Berlusconi, Sgarbi, Garibaldi, Mubarak e le “nipoti”: storia e cronaca intrecciano la barzelletta Italia

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 10 Febbraio 2011 - 17:35 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi con Mubarak il 23 settembre scorso

ROMA – La storia e la cronaca, il piede destro e quello sinistro che prendono a calci la “palla Italia”. La storia e la cronaca che si intrecciano e si accavallano nel raccontare la “barzelletta Italia”. Apprendiamo dal Corriere delle Sera, poi integrato e corredato da particolari “di colore” forniti da Dagospia, del viaggio che il premier Silvio Berlusconi fece a Sofia per inaugurare una statua a Giuseppe Garibaldi. Giuseppe Garibaldi, la storia scherza con noi e ci “scherza”: a pochi giorni dal centocinquantesimo compleanno dell’unità d’Italia veniamo a sapere che il premier andò ad omaggiare Garibaldi in compagnia di Sara Tommasi. Sara Tommasi prelevata nel racconto dei giornali tratto dagli atti di indagine della Procura di Napoli da Vittorio Sgarbi. Prelevata e sottratta a precedente appuntamento con due “signori” in odor di camorra. Sono questi due gentiluomini a restare stupiti e a narrare come Sara Tommasi si sottrasse ad impegno con loro avendo ricevuto invito che non si può rifiutare. In volo la Tommasi con Sgarbi verso la Bulgaria, sull’areo del premier. E, aggiunge Dagospia, non erano soli: c’erano anche due ragazze montenegrine, presentate alla frontiera e alle autorità come le “nipoti di Djukanovic” premier del Montenegro. Speriamo non sia vero, speriamo sia un particolare aggiunto alla barzelletta che è diventata la nostra storia e la nostra cronaca.

Apprendiamo da Dagospia che il premier egiziano, saputo che in Italia girava e veniva tratta fuor di Questura una “nipote di Mubarak”, montò su tutte le furie e spedì una lettera di protesta tramite ambasciatore in Italia. Lettera di protesta indirizzata al governo italiano. E perché al governo italiano? Perché era stato il premier Silvio Berlusconi a battezzare Ruby “nipote di Mubarak”. Non sappiamo se sia vero e speriamo di no. Ma sappiamo che la tesi ufficiale del premier, ribadita ancora e ancora in televisione e in conferenza stampa, è che lui chiamò in Questura per “evitare incidente diplomatico internazionale”. Sappiamo che questa è la tesi votata a maggioranza dalla Camera dei deputati come argomento decisivo per respingere le carte delle indagini della Procura di Milano. Sappiamo dunque che la versione ufficiale e la base giuridica per chiedere che Berlusconi risponda al Tribunale dei ministri e non alla Procura di Milano è l’esistenza, almeno nella mente del premier, di una “nipote di Mubarak”. E sappiamo, per bocca di ministri e parlamentari del Pdl, che questa tesi sarebbe suffragata da un “testimone”, un interprete presente a conversazioni tra Berlusconi e Mubarak in cui si parlò della “nipote”. Non sappiamo della lettera e di Mubarak furente, possiamo però immaginare che Mubarak e il governo egiziano abbia per tutto questo tempo “tenuto il gioco” senza reagire?

Ma la storia scherza con noi e ci scherza: nel giorno in cui Mubarak cede, nel giorno della crisi, forse del dramma di un paese, nel giorno in cui in un modo o nell’altro la storia gira in Egitto, l’Italia è a suo modo coincidente protagonista, siamo il paese della “nipote”. Abbiamo così il nostro ruolo nel Mediterraneo e nella politica internazionale. Ce lo assegna con uno sberleffo l’incrocio tra storia e cronaca. Entrambe concordi e complici, per caso ma forse non per caso, nel raccontare la nostra peculiare e insostituibile funzione: quella della barzelletta.