Palermo: 3400 “precari” esigono il “pizzo dello stipendio”. Con una testa di capretto

di Lucio Fero
Pubblicato il 24 Marzo 2010 - 15:13| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Diego Cammarata

A Palermo è stata inaugurata una nuova forma di “lotta sociale”: la testa di capretto inviata come “avviso” al politico che non assume i precari. Precari di sicuro, lavoratori mica tanto: sono 3.400, ogni mese incassano un “contributo” di 620 euro pagato dalla Regione Sicilia in cambio di nulla. Adesso con la testa di capretto e altre analoghe iniziative hanno fatto sapere che vogliono la “stabilizzazione”, cioè 820 al mese a vita.

E’ una storia lunga, comincia almeno nel 2001. Quell’anno a Palermo si vota per il sindaco. E Diego Cammarata, che poi sindaco diventerà, si inventa i “Pip”, i Piani di inserimento professionale. Appena eletto ci inserisce dentro i 3.400, in gran parte ex detenuti, ex alcolisti, ex tossicodipendenti. Si sono dati da fare in campagna elettorale, hanno votato e fatto votare, ora diventano “aspiranti precari”. A Palermo non è una novità, piuttosto una tradizione: negli anni precedenti c’erano stati i 3.500 “Lsu”, lavoratori socialmente utili. Pagati relativamente poco per non fare nulla, tutti diventati in dieci anni stabili stipendiati pubblici.

Fino a qualche tempo fa i “Pip” stavano relativamente tranquilli, avrebbero prima o poi fatto la fine degli “Lsu”. Bastava aspettare e ogni tanto battere un colpo.  Poi hanno visto che il Comune è alla bancarotta, così come l’Amia, la locale azienda dei rifiuti, così come la Multiservizi, l’azienda Regionale in cui alla fine appunto tutti finivano più o meno assunti. E allora i “Pip” si sono innervositi. La prima mossa è stata quella di chiudere dentro con un catenaccio i consiglieri comunali. Chiusi dentro il Palazzo Municipale. Avvertimento blando secondo loro. La seconda mossa è stata quella di circondare e cacciare i sette consiglieri che erano andati da loro in delegazione a parlamentare. La terza appunto la testa di capretto nell’ufficio di Alberto Campagna, presidente del Consiglio Comunale e deputato regionale del Pdl. Testa con bigliettino-firma: “Pip”.

Da quel giorno il Consiglio Comunale non si riunisce più in pubblico e a pubblica data. I consiglieri si danno appuntamenti segreti cui vanno con scorta ma senza auto blu. Temono di essere intercettati, non al telefono ma per strada. Il sindaco Diego Cammarata tace, non una parola. Nessuno denuncia, tanto meno chiama i Carabinieri. Davide Faraone del Pd dice che a Palermo “la democrazia è sospesa”. Sospesa in questo caso è eufemismo, meglio sarebbe dire che è ricattata, sotto aperta e violenta richiesta di “pizzo” in forma di assunzioni. E al pizzo la classe politica non sembra ribellarsi, piuttosto si rammarica di non poterlo pagare. Sono infatti 21.886 gli stipendiati diretti e indiretti del Comune, dieci anni fa erano 13.733. Mantenere le promesse elettorali fatte ai “Pip” e non solo a loro non si può più. Pip che dal 2001 restano in attesa di “inserimento” proroga dopo proroga, funziona così la “formazione” professionale in Sicilia: ti ci iscrivi e nessuno ti cancella mai.

Chi di precario elettoralmente ferisce, di precario finanziariamente perisce? Sì, anche: la politica che fabbrica finti lavoratori e finti stipendi, la “società incivile” che accetta e pratica lo “scambio”. Ma tanto silenzio su assedi al Comune, teste di capretto e intimidazioni organizzate è dovuto anche alla “retorica del precario”. Anche l’opposizione, quel poco di sinistra che c’è in Sicilia, fa fatica a dire che “precario” non è un lavoro e neanche una qualifica. Fatica a dire che non solo non tutti i precari possono essere assunti ma che in alcuni casi non “devono” essere assunti non avendo maturato altro diritto che quello della clientela.