Grexit…e riexit anche Berlusconi: se è tsunami riesce fuori anche lui

di Riccardo Galli
Pubblicato il 24 Maggio 2012 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi (Lapresse)

ROMA – Grexit…e riexit anche Berlusconi. Nel senso che se è tsunami, allora riesce fuori anche lui. Berlusconi dove va? La futura strategia politica dell’ex premier è un argomento che stuzzica i media, preoccupa qualcuno e fa sperare qualcun’altro. Cosa farà il Cavaliere alle prossime elezioni, ci sarà, si candiderà o si farà da parte? E il Pdl, sopravviverà, si frantumerà o diverrà qualcosa di diverso? Il tema c’è e le domande sono molte, come molte e diverse sono le risposte. Per Repubblica Berlusconi ci sarà eccome, magari con un “listone”: “Berlusconi: Io resto in campo” titola il giornale diretto da Ezio Mauro. Altra tesi sul Corriere della Sera che scrive: “Berlusconi non torna in campo: Escludo la mia candidatura a premier”, salvo poi introdurre qualche distinguo all’interno del pezzo. La sintesi migliore, e forse più vicina a quella che potrebbe essere la realtà, la fa Beppe Severgnini: “Silvio B. si prepara. Se la Grecia e l’euro provocassero la tempesta perfetta, guardate bene: lo vedrete uscire dalle onde”.

Di quella che dovrebbe essere la linea politica del Cavaliere in vista delle prossime politiche esiste una versione che si può considerare ufficiale ma che, come le tattiche “pre partita” nel calcio, è troppo ufficiale per essere del tutto vera. Secondo questa “versione” Berlusconi sarebbe al lavoro per portare Pierferdinando Casini e/o Luca di Montezemolo come candidato premier di un unico schieramento capace di riunire i moderati. Il classico grande centro, che nel nostro Paese gode effettivamente di un’ampia base elettorale, da contrapporre alle solite sinistre. Il candidato premier sarebbe uno dei due, Casini o Montezemolo e lui, Silvio, si ritaglierebbe un ruolo da padre nobile, da grande vecchio, e comunque non di prima linea. Per realizzare tutto ciò il Cavaliere avrebbe chiesto anche l’aiuto dei leader europei del Ppe, il partito popolare europeo, leader che ha incontrato appena ieri (23 maggio) a Bruxelles: aiuto per dar vita ad una sorta di partito popolare italiano, aiuto che si tradurrebbe in pressione su Casini. Peccato però che né il leader Udc né Montezemolo sembrino essere tentati dalle sirene di Arcore, tutt’altro. E senza l’adesione dei due l’ipotesi è evidentemente destinata a naufragare.

E allora? Allora, secondo Repubblica, Berlusconi ha in testa e in animo, oltre che in pancia, un “listone” tutto nuovo, fatto da lui con facce nuove e senza quelli del Pdl. Un listone che non sia un partito, per accontentare la voglia di anti politica che il Paese ha manifestato, e senza i “vecchietti” del Pdl che sono ormai un peso. Una sorta di lista civica nazionale che sarebbe accreditata secondo i sondaggi del 9/10%, capace forse di superare lo stesso Pdl con cui sarebbe, ovviamente, alleata. Un listone a cui starebbe lavorando già il massimo esperto di grandi eventi nostrano: Guido Bertolaso. In fondo, e il Cavaliere lo avrà certo notato, in Italia ci sono molte similitudini con quando scelse di scendere in campo la prima volta: i partiti di governo scomparsi, la voglia di nuovo, un elettorato di centro senza una guida e una sinistra che galleggia ma non riesce a sfondare. Di diverso rispetto ad allora c’è una crisi economica mondiale che grava su tutto. Ma questo non è necessariamente un male. Quello che oggi è contro di lui: l’aver perso il suo grande e storico alleato Bossi, aver perso le sue sponde internazionali e l’appoggio dei vertici della Chiesa, oltre ad aver di fronte un elettorato che ha notato la differenza tra Brunetta e la Fornero, sono tutte cose che un’ulteriore avvitamento della crisi economica potrebbe far passare in secondo piano.

Scrive Massimo Franco sul Corriere della Sera:

Basta scorrere l’intervista rilasciata al settimanale l’Espresso da Massimo D’Alema, nella quale il dirigente del Pd confessa di temere la voglia di un nuovo Berlusconi in spezzoni della classe dirigente italiana; e dunque rilancia un patto con i centristi. È il suo modo di bocciare un cartello con Idv, Sel e con i recenti vincitori del Movimento 5 stelle del comico Beppe Grillo; e di ammettere i limiti della sinistra, anche sulla scorta della bruciante sconfitta del 1994, quando il Cavaliere vinse a sorpresa per la prima volta. Ma è altrettanto diffusa la sensazione che l’esperienza berlusconiana sia irripetibile; e che gli scenari in circolazione siano istantanee di un’incertezza trasversale e finora senza sbocchi: riflessi di un passato che difficilmente ritornerà. Anche perché lo sfondo europeo di crisi è completamente diverso. Fra otto, dieci mesi potrebbe rivelarsi sorprendente per tutti, e dunque aprire la strada a soluzioni oggi imprevedibili”.

Soprattutto l’editorialista del Corriere rilegge e fa rileggere le frasi di Berlusconi sul Pil italiano che sarebbe molto più alto se si calcolasse anche il nero e il sommerso, “così facendo non  avremmo bisogno di rientrare da nessun deficit”. L’idea che esista e possa quindi rispuntare un’Italia così convinta di così tanto azzardo spaventa non solo la Merkel ma un po’ tutti in Europa, Hollande compreso. Spaventa però perché tutti sanno che è un’Italia che c’è, anche se ora in relativo letargo.

Vero, proprio la crisi potrebbe però essere l’elemento in grado di sparigliare le carte e consentire a Berlusconi l’occasione per ripresentarsi. Se infatti il buon senso dovrebbe suggerire, in primis al diretto interessato, e poi agli analisti politici un’uscita di scena del Cavaliere, il crollo dell’euro o comunque un nuovo salto di qualità della crisi potrebbe essere quel quid in grado di far perdere di vista il buon senso.

Noi uomini siamo animali ripetitivi. – scrive Severgnini – Scommettiamo che Silvio B. sta pensando qualcosa? “Io temo le trovate di Berlusconi” ha detto Matteo Renzi a ‘Repubblica’. Più di lui le temono i vecchi giovanotti del Pdl, che speravano fosse arrivato il loro momento. Ingenui: i partiti non sono terreni agricoli, non entrano in successione. Riuscirà il Signore di ieri a diventare il Salvatore di domani? Probabilmente no. (…) Questo significa che Berlusconi rinuncerà? Probabilmente no. Perché ha almeno quattro carte da giocare. La prima: una spettacolare incapacità autocritica, che lo mette al riparo dai rimorsi che tormentano noi mortali. La seconda: la divisione impotente degli avversari. La terza: una “mente americana” che, davanti a un problema, non si dà pace finché non trova un’apparente soluzione. Infine, la televisione. Che conta: eccome se conta. E sarà terreno di battaglia. (…) Silvio B. si prepara. Se la Grecia e l’euro provocassero la tempesta perfetta, guardate bene: lo vedrete uscire dalle onde”.