Ucraina, Mosca minaccia ritorsioni contro Ue e Usa in caso di nuove sanzioni

Ucraina, Mosca minaccia ritorsioni contro Ue e Usa in caso di nuove sanzioni
Il presidente russo, Vladimir Putin (Foto Lapresse)

MOSCA – Crisi in Ucraina, la Russia è pronta a rispondere all’Occidente in caso di nuove sanzioni. Lo ha annunciato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, spiegando che “si stanno esaminando ulteriori misure da approvare” se Unione europea e Stati Uniti “continueranno a ricorrere alla politica non costruttiva e addirittura distruttiva” delle sanzioni. 

“Abbiamo detto più volte che la Russia non è una sostenitrice della retorica delle sanzioni. Ma se i nostri partner continuassero con queste pratiche non costruttive, anche noi prenderemmo in considerazione misure addizionali”,

ha detto Peskov.

Circa dieci giorni fa Mosca aveva decretato l’embargo totale di tutti i cibi in arrivo da Ue e Usa. Un blocco particolarmente pesante per l’Italia, considerato che le esportazioni verso la Russia valgono 700 milioni di euro.

Sempre sul fronte diplomatico Jeffrey Feltman, il sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari politici, da martedì 19 a venerdì 23 agosto sarà a Kiev per incontrare le autorità ucraine e tentare di favorire una conclusione pacifica del conflitto.

Intanto gli scontri non si fermano. Il 18 agosto Kiev ha accusato i separatisti filorussi di aver causato “numerosi morti” civili sparando con mortai e lancia missili multipli Grad contro una colonna di rifugiati vicino a Lugansk, sulla strada tra Khriaschuvate e Novosvitlivka. Tra le vittime anche donne e bambini. Accuse respinte dai miliziani, che da giorni accusano a loro volta le forze di Kiev di far strage di civili, a colpi di artiglierie, nelle aree di Donetsk e Lugansk.

Si continua a morire anche in trincea: nelle ultime 24 ore hanno perduto la vita nove soldati ucraini, 20 sono rimasti feriti. I bombardamenti provocano anche danni collaterali. Come è capitato ai 30 minatori ancora intrappolati sotto la Komsomolets, una delle più grandi miniere del Donbass, di proprietà dell’oligarca Rinat Akhmetov, con 4800 operai: la miniera è potenzialmente esplosiva. O come è capitato agli abitanti dell’ormai semideserta Donetsk, l’altra roccaforte dei separatisti: sono rimasti senz’acqua potabile dopo che un tiro d’artiglieria ha danneggiato la linea elettrica che alimenta il principale impianto di purificazione. Lugansk, stretta d’assedio dalle forze governative, se la passa peggio: è senza acqua potabile, elettricità e rete telefonica da due settimane e tutti gli accessi alla città sono chiusi.

I controversi aiuti umanitari russi (280 camion con 1800 tonnellate di viveri e medicinali) sono fermi da cinque giorni alla frontiera, nonostante l’accordo trovato tra Kiev e Mosca per la loro ispezione da parte della Croce Rossa prima dell’ingresso in territorio ucraino. Secondo il capo della diplomazia di Mosca, Serghiei Lavrov, è l’unico punto sul quale è stato trovato ”pieno consenso” nei negoziati ieri a Berlino tra i ministri degli esteri di Russia, Ucraina, Germania e Francia, che proseguiranno nei prossimi giorni.

 

 

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