Senza fine il tormento del telecomando: riparte la caccia ai canali digitali?

di Riccardo Galli
Pubblicato il 2 Agosto 2011 - 15:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Come diceva il massone simil-Gelli canuto impersonato da Corrado Guzzanti parlando del digitale terrestre: “Amici, che lo abbiamo fatto a fare? Tutto ‘sto casino serve per non far trovare più i canali, la Rai e l’informazione…”. Era un paradosso, figlio della satira arguta. Potrebbero invece essere parole che si rivelano profetiche, all’indomani della sentenza del Tar del Lazio che ha bocciato la numerazione automatica dei canali del digitale introdotta dall’Agcom. Come saranno ora organizzate le liste dei canali tv non è dato saperlo. L’Agcom ha immediatamente presentato ricorso ma, se la sentenza del Tar sarà confermata, di sicuro ci sarà che per tutti i teleutenti che già hanno acquistato decoder e tv nuove per ricevere il segnale, spesso male, e per tutti quelli che hanno litigato ore con il telecomando per ritrovare i loro programmi preferiti, ci sarà di nuovo da sudare.

Il Tar del Lazio ha dunque annullato la delibera 366/10 con cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) fissava la numerazione, la così detta Lcn (Logical channel number). Una pronuncia immediatamente esecutiva alla quale però l’Authority presieduta da Corrado Calabrò ha replicato con un ricorso d’urgenza al Consiglio di Stato per ottenere la sospensiva della decisione del Tribunale amministrativo di primo grado. Nel ricorso si farebbe esplicito riferimento al fatto che l’esecuzione istantanea della pronuncia del Tar potrebbe comportare problemi per il prosieguo nel processo di digitalizzazione della televisione in Italia. Oltre che altri, infiniti, disagi per gli utenti costretti nuovamente ad “inseguire” i canali tv.

La decisione del Tar verte però su due aspetti concreti. Il primo di tipo procedurale, ovvero i 15 giorni fissati dall’Agcom, sulla base delle norme del Codice delle comunicazioni per la definizione della Lcn, costituivano un periodo troppo breve (il Tribunale amministrativo dice che ne occorrevano almeno trenta). Il secondo aspetto riguarda i Corecom (i comitati regionali dell’Authority): a loro era stato richiesto di condurre un sondaggio sulle abitudini e sulle preferenze degli utenti televisivi, i cui risultati erano stati utilizzati per definire l’ordinamento automatico dei canali sul telecomando. Il Tar del Lazio sostiene che i Corecom non erano l’organismo preposto per questo lavoro di analisi.

L’annullamento della delibera Agcom ha suscitato la «piena soddisfazione» del Comitato Radio Tv Locali. «La delibera era ingiusta e bene ha fatto il Tar Lazio ad accogliere il nostro ricorso – dice il Comitato in una nota – perché prendere come parametro le graduatorie Corecom, già bocciate anche dall’Antitrust, è stata una decisione a dir poco sciagurata». E ancora: «Decidere infatti che il riferimento fossero graduatorie che premiano sostanzialmente chi ha più dipendenti e giornalisti non c’entra nulla con le abitudini e preferenze degli utenti – dice il Comitato – ma l’Agcom non ha sentito ragioni affermando che era l’unico parametro certo al quale si poteva fare riferimento. Guarda caso, però, la delibera andava ad agevolare solo dieci tv locali per regione, relegando le rimanenti addirittura a oltre la numerazione 70 del telecomando di casa».

Che abbia ragione il Tar o l’Agcom, la sostanza poco o nulla cambia. Quello che si profila è un nuovo, ennesimo, stravolgimento della vita televisiva degli italiani. Per carità, la televisione non è il pane, e qualche “problema tecnico” nella organizzazione dell’offerta è tollerabile. Ma da quando il digitale terrestre ha visto la luce nel nostro paese, i problemi, tecnici e non, sono stati all’ordine del giorno. Avrà mica avuto ragione il massone/Guzzanti?