Senato elettivo, asse opposizione e minoranza Pd. Renzi: “Sinistra vuole crisi”

Senato elettivo, asse opposizione e minoranza Pd. Renzi: "Sinistra vuole crisi"
Matteo Renzi (Ansa)

ROMA – Oltre cinquecentotredicimila. La misura dell’impresa che attenderà Matteo Renzi a settembre, la dà il numero degli emendamenti presentati in commissione al Senato al ddl costituzionale. Una valanga che rischia di seppellire le riforme e la legislatura. Anche perché nel nome dell’elezione diretta del nuovo Senato, si salda un inedito asse a Palazzo Madama.

Sulla carta sarebbero – secondo fonti della minoranza dem – più della metà dei senatori, fino a 170: minoranza Pd e Fi, Lega e Autonomie, Sel e M5S, fittiani, Gal ed ex grillini. Ma il premier non sembra farsi impressionare. E nel salutare al termine della direzione Pd sul Sud i parlamentari prima delle vacanze, senza neanche alzare il tono della voce, manda un messaggio di sfida agli avversari: “La maggioranza non è mai mancata e mai mancherà”.  Poi in privato parla della minoranza Pd e spiega che “non vogliono nessun accordo. Loro vogliono la rottura e buttare giù la maggioranza”. 

Le votazioni del ddl costituzionale non inizieranno che a settembre. Ma prima che Palazzo Madama chiuda i battenti per il Ferragosto, la presentazione in commissione delle proposte di modifica è l’atto con cui i partiti prendono posizione. C’è la valanga dei cinquecentomila emendamenti di Roberto Calderoli, che in Aula punta a “seppellire” la riforma con sei milioni di proposte. Ma a far più rumore è la cartellina dei 17 emendamenti dei 28 senatori della minoranza Pd, che non hanno intenzione di fare mezzo passo indietro rispetto alla richiesta del Senato elettivo, negata strenuamente dai renziani. Anche perché l’effetto è amplificato dal fatto che la stessa richiesta viene avanzata anche dall’altro grande interlocutore del Pd: Forza Italia. E fino a metà pomeriggio di sabato 7 agosto sembra ‘in asse’ anche il neonato gruppo dei verdiniani: Vincenzo D’Anna presenta tre emendamenti per l’elezione diretta, poi li ritira.

Vannino Chiti e Miguel Gotor della minoranza del Pd esultano: “Ci sono i numeri per un’intesa sul Senato elettivo”. Questi sarebbero i numeri: 28 della minoranza Pd, 12 delle Autonomie 45 di FI, 36 M5S, 12 della Lega, circa 25 del Misto, inclusa Sel, 10 fittiani, almeno 8 di Gal. “A favore dell’elettività indiretta ci sono solo i senatori di Ncd – fa notare il bersaniano – e un’ottantina di senatori del Pd molti dei quali cambierebbero volentieri posizione a fronte di un’apertura di Renzi”. Ma di apertura al Senato elettivo per ora al Nazareno non si parla. “Siamo sempre disponibili a migliorare il testo – scandisce Lorenzo Guerini – ma sono possibili cambiamenti purché non riportino al punto zero il cammino della riforma”. Per intendersi, spiegano i renziani, è possibile discutere del ‘lodo Quagliariello’, con l’introduzione di listini dedicati ai senatori nel voto per le regionali. Di questo il Pd parlerà anche con Forza Italia (“Ma non è un patto del Nazareno”, dice Debora Serracchiani). Perché appurato che si prepara “un attacco senza precedenti – denuncia Andrea Marcucci – contro le riforme e il governo Renzi”, la partita vera deve ancora iniziare. Ci sarà il dialogo con tutti i partiti. E poi a settembre se anche Fi si compattasse con la minoranza Pd, la maggioranza – assicurano i renziani – riuscirà ad avere i numeri per bocciare gli emendamenti e approvare le riforme. Renzi lo dichiara in direzione Pd, davanti a una platea in cui siedono Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Roberto Speranza: nel prossimo anno si completerà un percorso di riforme dalla “potenza impressionante”.

L’obiettivo, ribadisce il premier, è farlo con l’unità del Pd. Così come unità viene chiesta al partito nella preparazione del “masterplan” che sarà presentato a settembre – prima della legge di stabilità – per il Sud. Per “rottamare”, con una serie di azioni concrete, il “piagnisteo” e passare all’azione. “Non sottovaluto”, dice Renzi guardando più in generale all’azione del governo, il dissenso espresso in questi mesi in Parlamento dalla minoranza. Ma il sospetto è che si voglia “strumentalizzare” la discussione nel merito dei diversi temi, dal Sud alle riforme, “a fini correntizi interni”. “Questo è un errore”, scandisce il leader del Pd. Un errore, assicurano i suoi, a cui non ci si piegherà e che è destinato al fallimento. Anche perché, sono sicuri, alla prova dei fatti le fila della minoranza si assottiglieranno.

 

La minoranza Pd però non sembra fare passi indietro: parla apertamente di Senato elettivo ed non accetta strade intermedie Secondo quanto scrive Repubblica, a Renzi la situazione preoccupa eccome e in privato, riferendosi alla minorazna Pd disegna lo scenario peggiore: “Loro non vogliono nessun accordo. Loro vogliono la rottura e buttare giù la maggioranza”. 

A pesare di più sono infatti questi emendamenti. Il senatore Pd Miguel Gotor spiega che esiste “un’ampia maggioranza a favore della riforma del bicameralismo perfetto, con la nascita di un nuovo Senato delle Autonomie, il taglio di 200 senatori, un unico rapporto fiduciario con il governo demandato alla sola Camera dei deputati”.

Da qui l’auspicio per “un atto di realismo e lungimiranza” da parte del premier, conclude l’esponente della sinistra Pd.

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