Palestina senza speranza. In Israele la destra non vuole la pace

di Pino Nicotri
Pubblicato il 3 Ottobre 2010 - 10:23| Aggiornato il 20 Dicembre 2020 OLTRE 6 MESI FA

Carmel (Cisgiordania) – 34 gradi all’ombra. «Lo sentite questo caldo?». I duecento coloni fanno sì: lo sentiamo. «S’ è mai sentito un caldo simile, a fine settembre?». I duecento scuotono la testa: no, mai. «È Dio che l’ ha mandato, questo caldo! Per dire che il congelamento è finito!».

Leggo sul Corriere della Sera le parole del rabbino, che, guidando i coloni al continuo espandersi sulla terra dei palestinesi, li guida anche all’assalto dei cosiddetti colloqui di pace che Obama tenta di riannodare tra il governo israeliano e l’Autorità nazionale palestinese. Ma proseguiamo nella lettura dell’articolo del Corriere:  Il rabbino alza un mattone, i duecento lo guardano come elevasse la pietra filosofale. Il rabbino è arrivato apposta da Kiryat Arba, nel frastuono di camion che già scaricano il cemento e di ruspe che già dissodano il terreno. Esulta: «Da stanotte finisce l’ ingiustizia!». Applauso. «Si torna alla normalità. […] La terra d’ Israele appartiene al popolo ebreo».

Il fanatismo dei coloni, povera gente in buona fede aizzata da rabbini fanatici e usata da Rabin, e dai governi successivi, per far fallire gli accordi di Oslo da lui stesso firmati, è aizzato non solo dai rabbini più scatenati, ma va a braccetto con la destra la cui ira contro Obama e gli israeliani stufi di sangue sta montando sempre di più. «L’ unica cosa da congelare solo i negoziati [con i palestinesi], non gli insediamenti», dichiarano vari esponenti di partiti di destra, compresi quelli al governo. E fioccano le accuse di tradimento contro i 150 intellettuali, scrittori come Amos Oz, David Grossman e A.B. Yehoshua, attori e artisti vari, che hanno dichiarato pubblicamente di non voler più mettere piede negli insediamenti. Dio salvi Israele dalla gente che mette in pericolo la stessa Israele, oltre a trattare i palestinesi come “animali a due zampe”.

Intanto l’apposita commissione dell’Onu ha completato i lavori di indagine sul massacro di pacifisti turchi compiuto dai militari israeliani all’assalto della nave Mavi Marmara. La conclusione è che l’azione di Israele è da condannare. Alcuni dei pacifisti turchi tra i nove ammazzati sono stati uccisi a sangue freddo con un colpo in testa sparato da vicino.

Se a tutto ciò aggiungiamo che Netanyahu ha chiarito fino alla noia che non c’è nulla da trattare, ma solo da accettare passivamente rifiutando preventivamente le richieste palestinesi, è chiaro che l’orizzonte minaccia tempesta. Cioè altro sangue. Il “coraggio” che Netanyahu e i suoi elettori pretendono da Abu Mazen è quello di arrendersi e accettare le briciole del banchetto israeliano spartitorio di terre palestinesi. Vediamo cosa decide la Lega Araba, un insieme di ben 32 Paesi, il 4 ottobre, se autorizzare o no il povero Abu Mazen, il cui mandato per giunta è scaduto da un pezzo e quindi non si sa bene chi rappresenti, a “trattare”, cioè a inchinarsi, a Netanyahu.

Fermo restando il fatto che la stessa Lega araba ha già offerto nel 2002 – e rinnovato nel 2005 – un completo piano di pace, con reciproci riconoscimenti anche diplomatici, un piano di pace che Israele ha rifiutato perché non aveva, e non ha, la minima intenzione di restituire, se non in minima parte, il territorio di cui si era appropriato. Del resto, quando è stato deciso di sgomberare la Striscia di Gaza, l’allora capo di governo, l’uomo responsabile della mattanza di palestinesi a Sabra e Chatila in Libano, lo ha fatto in modo tale, senza minimamente coinvolgere l’Autorità nazionale palestinese, da rendere inevitabile il tracollo dell’Autorità, di Abu Mazen e dei suoi uomini, e la vittoria di Hamas a Gaza.