“Ricambio generazionale” sarà un vuoto, in Italia, paese dei balocchi

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 18 Luglio 2014 - 08:47 OLTRE 6 MESI FA

 

 “Ricambio generazionale” sarà un vuoto, in Italia, paese dei balocchi

Il ricambio generazionale in magistratura sarà un affare complicato

Salvatore Sfrecola https://posta.corteconti.it/owa/1x1.gifha scritto questo articolo per il blog Unsognoitaliano.it 

Il Paese dei balocchi è un luogo immaginario descritto da Carlo Collodi nel trentesimo capitolo di Pinocchio: “Lì non vi sono scuole, lì non vi sono maestri, lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola, e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica”. Insomma è un luogo immaginario, il “più bel paese del mondo”, come Pinocchio dice a Lucignolo. E aggiunge è “…una vera cuccagna!”. Un po’ come il paese di Bengodi, altro luogo immaginario della nostra letteratura (Boccaccio), spesso usato per definire questo nostro amato Paese dove legalità ed efficienza sono merce rara.

Ebbene del “paese dei balocchi” ha scritto anni addietro Mario Vinciguerra(Napoli1887 – Roma1972), storico e giornalista acuto, condannato a quindici anni di reclusione dal regime fascista per attività sovversiva (aveva costituito una associazione segreta Alleanza Nazionale per la Libertà), in un aureo libretto intitolato appunto “Il voto obbligatorio nel paese dei balocchi” nel quale spiegava che, non intendendo votare ed essendo il voto un dovere sanzionato, si era denunciato in tutti i modi allo scopo di essere processato. Avendo desistito solo quando era stato non tanto garbatamente mandato a quel paese da un Procuratore della Repubblica al quale chiedeva con insistenza di essere rinviato a giudizio.

In sostanza, la sua conclusione, in Italia il voto è obbligatorio per modo di dire, un manifesto dei diritti e dei doveri, una sorta di “grida” manzoniana del tutto inutile.

Un po’ come il “ricambio generazionale”, uno slogan e niente più, se ci dobbiamo affidare alle norme da ultimo emanate dal Governo, in bella mostra nella rubrica, cioè nel titolo dell’articolo 1 del decreto legge  24 giugno 2014, n. 90.

Procediamo per gradi, a partire dalla espressione “ricambio” che, nel settore del lavoro, ci spiega il Vocabolario della Lingua Italiana Treccani (vol. III**, a pagina 1401). “traduce l’ingl. labour turnover usata per indicare il complesso degli spostamenti interprofessionali, interaziendali, territoriali e soprattutto internazionali di mano d’opera”. Dunque uno spostamento, definito “generazionale”, nel senso che se ne vanno alcuni ed altri entrano nel mondo del lavoro. Proposito nobile certamente perché destinato ad assicurare lavoro a chi ne è privo. Ma saggezza politica e senso della realità devono considerare che il cambio non può essere in contemporanea, nel senso che uno esce ed uno entra, e neppure a costo zero, perché chi esce ha certamente un trattamento di pensione superiore allo stipendio del giovane che entra. Ma questo è un costo sociale certamente meritevole di essere sopportato. Quel che va tenuto in considerazione è, invece, l’effetto dell’esodo, un vuoto di organico che naturalmente crea problemi che possono anche essere gravi se le carenze riguardano alcuni importanti “servizi” di pubblico interesse, dalla sicurezza alla giustizia. Anche perché escono quelli che hanno più esperienza che dovrebbero, secondo la logica che ha governato fin qui i fenomeni, istruire i nuovi, come avviene per gli “uditori” giudiziari.

È di tutta evidenza, infatti, che mentre è facile mandare a casa da oggi a domani dirigenti, civili e militari, e magistrati non è con identica celerità che si acquisiscono forze fresche. Servono concorsi. ”Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”, si legge nell’art. 97, comma 3, della Costituzione. Ci vuole del tempo, anche perché serietà esige una selezione ed i candidati sono certamente più, molti più, dei posti messi a concorso. Alcuni anni fa un giornale riferì che per 10 posti di macchinista delle Ferrovie dello Stato si erano presentati 35 mila candidati. E di casi analoghi abbiamo letto anche nei giorni scorsi.

Il “ricambio” esige, dunque, dei tempi che vanno considerati.

Ho detto che in alcuni settori, ad esempio, della sicurezza e della giustizia, il ricambio può creare grossi problemi. Nelle Forze di Polizia, ad esempio, l’invecchiamento per effetto del blocco delle assunzioni, ha abbassato il livello di capacità di reazione dell’apparato. Un tempo le pattuglie di Polizia e Carabinieri erano composte da giovani capaci di un impegno fisico con energumeni delinquenti o drogati. L’età si è elevata e la risposta non può essere la stessa. Una cosa è un conflitto a fuoco, altro è il confronto fisico.

Vediamo la magistratura. Le associazioni dei magistrati hanno convenuto con l’abbassamento della età da 75 (opzionale, a richiesta e con il consenso dell’Amministrazione) a 70. Ma come applicata la nuova età falcidia Corti, Tribunali e Procure immediatamente, mentre l’immissione di nuovi magistrati passa attraverso concorsi selettivi che, anche per questo, richiedono parecchi mesi.

Questo vuoto di organico è un errore di una classe politica incapace di simulare gli effetti delle norme che intende adottare, dal momento che escludo per principio che si sia voluto depotenziare il sistema giudiziario? Anche se i maligni dicono che la “rivoluzione” di Renzi è proprio questa, tagliare le teste all’alta dirigenza civile e militare e alle magistrature per portare ai vertici persone fedeli.

Infatti, sarebbe stato possibile, nello stabilire il nuovo limite di età, definire una disciplina transitoria che impedisse il “vuoto generazionale” graduando l’esodo in relazione ai nuovi, possibili ingressi. Ad esempio consentendo la permanenza in servizio di coloro per i quali era stata autorizzata la proroga.

Se il decreto non sarà modificato ecco gli effetti in una magistratura impegnata in primo piano nella lotta agli sprechi ed alla corruzione, la Corte dei conti. Negli ultimi 4 anni sono già cessati 91 magistrati; 7 cesseranno entro il 2014; 14 nel 2015; ben 30 (tutti insieme) l’1.1.2016; altri 11 entro il 2016. In totale, 153 su un organico di 600 essendo in servizio ad oggi poco più di 400 magistrati. Diciamo più o meno 250 per 26 ministeri, 20 regioni, oltre 100 province, oltre 8000 comuni. Se in ognuno di questi enti c’è anche solo uno sprecone o un corrotto c’è da temere per le casse dello Stato.

Intanto non si fanno concorsi. Non viene concessa l’autorizzazione a bandire i concorsi, necessaria anche se vi sono carenze di organico.

Ad oggi, dunque, è all’orizzonte solo un “vuoto generazionale”. Inadeguatezza di analisi e incapacità di definire le prospettive concrete.