Berlusconi: “Non mi candiderò più alla guida del governo”

Pubblicato il 27 Febbraio 2012 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – "Continuerò a fare politica, ma in modo diverso dal passato. Non mi candiderò più alla guida del Governo, ma come presidente del primo partito italiano in Parlamento agirò da 'padre fondatore', darò consigli alle nuove leve, cercherò di trasmettere quei valori di libertà e di democrazia per i quali sono sceso in campo e che sono tuttora il nostro credo politico, contro la cultura dell'invidia, dell'odio e del giustizialismo che finora ha dominato gran parte della sinistra in Italia".

osi' Silvio Berlusconi in una intervista al 'Corriere del Ticino' nella quale ribadisce che Angelino Alfano è il suo "erede".

L'ex premier parla anche dell'alleanza con il Carroccio: "Per il futuro – dice – mi auguro che con la Lega si possa continuare ad avere una solida e leale collaborazione a tutti i livelli come è sempre stato".

E spiega le ragioni della 'rottura': "Perché – afferma – noi abbiamo deciso di sostenere il Governo Monti per senso di responsabilità verso l'Italia, anche a costo di pagare un prezzo momentaneo; la Lega, invece, vuole dimostrare la sua identità e ha una posizione diversa dalla nostra sul governo dei tecnici. Ma non parlerei di rottura: continuiamo a governare insieme molte amministrazioni locali".

Alla domanda se Alfano sia davvero il suo erede, Berlusconi replica: "Certo che sì. Alfano è stato eletto all'unanimità dal nostro Consiglio. Ha 35 anni meno di me, è autorevole e realizza il cambio di generazione di cui tutta la politica italiana ha bisogno. E le dirò di più. Sarebbe ora che anche gli altri politici che siedono in Parlamento da trent'anni, se davvero credono in ciò che dicono sui giovani e sulla necessità di innovare, facessero un passo indietro. Se qualcuno nel PdL non crede in questo cambiamento, dovrà ricredersi".

Alla domanda se, alla luce del minor appeal sugli italiani, ritiene di essere cambiato lui o piuttosto gli italiani, Berlusconi risponde: "Sono cambiato io" perchè "in questi ultimi anni ho raggiunto la consapevolezza che l'Italia , con questa architettura istituzionale, non è governabile". "Quando chi vince democraticamente le elezioni non riesce poi a prendere decisioni tempestive – conclude – la conseguenza è una crisi di sfiducia nei confronti della politica e della democrazia".