Terremoto. Crollo convitto, le colpe secondo i periti dell’accusa

Pubblicato il 8 Gennaio 2010 - 22:02 OLTRE 6 MESI FA

Le responsabilità della morte dei due giovani del convitto nazionale dell’Aquila «sono da ricollegare all’incuria e all’imperizia del direttore, Livio Bearzi, che non ha tenuto conto della vetustà dell’edificio e della mancanza delle certificazioni, alla luce delle scosse precedenti il tragico terremoto, e del funzionario provinciale Vincenzo Mazzotta in rappresentanza dell’ente gestore della scuola, per non aver fatto una puntuale manutenzione, lavori di adeguamento e non aver chiuso il convitto».

Secondo la relazione dei consulenti nominati dalla Procura nella perizia sul crollo di una parte del convitto nazionale, avvenuto con il terremoto del 6 aprile 2009,  la mancata chiusura della scuola viene contestata anche al direttore, che avrebbe dovuto farla sostituendosi alla Provincia dell’Aquila.

Proprio sulla perizia la Procura ha basato le ipotesi di reato di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni, alla base degli avvisi di garanzia emessi nei confronti di Bearzi e di Mazzotta. Il convitto si trova in un immobile del XIX secolo, edificato sull’area di un convento francescano e della chiesa di San Francesco. Delle strutture originarie rimane la cella di San Bernardino, realizzata dopo il terremoto del 1703.

Nella perizia, firmata dai tecnici Francesco Benedettini e Antonello Salvatori,si sottolinea che non ci sono danni e crolli riconducibili a lavori compiuti negli ultimi sette anni.