Un crocefisso ripropone la soggezione dell’Italia alla Chiesa

di Mario Lenzi
Pubblicato il 4 Novembre 2009 - 09:34 OLTRE 6 MESI FA

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla presenza del crocefisso nelle aule scolastiche dà la misura del distacco che c’è attualmente fra Europa e ltalia. Chiamata a giudicare sul riconoscimento della libertà di religione degli alunni, una Corte che si rispetti non poteva pronunciarsi che in questo modo. Ma quella che è un’ovvia affermazione di diritto viene vissuta subito in Italia come un’offesa “aberrante” alla tradizione, alle radici della nostra cultura, alla religione dei padri. Ed ecco subito i vari Gasparri e Gelmini trasformarsi in teologi ed agitarsi come soldati di Cristo. 

Vedrete che nelle prossime ore sarà un crescendo di grida e di anatemi. E i democratici dovranno difendersi, parlare anche loro del buon senso tradito dal diritto, mentre il vacillante impero dei berlusconiani, ormai minato perfino dalla scissione in Sicilia, ne trarrà alimento per trovare nuovo slancio e vigore. Loro sì che amano la croce e, naturalmente, la patria e la famiglia. I pagani della Lega si proclameranno crociati, con spadoni e vessilli. E i vescovi si sentiranno sempre più vittime di un mondo troppo laico, torneranno a sperare in un ritorno all’antico, in un ‘ Italia prerisorgimentale, staccata dall’Europa., sotto la Madre Chiesa. 

L’ostilità della Chiesa, dall’VIII al XIX secolo ( undici secoli !) a una struttura unitaria dell’ Italia si è attenuata solo quando a Roma si sono insediati, dal fascismo in poi, governi compiacenti o vassalli. La memoria delle generazioni può essere taciuta e qualcuno può anche falsificarla, ma gli atti dei papi e migliaia di documenti e proclami da loro promulgati lo attestano. Sono lì. Basta andare a leggerli. Agatone, un pensatore oscurato da Platone ma tanto grande quanto semisconosciuto, ha scritto che “Nemmeno dio può cancellare il passato”. 

E il passato è qui a ricordarci che quella della collaborazione con l’autorità costituita, purché conservatrice e magari ferocemente reazionaria, è una costante cattolica che raggiunge la sua acme con l’Ancien Régime ma che persiste fino ai tempi nostri. Fu Giovanni Botero, una grande mente della Controforma, a renderla esplicita con parole crude nella sua ” Della ragione di stato” : ” Tra tutte le leggi, non ve n’è alcuna più favorevole a’ Préncipi che la Christiana, perché questa sottomette loro non solamente i corpi e le facoltà de’ sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora e lega non solamente le mani ma gli affetti ancora e i pensieri”. 

Nell’ Ancien Régime l’obbedienza ai precetti del sovrano, la fedeltà alla sua persona, il riconoscimento dei suoi diritti divini costituiscono come e più che ai tempi di Costantino doveri anche religiosi. L’ evasione dalle imposte, il contrabbando, la coniazione di monete false, il rifiuto a fare la spia su presunti crimini di cui si viene a conoscenza, non sono giudicati soltanto reati contro lo Stato, ma peccati. Il confessore non assolve mai il peccatore se non rivela i nomi di eventuali complici. Nella Francia del 1785 il massimo teologo del tempo, l’abate Bergiér, arriva a pronosticare un futuro di secoli alla monarchia dei Borbone per il semplice fatto che questi applicano la legge di Dio. Non furono “secoli”. Nel 1789, appena quattro anni dopo la profezia di Bergiér, scoppia la Rivoluzione che caccia i Borbone. 

Ma il messaggio di Cristo era un’altra cosa. Il messaggio di Cristo sostituiva all’ideale del saggio, proprio delle classi superiori greco romane, l’inquietudine dell’uomo teso verso una perfezione che non era raggiungibile in una società basata sull’egoismo e sulla prepotenza del più forte: diceva che tutti, anche i più deboli, anche le donne, anche i diseredati , erano uguali, cadevano le barriere fra le classi e le razze, il lavoro manuale acquistava una sua dignità, e, soprattutto, ognuno aveva un’anima sua, che Dio poneva al di sopra di ogni legge terrena. 

La spinta alla rivoluzione sociale di quelle masse enormi fu rapidamente dirottata verso un obbiettivo ultraterreno, al mondo più giusto sulla terra fu facile sostituire il mondo ineffabile dei cieli. Ma nel momento stesso che una civiltà elevata, basata sulla disuguaglianza, venne estesa dalle élites alle classi inferiori, il contenuto di essa fu degradato e diluito fino alla evanescenza, l’impero si sgretolò e sopraggiunsero i cosiddetti “secoli bui”.

Tuttavia il movimento cristiano ebbe questo in sorte : la conquista di un sistema di potere nel momento stesso che quello crollava. Al suo posto, stavano concretamente emergendo le formazioni politiche dei popoli germanici che spezzarono l’unità dell’impero proprio mentre le gerarchie della Chiesa se ne ponevano al vertice, sottoponendosi formalmente all’ imperatore . 

Primo a interpretare in modo consapevole la portata epocale del cambiamento è, alla fine del quinto secolo, papa Gelasio I. Egli capovolge le teorie che Eusebio I di Cesarea aveva elaborato per Costantino il Grande. Quando afferma che il primato del pontefice romano supera ogni altro potere, anche quello imperiale, è evidente che la Chiesa ha cambiato rotta, cerca un rapporto solido coi nuovi padroni e si pone come punto di riferimento per i “barbari”. E d’altra parte anche i Germani, che hanno una cultura prevalentemente orale e sono legati, come criterio di vita, al valore chiave del sangue , hanno bisogno di una teologia, di una giustificazione dottrinaria, per sentirsi legittimati a governare i nuovi regni con popolazioni di tante e diverse etnie e una prevalenza, numerica e culturale, dell’elemento romano. E’ un incontro che per perfezionarsi avrà bisogno di molti secoli , i cosiddetti “secoli bui”. 

Al posto dell’impero romano, nasce l’Europa, con altre capitali, più potenti di Roma. E tuttavia Roma, con la presenza determinante della Chiesa, è la naturale erede e continuatrice dell’impero. Agostino ebbe l’ardire, nel “De Civitate Dei”, di proclamare l’avvento e la superiorità della Città di Dio sulla Città degli uomini. I secoli successivi si incaricarono di smentirlo senza pietà . Non ci fu mai una” Città di Dio”, continuò a esserci una Città degli uomini , con altre infamie e altri splendori.