che ci avete deluso. Non avete fatto il minimo sforzo per fare avanzare la pace!” – abbia dato notizia, se non m’è sfuggito qualcosa, solo il Corriere della Sera, il 26 febbraio 2011, pur comunque prudentemente relegandola in un riquadrino in fondo a pagina 5.

La signora Merkel pare sia l’unica ad avere letto sui giornali, o avere nel suo staff qualcuno che lo ha letto per lei e glielo ha arditamente riferito, quanto rivelato dai “palestinian papers”, vale a dire che finora Israele grazie all’appoggio Usa ha solo fatto finta di volere la pace, puntando in realtà a disfarsi dei palestinesi e degli arabi israeliani, quattro milioni di persone, “trasferendoli” magari perfino in Amazonia, cioè dall’altra parte del mondo.