La strana ribellione dei portaborse alla Camera: meglio in nero che a casa

Pubblicato il 11 Settembre 2012 - 15:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Meglio in nero…che a casa. La protesta dei portaborse di Camera e Senato arriva inaspettata. Proprio mentre la Commissione Lavoro, dopo anni, decide di metter mano alla vicenda e di tentare di regolarizzare la situazione di centinaia di lavoratori ecco che il rappresentate di un’associazione di categoria si alza davanti agli onorevoli riuniti e dice che no, tutto sommato della legge si può fare a meno. Durante l’audizione delle due Associazioni che rappresentano i ‘portaborse’, An.co.parl e Co.co.parl, la prima si è infatti detta contraria ad una legge, sostenendo invece che a risolvere i problemi basta una modifica dei Regolamenti interni di Camera e Senato, da approvare in poco tempo. Di avviso diverso Co.co.parl che ha chiesto una legge.

La legge bipartisan a cui sta lavorando la commissione Lavoro, sulla base di due disegni di legge a firma Pd e Pdl, prevede che il collaboratore sia scelto dal parlamentare sulla base di un rapporto di fiducia, ma che sia poi retribuito direttamente dalla Camera o dal Senato. E’ il cosiddetto modello del Parlamento europeo. Fino a oggi Camera e Senato davano i soldi direttamente a ciascun parlamentare (all’incirca 4mila dei 14mila di stipendio); e sempre fino ad oggi molti senatori e deputati hanno pagato in nero il proprio collaboratore (magari con un compenso nettamente inferiore), o non ne hanno assunto alcuno pur ricevendo i soldi dalla Camera di appartenenza.

E oggi, davanti alla seria possibilità di una legge, una parte di portaborse dice “no”. Forse è lecito pensare che il “nero” avvantaggi anche chi lo subisce: è esentasse. E soprattutto la situazione attuale permette un proliferare di collaboratori che da domani sarebbe impossibile. Insomma, meglio tanti, in nero e senza diritti, piuttosto che rimanere a casa. In Commissione il presidente di An.co.parl, Francesco Comellini, ha detto di ”non ritenere che la via legislativa possa rappresentare la soluzione del problema”. La legge infatti deve poi essere recepita dal Regolamento interno di Camera e Senato; allora  – è il ragionamento di Comellini – tanto vale modificare direttamente questi Regolamenti, cosa che si può fare in poco tempo. Per esempio il Parlamento europeo lo ha fatto in un mese. Ma l’altra associazione, Co.co.parl, non è d’accordo. Emiliano Boschetti, parlando a nome di questa, ha spiegato che la legge ‘costringerebbe’ l’Ufficio di presidenza di Senato e Camera a modificare i Regolamenti. Cosa che invece non hanno fatto in questi oltre quattro anni di legislatura. Il 24 settembre la parola passerà all’Aula.