Pd, il giorno di Bersani segretario tra crisi economica, riforme e questione morale

Pubblicato il 7 Novembre 2009 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA

Pierluigi Bersani

Pierluigi Bersani è stato proclamato segretario del Partito Democratico. A due settimane dalla vittoria nelle primarie, Bersani ha parlato durante la mattinata del 7 novembre davanti alla platea dell’assemblea nazionale del partito cercando di spiegare ai Democratici il suo progetto.

Il neo segretario ha detto di volere un Pd «popolare, giovane e che chiede di essere giovani nel cuore». Nessuno spazio, invece per la nostalgia nè per «l’anarchismo e la feudalizzazione».

Quindi Bersani ha annunciato che nella dirigenza ci saranno anche volti nuovi e ha affrontato il tema della questione morale e della necessità di darsi «strumenti efficaci per dissociare il partito e il suo buon nome dalle deviazioni dei singoli».

Da leader, Bersani boccia il “leaderismo”: «Ho detto più volte che non credo al partito di un uomo solo ma ad un collettivo di protagonisti. So bene – ha aggiunto –  che la formazione di un collettivo deve avere forme nuove e contemporanee ma rinunciarvi, per un partito popolare, non sarebbe andare avanti, sarebbe regredire. Dunque, mi rivolgo a voi non come ci si rivolge ad una folla ma come ci di rivolge al largo gruppo dirigente del nostro partito corresponsabile con me di questa nostra straordinaria avventura».

Sulle riforme Bersani boccia il concetto di dialogo: «Nessun “dialogo”, è una parola malata, ma un confronto trasparente nelle sedi proprie, cioè in Parlamento». Quindi un’aperura condizionata anche alla riforma della giustizia che si può fare ma solo «a partire dai problemi dei cittadini e non sulle situazioni personali del presidente del Consiglio, con l’aggressività e la volontà di rivincita contro il sistema giudiziario e la magistratura».

Infine il neo segretario ha parlato anche di crisi, che giudica ancora non superata e disoccupazione: «Nessuno vuol fare il pessimista o il catastrofista, pretendiamo solo che si riconosca che abbiamo un problema serio che non si risolve da sé. Davanti a un’assunzione di responsabilità da parte del governo, noi non ci sottrarremo ai problemi, ma se continuano a dirci che il problema non c’è o che si può aggiustare con palliativi, diventa difficile discutere. Il governo non presenti una Finanziaria fatta di segnali irrilevanti: servono misure vere».

Sulla disoccupazione, «il problema numero uno del Paese», il Pd punterà su quattro aspetti: politica dei redditi contro l’impoverimento, soglie minime di reddito, l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, e sistema pensionistico alla luce dei suoi effetti sulle nuove generazioni.

Infine occhio anche all’immigrazione dove, per Bersani, la legge va corretta: «il Pd è un partito che sta con chi bussa alla porta e non con chi la tiene chiusa».