Area Euro, recessione in vista: la Francia non è il dottore ma il malato

ROMA – Piove sul bagnato. I Paesi dell’Euro potrebbero essere già entrati stabilmente nella spirale della recessione. In particolare, tra i big, la Francia è quella messa peggio, mentre l’economia tedesca, di pochissimo, dà ancora segnali di vita. L’Italia resta un pericolo per la solvibilità finanziaria del blocco dei 17 paesi. L’alto debito pubblico combinato con l’assenza di crescita costringono gli investitori a disfarsi di titoli italiani, spingendo i suoi tassi di interesse a livelli potenzialmente insostenibili. Con l’aggravante che si tratta della terza economia europea.

Il Wall Street Journal ha pubblicato i dati di ottobre del Pmi Index riferiti all’area euro. Il Pmi (Purchasing manager’s index) è un “indicatore dell’attività economica che esprime la percentuale di direttori degli acquisti, in un certo settore o in una certa area economica, che giudicano le condizioni per le imprese migliori o peggiori rispetto al mese precedente”. Il campione analizzato riguarda il 90% dell’attività manifatturiera in Europa: sotto quota 50 l’economia si contrae, sopra si espande.  In Europa l’indice è scivolato di quasi due punti a quota 47,2, molto più di quanto paventato, il più basso livello da quando il continente è uscito dall’ultima recessione a metà 2009.

La zona euro nella sua interezza “si trova potenzialmente sulla cuspide di una profonda recessione”, ha dichiarato Ben May, economista di Capital Economics. La piccola fiammata estiva di crescita sostenuta aveva consentito una modesta ripresa economica nel terzo trimestre, subito frustrata, però, da un crollo consistente di circa un punto percentuale del Pil nel quarto trimestre. Unico dato confortante la bassa inflazione che autorizza più flessibilità alla Banca Centrale Europea nell’abbassare i tassi di interesse ove necessario.

La Francia potrebbe aspirare all’ingrato ruolo di pericolo pubblico numero uno per la stabilità dell’euro che, come il testimone di una staffetta, è passato via via dalle mani della Grecia, della Spagna, dell’Italia. L’indice Pmi è  sceso di tre punti secchi a quota 46,8. La debolezza francese pesa come un macigno sulle strategie europee per fronteggiare la crisi: da una parte non è in grado di sostenere la crescita europea, dall’altro viene a mancare uno dei pilastri (l’altro è la Germania) a garanzia dei prestiti anti-default delle nazioni a rischio insolvenza (Grecia in primis).

La gravità della crisi francese investe l’Europa. I mercati finanziari sono preoccupati per la forte esposizione delle banche transalpine che detengono una parte rilevante dei titoli spazzatura dei paesi claudicanti. Gli analisti prevedono che Parigi potrebbe perdere la tripla A. Non è, evidentemente solo una questione di prestigio. Una retrocessione non comporterebbe unicamente un aumento del costo del denaro per puntellare l’esposizione finanziaria interna:  il requisito imprescindibile per finanziare il superfondo salva stati è un rating non inferiore alla tripla A. Al vertice europeo di mercoledì, il premier Sarkozy non potrà chiedere agli altri rappresentanti rigore e ordine nei conti senza aver messo in sicurezza i suoi. Le prospettive di crescita desolanti sono contro di lui: dovrà smettere il camice del medico intransigente per vestire il pigiama del paziente lamentoso?

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