Governo al lumicino, finiani pronti all’addio. E, se si vota, si vota due volte

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 10 Novembre 2010 - 17:02 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi, presidente di un governo traballante

Gianni Letta che se ne intende, e che è sempre l’ultimo ad arrendersi, a metà pomeriggio del giorno che in teoria precede il quasi disperato incontro Bossi-Fini, si lascia sfuggire: “Le prospettive del governo sembrano restringersi”. Giovedì, se non succede il miracolo politico tra Bossi e Fini, i finiani ritirano la loro delegazione al governo, più “ristrette” di così difficile possano essere “le prospettive”. Letta in realtà  parlava del piano, della programmazione di governo da qui al 2020, questione e dossier in cui sono impegnati tutti i governi d’Europa. C’è l’accordo e l’obbligo di scambiarsi i rispettivi piani, di coordinarli e confrontarli. E Letta dice: non chiedete a noi, al governo di Roma di guardare così lontano, non è aria. Parlava del 2020 ma tutti hanno inteso che il “restringimento di prospettiva” può benissimo riguardare il 2011, cioè già domani. Che il governo Berlusconi sia alla fine, Letta non concora ma si adegua.

Dunque l’ipotesi di elezioni anticipate a marzo 2011 tra un po’ i bookmakers non la “quoteranno” più. Sta diventando risultato scontato. Ma, se si voterà, si voterà due volte a stretto giro di tempo e non è una barzelletta. La prima volta si voterà perché non ci sono i numeri, la voglia, l’accordo, la convenienza e la praticabilità per un governo “tecnico” che prenda il posto di quello di Berlusconi senza essere passato per una legittimazione elettorale. Chi sostituisce Berlusconi senza passare dalla stazione del voto poi elettoralmente muore. Lo stanno capendo un po’ tutti: Fini lo sa, Casini pure, Bersani vorrebbe non saperlo ma si sta adeguando anche lui. Lo sa anche Di Pietro che comunque vuole elezioni e basta all’insegna dell’importante è partecipare e non vincere.

Se si vota, la prima volta sarà per vedere se Berlusconi rivince. Se va così, Berlusconi forever e al Quirinale. Ma si vota anche per vedere se Berlusconi proprio a vincere stavolta non ce la fa e per vedere poi l’effetto che fa. Effetto libera tutti. Berlusconi, alleato con Bossi e Storace può vincere ma anche non farcela a vincere. I tre possono ottenere un quaranta per cento abbondante. Con la legge elettorale che c’è basta ad avere la maggioranza alla Camera con il relativo premio di maggioranza. Non saranno cento deputati in più delle opposizioni come è stato nel 2008 ma maggioranza sarà. Ma quaranta per cento abbondante può non bastare per avere la maggioranza al Senato. Quindi elezioni-pareggio. Soprattutto elezioni “non vinte” da Berlusconi, sarebbe questa la “notizia” politica, la perdita della invincibilità, insostuibilità, la perdita dello “scudo” della volontà di popolo, della legittimazione elettorale.

Dopo, solo dopo che Berlusconi non ce l’ha fatta a rivincere, quale altro governo possibile? C’è chi lo chiama “governissimo”, chi di “unità nazionale”, chi di “emergenza”…C’è chi dice Tremonti, chi Draghi…Quel che oggi è impossibile dopo la prima volta che si è votato diventerebbe possibile, ci sarebbe spazio e campo per tutti e tutto. Spazio e campo per un governo che cambia la legge elettorale, quel che oggi non si può fare. C’è già un progetto plausibile, abbozzato ma plausibile. Premio di maggioranza non automatico per la coalizione che arriva prima, premio di maggioranza solo se la coalizione vincente arriva al quaranta per cento. Quindi niente “asso pigliatutto” con solo un terzo dei voti. E “diritto di tribuna” per i piccoli partiti che non vanno in coalizione, insomma una trentina di seggi di fatto “proporzionali”. E divieto delle pluricandidature e forse la preferenza.

Nuova legge elettorale, difesa ed argine della finanza pubblica nei limiti e confini che Europa e mercati impongono, qualche risorsa perché la disoccupazione non diventi instabilità sociale. Un programma di un anno, al massimo due. Fino al 2013 quando il “governissimo”, Tremonti o Draghi o addirittura Montezemolo che sia, si scioglie per compiuta missione e si rivota. La seconda volta senza Berlusconi con la sinistra da una parte e la destra dall’altra. Se, e va sottolineato il se, tra un’elezione e l’altra il paese non si scolla definitivamente. Se la Lega riesce a non ridiventare secessionista, se Fini si ancora e radica a destra, se il Sud non partorisce una sua degenerazione leghista, se Di Pietro e Vendola non si mangiano troppo Pd, se i disoccupati non crescono troppo, se ai confini non scoppia un’altra Grecia… E se Berlusconi non rivince subito alla prima mano, il che è tutt’altro che escluso.