Grecia, aggancio o addio. E l’Italia non può frenare

Pubblicato il 8 Febbraio 2012 - 17:01 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Alle quattro del pomeriggio è iniziata ad Atene la riunione tra primo ministro, membri del governo e partiti di sinistra, destra e centro forzatamente e di malavoglia uniti in una sorta di “unità nazionale” tanto obbligata quanto mal sopportata e comunque di corta durata: a primavera in Grecia si vota. Devono dare delle risposte: all’Europa, a se stessi, ai greci. L’Europa e insieme ad essa il Fmi e la Bce chiedono: volete davvero restare nell’area euro, volete subito i circa 14 miliardi di euro che vi servono per onorare, pagare i titoli di debito che scadono il 20 di marzo? Ai greci l’Europa ha già dato molto. Molto e di tutto: esitazioni, errori, incertezze, consigli, condizioni. Tutto il campionario di una politica ondivaga, oscillante dal vi salveremo comunque al salvatevi da soli e non trascinateci a fondo. Oltre a questi “regali” spesso avvelenati la Grecia dall’Europa ha avuto un sacco di soldi: 120 miliardi di prestiti già stanziati, di fatto il taglio del settanta per cento del debito residuo, la promessa di altri 130 miliardi. In moneta sonante di più alla Grecia non si può dare. Ora il governo di Atene e i partiti che lo sostengono devono rispondere alla domanda ultima: siete in grado, volete davvero come avete promesso più volte senza farlo davvero vendere beni pubblici, privatizzare, riscuotere le tasse, diminuire l’abnorme numero di pubblici dipendenti, circa 750mila su una popolazione di undici milioni?

Altre volte governo e partiti greci hanno risposto di sì ad analoga domanda. Ma è rimasto un sì sulla carta. La Grecia “vera” non vuole, non può o un misto di entrambe le cose. Ed ora la domanda arriva dall’Europa con un  tono diverso. Tono che dice basta al “ricatto del default”. Ricatto, parola che corre da giorni senza censura a Bruxelles. Ricatto greco e cioè: se non arrivano i soldi noi andiamo in bancarotta e voi europei vi fate male, molto male con noi. Ma la quantità di quel “male” nel frattempo l’Europa l’ha ridotta e circoscritta: pagato il 70 per cento del debito con la rinuncia a riscuoterlo, messa in bilancio questa perdita, il “male” diminuisce di entità. E un default, una bancarotta greca, un’uscita della Grecia dall’euro che a novembre avrebbe comportato quasi automaticamente il crollo finanziario dell’Italia, oggi non comporta più questa ineluttabile conseguenza: Roma si è rafforzata e può sperare di resistere se la Grecia se ne va. Insomma il “vagone” Grecia che nessuno vuol staccare può essere staccato dal convoglio Europa con più speranze di prima che il treno tutto non deragli. Quindi la domanda alla Grecia ha altro tono, meno querulo, più tosto. E infatti l’Europa che deve metterci i soldi vuole l’impegno di tutti i partiti greci: chiunque vinca le elezioni tra qualche mese non cambierà quanto il governo di oggi dovesse sottoscrivere. Altrimenti, buona fortuna e arrivederci.

Quindi governo e partiti greci devono rispondere, oltre che all’Europa, a se stessi. E ai greci che da settimane e mesi salutano l’azione del loro governo con riusciti scioperi generali e con una rabbia montante contro l’Europa tutta e la Germania in particolare.

Nella stessa mattinata il ministro Elsa Fornero ha incontrato a Roma il leader della Cgil Susanna Camusso e nel pomeriggio il ministro è andata in audizione alla Camera per dire che i “vincoli di bilancio sugli ammortizzatori sociali sono drammatici” e che la riforma del mercato del lavoro va fatta entro marzo. In altri termini a dire che a dicembre, solo a dicembre scorso, l’Italia si è staccata dalla “condizione greca”, solo da due, tre mesi le strade dei due paesi si sono separate ma che la distanza dopo che Roma ed Atene si sono diversamente incamminate al bivio è ancora relativamente modesta. Se il vagone Grecia resta agganciato, con il “consenso informato” di tutti i suoi passeggeri, bene per tutti. Ma se nelle prossime ore e nei prossimi giorni la Grecia recalcitra o fa altre scelte, il “vagone” si può sganciare. Ne verrà fuori una scossa, un tremore sui binari che rincorrerà il “vagone Italia”, si propagherà fino a Roma. Se Roma continua a correre, la scossa non la raggiungerà. Altrimenti nessuno può garantire, basta anche che il vagone Italia rallenti e l’onda d’urto arriva. Per la Grecia è l’ultima manovra possibile di aggancio, per l’Italia è davvero il momento di mollare il freno.