M5S: dopo la diaria, la grana pensioni. 5 anni in Parlamento o niente assegno

Pubblicato il 16 Maggio 2013 - 10:02| Aggiornato il 2 Novembre 2020 OLTRE 6 MESI FA

Movimento 5 Stelle (Foto Lapresse)

ROMA – Dopo la diaria, la pensione. Pare, a leggere i giornali, che i parlamentari grillini siano tutti un fermento a proposito della pensione. Sì, perché la legislatura tentenna, nessuno scommette possa durare tutti e 5 gli anni. Ovvero il requisito minimo per avere l’assegno una volta raggiunta la soglia dei 65 anni (60 in caso di più mandati). Sono le nuove regole previste dalla riforma Fornero del 2012 per i nuovi eletti di questa legislatura. Il sistema contributivo “puro”, un po’ come funziona per gli altri dipendenti pubblici. Il sistema “misto” (un mix tra le regole per i nuovi eletti e la vecchia legge) riguarda infatti gli eletti nelle passate legislatura, eventualmente rieletti.

Ma i 5 Stelle sono tutti “novizi” del Parlamento e ora rischiano di non completare quei 5 anni di legislatura necessari per ottenere la pensione. Senza contare che molti di loro prima del mandato avevano lavori precari. A dare qualche risposta è il deputato M5S Girolamo Pisano, membro della Commissione Bilancio.

“E’ una certezza – precisa Pisano – sappiamo tutti che raramente le legislature nella storia della Repubblica Italiana si sono completate. Sicuramente i fondi che noi stiamo pagando alla Camera saranno fondi persi. Per cui chi aveva già un reddito, per via della cessazione di contribuzione nei relativi enti previdenziali rischia di avere un buco. Noi ci stiamo preoccupando di pagare questo buco con una contribuzione volontaria”.

“Nei dettagli – continua Pisano – in realtà è semplice, la contribuzione volontaria è un istituto previsto dagli enti previdenziali non è nient’altro che la richiesta di coprire questo buco volontariamente. L’ente previdenziale manda l’estratto conto e bisogna pagare. Ovviamente questo va rendicontato e va passato tramite i rimborsi”.

E i precari?

“Mah, veramente ci sono dei problemi relativi a chi prima non aveva una previdenza attiva. Queste persone – aggiunge – di fatto dobbiamo regolarle in base a un reddito. Bisogna ipotizzarlo. Quello che è certo che la contribuzione che paga sia la Camera sia quella che paghiamo noi sono soldi che vanno allo Stato. Vanno a coprire delle situazioni previdenziali personali ma non sono soldi che rimangono nelle nostre tasche. Ci sono dei problemi simili o anche leggermente più complicati da un punto di vista della risoluzione che riguarda invece le casse professionali, anche su quello stiamo cercando di trovare una quadra”.