Maria Elena Boschi a Vannino Chiti: “Obbedisci”. Preoccupante intolleranza

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 26 Aprile 2014 - 12:45 OLTRE 6 MESI FA
Maria Elena Boschi a Vannino Chiti: "Obbedisci". Preoccupante intolleranza

Vannino Chiti e Maria Elena Boschi: intolleranza pericolosa

Le parole di Pierluigi Bersani mentre ha inizio l’esame dei disegni di legge costituzionale per la riforma del Senato sono pesanti come pietre e richiamano l’attenzione sull’oggetto della riforma, la Costituzione, la legge delle leggi, quella che delinea la struttura ed il funzionamento dello Stato:

“Con la Costituzione non si scherza, quando la riforma arriverà alla Camera bisogna che ci guardiamo negli occhi e decidiamo se vogliamo far funzionare il sistema oppure no…”.

C’è voluto a mettere giù quei 139 articoli, tra il 1946 e il 1947, in un confronto spesso teso tra le forze politiche, talune delle quali di nuovo ingresso nella storia costituzionale dello Stato unitario, come il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana. Eppure tutte ebbero la consapevolezza del ruolo che erano chiamate a svolgere, che consideravano caratterizzato da un che di sacrale. Ed impegnarono nei lavori dell’Assemblea costituente i loro uomini migliori, politici e giuristi di rango. Perché le costituzioni non sono leggi che si cambiano ad ogni legislatura, sono l’impronta dello Stato, durano decenni, a volta secoli. Basti pensare che il Regno Unito vanta ancora norme stabilite nella Magna Charta Libertatum, datata 1215.

Si comprende, dunque, il richiamo di Bersani alla serietà dell’impegno che i partiti si sono dati nel proporre, sia pure con riferimento a modelli diversi, la riforma del Senato, la Camera Alta, come si diceva un tempo, per superare il cosiddetto bicameralismo “perfetto” o “paritario”, come si definisce un sistema parlamentare nel quale le due camere hanno gli stessi poteri.

Proposte dei partiti, gli attori naturali della legislazione. Ma vi è anche un disegno di legge del Governo che ipotizza un’assemblea non elettiva espressione delle autonomie, soprattutto dei sindaci.

Non entro nel merito delle proposte, sulle quali ci sarà altra occasione di approfondimento, per soffermarmi sul clima che si è venuto a creare, preoccupante per lo spirito di intolleranza che sottende e che si è manifestato soprattutto nei rapporti tra il Ministro per le riforme, Maria Elena Boschi, che gestisce l’iniziativa governativa, e Vannino Chiti, senatore e autorevole esponente del Partito Democratico, già Ministro e Presidente della Regione Toscana, autore, insieme con altri colleghi, di una diversa e, per certi versi inconciliabile, ipotesi di riforma costituzionale.

“Anche noi vogliamo il superamento del bicameralismo paritario: solo la Camera avrà il rapporto fiduciario con il Governo e l’ultima parola sulla gran parte delle leggi”, precisa Chiti. “La differenza principale riguarda le modalità di elezione del Senato e le sue competenze: la proposta del governo è che i sindaci e i consiglieri regionali eleggano alcuni di loro anche senatori; che i Presidenti delle regioni e i sindaci delle città capoluogo di regione siano senatori di diritto. Noi proponiamo che i senatori siano eletti dai cittadini con una legge di tipo proporzionale e le preferenze, in concomitanza con le elezioni per i Consigli regionali”.

Il Ministro Boschi chiede di ritirare il disegno di legge. Ottiene un rifiuto. Vannino Chiti insiste. Anche perché il suo progetto ottiene l’attenzione del Movimento Cinque Stelle e di alcuni esponenti di Forza Italia.

“Ritengo – argomenta Chiti – che nella situazione italiana, nel 2014, che non è il 1996, con la crisi di fiducia tra cittadini e istituzioni e il desiderio, a cui dare una risposta, di partecipazione diretta, la soluzione preferibile per la riforma del Parlamento sia una forte riduzione del numero dei deputati e dei senatori e un Senato eletto a suffragio universale. È così in altri paesi che hanno superato, come noi dobbiamo urgentemente fare, il bicameralismo paritario, basti prendere l’esempio della Spagna. In ogni caso confermo che se in Italia, come in Germania, si andasse verso un federalismo solidale, la soluzione rigorosa del Bundesrat, e cioè presenza dei soli governi regionali con voto unitario, sarebbe per me assolutamente accettabile”.

“È evidente a tutti – aggiunge Chiti – che la riforma del Senato proposta dal Governo non ha niente a che vedere con il Bundesrat. Naturalmente dovrebbe essere sul modello tedesco anche la legge elettorale per la Camera dei Deputati. La Costituzione va vista nel suo insieme: esige equilibri tra le istituzioni e tra i poteri. Non si può avere per la Camera una legge ipermaggioritaria, come è l’Italicum, ricentralizzare molte competenze, come è nella proposta del governo del nuovo Titolo V, e indebolire le funzioni di garanzia oltre che di rappresentanza dei territori del Senato. Se le modifiche della Costituzione non hanno un raccordo unitario non si realizza un aggiornamento coerente ma si rischia di impoverire la nostra democrazia”.

La vicenda del contrasto tra il Ministro ed il Senatore fa emergere un profilo, certo non nuovo, ma rilevante, dei rapporti tra la direzione dei gruppi parlamentari ed i singoli deputati e senatori e, in questo caso, tra senatori ed il governo presieduto dal Segretario del Partito. E pone problemi di indipendenza del singolo parlamentare anche nei confronti del partito di appartenenza secondo quello che può essere definito lo “statuto della libertà dei parlamentari” ai sensi dell’art. 67 della Costituzione.

“Il parlamentare – ha precisato la Corte costituzionale nella sentenza n. 14 del 1964 – è libero di votare secondo gli indirizzi del suo partito ma è anche libero di sottrarsene; nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”. Pertanto i regolamenti parlamentari garantiscono al singolo parlamentare il diritto di esprimere la propria opinione quando sia in dissenso con il gruppo di appartenenza.

Insomma è un problema di democrazia politica e parlamentare. Non rispettare la libertà di iniziativa legislativa di deputati e senatori incide su principi fondamentali dell’esercizio della rappresentanza politica, su quel libero mandato che parte della dottrina ritiene costituisca un vero e proprio diritto, il “potere di rappresentare la Nazione” (art. 67, Cost.).
Ma forse il ministro Maria Elena Boschi, nell’impeto giovanile e nella fedeltà assoluta al leader del Partito e del Governo, non si è data carico di approfondire come conciliare l’appartenenza al partito ed il rispetto di una prerogativa costituzionale, che marca il confine tra la democrazia parlamentare ed altro.