Voglia di secessione. Salerno vuole diventare Regione autonoma… questione di immagine e soldi

Salerno e i suoi 60 Comuni hanno deciso di staccarsi dalla Campania e diventare una regione autonoma. L’idea è nata nella mente di Edmondo Cirielli, il presidente della Provincia di Salerno che ideò e poi ripudiò la legge per accorciare i tempi di prescrizione ed evitare il carcere a Cesare Previti nel processo Imi-Sir.

L’idea ha subito avuto successo. La Cassazione deciderà il primo febbraio sulla richiesta depositata da 54 comuni della provincia (420mila abitanti, 70mila più del quorum), e nel frattempo altre sette amministrazioni hanno approvato la delibera con l’adesione al progetto. Se tutto va come deve, Cirielli conta di affrontare il referendum a giugno, per poi imbarcarsi nella modifica costituzionale in Parlamento.

Alla base della proposta ci sono due ragioni: “Essere accomunati a Napoli e ai suoi disastri sui rifiuti è un danno d’immagine che non possiamo più sopportare”, spiega Cirielli che, mentre il capoluogo di regione passa da emergenza a emergenza, vanta per la sua provincia una percentuale svizzera (60,2%, quarto posto in Italia) nella raccolta differenziata. Poi, come in ogni secessione che si rispetti, c’è un problema di soldi: nei calcoli di Cirielli l’autonomia da Napoli vale almeno 500 milioni all’anno, perché “la provincia versa due miliardi di addizionali Irpef e Irap e ne riceve meno del 75% in termini di spesa e servizi”.

Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, il referendum sarebbe il primo scoglio perché per passare deve spingere al sì la maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni nei quali è stato indetto. I problemi veri però potrebbero sorgere dopo. L’elenco delle regioni è scritto all’articolo 131 della Costituzione e per cambiarlo serve una legge approvata quattro volte con i due terzi del Parlamento per essere messa al riparo da nuovi referendum conservativi.

Conoscono bene tutte le difficoltà i comuni che negli anni hanno accolto con plebisciti entusiasti l’idea di abbandonare Veneto o Piemonte per abbracciare le gioie dello Statuto speciale. San Michele al Tagliamento ha chiamato alle urne i propri cittadini nel 1991, ha ottenuto l’89% di voti per il passaggio al Friuli, è riuscito a far dichiarare incostituzionale la vecchia legge che imponeva il “sì” degli enti rappresentanti di almeno un terzo della popolazione delle regioni interessate. Nonostante tutte le vittorie, però, il comune rimane saldamente ancorato alla provincia di Venezia, come sono rimasti finora in Veneto Cortina e gli altri comuni dell’alto bellunese che hanno alle spalle una battaglia ventennale.

Con il via libera al referendum da parte di tutta la provincia di Belluno, ora la battaglia cambia di piano ma non si semplifica. “Invece di spingere per venire da noi – ha subito chiarito Luis Durnwalder, presidente della provincia di Bolzano e governatore di turno del Trentino Alto Adige – chiedano l’autonomia a Zaia e a Galan che, fino a prova contraria, sono molto vicini alla Lega e al Pdl, e quindi al governo”.

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