ROMA – Da agender a bigender, da fluido a neutro, da trans a intersessuale, passando per maschio, femmina, ma anche “femminiello”. Da oggi, 4 luglio, sulle nostre pagine di Facebook autodefinirsi sarà più democratico, ma anche forse più complicato.
Come già avvenuto negli Stati Uniti, e sotto la stretta supervisione dell’Arcigay, anche nei profili italiani si potrà definire la propria identità di genere in ben 58 modi diversi. Con la particolarità che tra i tanti anglismi per definire le infinite sfumature del proprio essere, tra le categorie di casa nostra spunta l’antico e dialettale termine “femminiello”. Napoletanissima definizione di maschi che amavano ed amano vestirsi da donne, variazione del mondo gay, icone di certi quartieri popolari raccontati da Viviani e Patroni Griffi, cantati oggi da Peppe Barra.
Scrive Maria Novella De Luca su Repubblica:
“Femminielli” che il due febbraio di ogni anno si incontrano con tamburi e tammorre alla processione della “Madonna Schiavona” al santuario di Montevergine, in un rito secolare e sempre uguale a se stesso. Sacro e profano, la terra e il cielo, la Madonna e la dea Cibele.
Tutto questa contraddizione di antico e moderno adesso sbarca a sorpresa nell’ipermondo di Facebook. Più o meno dalla mezzanotte di oggi, infatti, nell’area in cui si indica il proprio sesso, e dove oggi campeggiano “maschio” o “femmina”, si aprirà anche la voce “personalizzata”. E lì ci si potrà appunto riconoscere in ben 58 definizioni diverse, ed indicare anche se si vuole essere contattati con il pronome maschile o femminile… Ma di certo la scelta che spiazza più di tutte è proprio “femminiello”: non solo per la sua connotazione locale, ma anche perché in bilico tra lingua e dialetto potrebbe diventare tra le maglie della Rete un nuovo insulto omofobico. Un boomerang insomma, invece che una rivoluzione culturale. Un rischio che comunque sia Facebook Italia sia l’Arcigay sembrano aver messo in conto. Spiega Vincenzo Branà, portavoce del movimento: «In ogni Paese la lista delle definizioni è stata personalizzata, e i “femminielli” sono una tradizione italiana. Siamo di fronte ad una parola antica, non ad un termine dispregiativo che potrebbe tradursi in un insulto». Aggiunge Flavio Romani, presidente dell’Arcigay: «L’iniziativa di Facebook ci dà l’occasione di riportare la questione dell’identità di genere tra le scelte individuali. Non solo. Scorrere una lista con termini come transgender vuol dire fare cultura ».
Forse. In realtà l’elenco è così vasto e così pieno di sinonimi che non è facile, se non inseguendo le sfumature, individuare le differenze. Ad esempio tra “femmina trans” o “trans femmina”. Di certo che su un social da miliardi di utenti ci si possa definire “altro” rispetto alle due metà del mondo, è sicuramente un buon esercizio di democrazia. Commenta Laura Bononcini, responsabile relazioni istituzionali di Fb: «Il lancio anche in Italia delle opzioni di genere personalizzate è un passo importante per consentire alle persone che usano Facebook, e non si identificano né con uomo né con una donna, di poter esprimere la propria identità».
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