Rizziconi, Calabria a rovescio: ex sindaco Forza Italia manda in galera ‘ndrina

di Riccardo Galli
Pubblicato il 11 Giugno 2014 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA
Antonino Bartuccio, sindaco di Rizziconi

Antonino Bartuccio, sindaco di Rizziconi

ROMA – Quella di Rizziconi è probabilmente la prima storia di un comune sciolto non per mafia, ma dalla mafia. Ed è anche la storia di Antonino Bartuccio, sindaco antimafia eletto praticamente per caso e berlusconiano convinto.

Piana di Gioia Tauro, anno 2011, appena un anno dopo le elezioni la giunta del comune di Rizziconi, 8mila anime, decade e viene sciolta in conseguenza delle dimissioni di 9 consiglieri. Dimissioni “caldeggiate”, per non dire imposte, dal clan Crea, la ‘ndrina che considera Rizziconi suo territorio.

Così il paesino calabrese, comune già in passato sciolte due volte per mafia, diventa tre anni fa di fatto il primo comune italiano ad essere sciolto dalla mafia. Ma non è questa l’unica caratteristica della storia. Centrale è la figura del “protagonista”, il sindaco “Nino” Bartuccio, divenuto primo cittadino praticamente per caso. Candidato indipendente, Nino divenne infatti sindaco perché la lista avversaria fu esclusa per irregolarità amministrative. Praticamente sindaco per abbandono dell’avversario.

Ma se in maniera così casuale Bartuccio era diventato sindaco, buone e sincere erano le sue convinzioni. A partire da quello che lo aveva spinto, lui commercialista, ad entrare in politica. “Dovevo impegnarmi”, racconta Nino quando si riferisce alla vicenda di Francesco Inzitari, figlio di un politico finito nelle grane, ammazzato nel 2009 con dieci revolverate, come un boss. Quando ha visto morire quel ragazzino innocente del paese, Nino ha deciso che non bastava starsene nel suo studio a fare onestamente il commercialista.

E così, forte delle sue idee e della fermezza della ragione, il nuovo primo cittadino fece quello che mai nessuno aveva fatto a Rizziconi: governò senza dare ascolto ai clan. Un affronto intollerabile per il luogo e per i boss locali che, infastiditi, diedero il via alle operazioni per lo scioglimento per “infiltrazioni oneste”.

“La nuova giunta – racconta Goffredo Buccini sul Corriere della Sera – non piaceva ai Crea, il clan che a Rizziconi fa da sempre il bello e il cattivo tempo: per dire, al giovane padrino Giuseppe sono riusciti a fare avere quasi duecentomila euro di finanziamenti europei per l’agricoltura mentre era latitante. Volevano mettere becco su tutto, com’erano abituati: sugli appalti per le pulizie, per i rifiuti, sul piano regolatore, sulle assunzioni, ‘dovete piazzare gli amici. Per mesi sono andati a sbattere contro la porta (chiusa) del nuovo sindaco. Così, un Comune in passato già sciolto due volte per mafia, stavolta è stato sciolto dalla mafia. Sono durato 367 giorni, il tempo di un’Affruntata, la festa pasquale del paese’, sospira Nino. A marzo 2011 i picciotti hanno costretto a dimettersi i primi otto consiglieri; ne mancava uno, l’ultimo, decisivo per troncare la consiliatura: era Michele Russo, vent’anni appena, assessore allo sport, fedele a Bartuccio. I mafiosi premono. Il sindaco incita a resistere. I dialoghi registrati tra lui e Domenico Russo, papà di Michele e vero dominus delle scelte del figlio, andrebbero trasmessi nelle scuole. Due padri si fronteggiano. In mezzo, c’è l’Italia, il nostro domani; come scriverà il gip di Reggio: ‘La logica del servizio contro quella del predominio mafioso’. Bartuccio: ‘Ma tu cosa vuoi, che vinca la mafia? Se siamo i buoni dobbiamo stare con i buoni’. Russo: ‘Ma io tengo famiglia’. Bartuccio: ‘Tutti la teniamo, tu sei un uomo libero’. Russo: ‘Ma io non posso metterla in pericolo’. Bartuccio: ‘E che insegniamo ai figli nostri?’. Russo: ‘Se devo passare male alla mia famiglia, me ne fotto di tutte le cose’”.

E dopo che arrivarono anche le dimissioni di Russo il comune fu sciolto e Nino, senza far nulla più di quanto un onesto cittadino avrebbe fatto, sporse denuncia allegando anche le registrazioni telefoniche. Gli onesti cittadini con in più il coraggio di parlare sono però merce rara e Nino, ora, ha perso il saluto di alcuni amici e conoscenti ed ha anche perso qualche cliente. Altri, è vero, lo hanno abbracciato ed incoraggiato e, quel che è certo, i boss della zona non hanno gradito. Lui, suo figlio tredicenne e suo padre anziano sono già stati aggrediti. Vive con la scorta che lo segue ovunque, 24 ore su 24, e non ha intenzione di lasciare la sua terra perché: “Se tutti facessero il loro, la mafia sarebbe finita, mica può ammazzare tutti”.

Ora, tre anni dopo le denunce sono arrivati i primi sedici arresti: manette per ‘Dio Onnipotente’, il vecchio Teodoro Crea, per i parenti, i picciotti, per tre politici collusi. “Mi avete ricordato le sensazioni che provavo da piccolo guardando i vecchi western, quando con uno squillo di tromba arrivavano i nostri e mettevano in fuga i cattivi. Grazie” recilta l’sms che Nino ha mandato a Cafiero De Raho e alla pm Cerreti il giorno del blitz.

Fin qui la cronaca, ma c’è anche una parte politica che va raccontata. Bartuccio milita infatti in un partito, dettaglio curiosamente poco emerso nei servizi della scorsa settimana sulla retata contro i Crea, e quel partito è per certi versi sorprendentemente Forza Italia Nin, spiega, ha un’ammirazione profonda per Berlusconi, “ne condivido le idee, non tutte le scelte”. Ed ha anche le idee chiare su Marcello Dell’Utri: “Dell’Utri è un mafioso. È stato condannato e, per quanto mi riguarda, deve andare in galera. Ho anche una certa idea di Scajola, ma non è stato ancora condannato… Le parrà strano in bocca a uno di Forza Italia, ma bisogna porsi un’altra volta la questione morale. Non solo da noi, però, anche nel Pd”.

“Nessuno da Forza Italia mi ha chiamato – racconta quindi il sindaco cacciato dalla mafia -, solo Beppe Raffa, il presidente della Provincia. Tanti invece da sinistra, del Pd, della Cgil… il silenzio di Forza Italia è assordante, mi dico che erano impegnati in campagna elettorale”. Molto silenzioso, aggiunge, anche il suo successore in municipio, il sindaco Di Giorgio, Ncd.