Tasse, l’alibi di Confcommercio: “L’evasione è peccato, l’evasore non è peccatore”

di Lucio Fero
Pubblicato il 23 Giugno 2011 - 15:14 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Scrive Giovanni Sartori sul Corriere della Sera: “Berlusconi e Bossi chiedono perentoriamente a Tremonti di ridurre le tasse. E’ la medicina demagogica e irresponsabile di tutti i tempi. Ed è, in questo momento, una richiesta che disonora tutta la classe dirigente che la asseconda. Come siamo arrivati a un colossale debito pubblico del 120 per cento del nostro Pil? Ci siamo arrivati, molto semplicemente, spendendo di più di quanto lo Stato incassa”. Il Corriere della Sera, come ogni altro quaotidiano, è in edicola fin dalle prime ore del mattino di giovedì 23 giugno, ma questa stessa mattina Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio, non deve aver trovato il tempo di leggere i giornali, ha un appuntamento e impegno importante: la relazione annuale all’assemblea della sua associazione. Non deve aver letto della “medicina demagogica” e del “disonore che accomuna tutta la classe dirigente che asseconda”  la “irresponsabilità” della politica. O, se ha letto, deve aver pensato che la cosa non lo riguardava, che la Confcommercio non fa parte della classe dirigente oppure che per la Confcommercio e i suoi associati e dirigenti vige una speciale esenzione dalla responsabilità.

E infatti Sangalli, leggendo la sua relazione, dice: “L’evasione fiscale è pessima cosa, ma l’evasore fiscale va ascoltato e capito, vanno comprese le sue ragioni”. Insomma l’evasione fiscale è peccato, ma l’evasore fiscale non è peccatore. Perché? “Perché c’è gente che non riesce più a pagare le tasse, gente che non ce la fa più”. E’ possibile, anzi è certo: qualcuno non ce la fa più a pagare le tasse, se le paga. Ma chi stabilisce, autentica e certifica chi è quel “qualcuno” che davvero non ce la fa più? A domanda l’assemblea dei commercfianti risponderebbe in unanime coro: “Noi!”. E così farebbe l’assemblea degli artigiani e quella dei tassisti e quella dei trasportatori e quella dei ristoratori, e quella dei commessi…I commessi e i camerieri non proprio perché loro difficilmente le tasse le pagano visto che a buona maggioranza lavorano e vengono fatti lavorare a nero. Proclamare l’evasione peccato ma assolvere dal peccato gli evasori come fa Sangalli significa, spiace dirlo, offrire non una spegazione ma una giustificazione, un alibi. E quasi sempre un alibi di corporazione.

Dice Sangalli “l’evasore va capito”. No, proprio no, non c’è nulla da capire. Se e quando c’è “evasione da difficoltà”, l’evasore fiscale va aiutato. Dalla Agenzia delle Entrate con dilazioni di pagamento e rateizzazioni, non con un “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato” sancito ed estorto allo Stato dalla categoria-lobby di riferimento. Altrimenti quella di Sangalli è la riproposizione gemella della brutta storia dello “abusivismo di necessità”, schermo dietro il quale si sono riparati tutti quelli che si sono fatti una casa abusiva. E poi, se qualcuno non ce la fa più a pagare le tasse, se bisogna cercare le “ragioni” dell’evasione, la ragione prima è che ci sono milioni di italiani che le tasse non le pagano se non dopo averle tagliate e “autoridotte” con l’evasione. Centinaia di miliardi all’anno di evasione fiscale hanno fatto e fanno la ricchezza di chi può dichiarare al fisco il suo reddito di fatto senza nessun rapporto di realtà con quanto davvero guadagna. Sono milioni di italiani che vanno tutt’altro che capiti e ascoltati: l’evasione da calcolo e abitudine è la regola, l’evasione “da necessità” è l’eccezione. Rovesciare la frittata come fa Sangalli è, per dirla con Sartori, “medicina demagogica e irresponsabile”.

Medicina, anzi “doping” somministrato a un paese che, dalla testa ai piedi, non vuol sapere, non vuol sentire. Dalla “riforma fiscale” tutti si aspettano meno tasse da pagare. E sarebbe perfino possibile oltre che utile all’economia. Alla sola condizione, come spiega Roberto Perotti sul Sole 24 ore, di una massiccia “riduzione della spesa”. Perotti è drastico nella sua prognosi infausta: “Non si farà”. Non si farà perché nessuna delle categorie, nessun sindacato, nessun partito, nessun leader è disposto, disponibile, in grado e in condizione di tagliare la spesa. Spiega Perotti che il miracolo annunciato di meno Irpef pareggiata da meno Iva, oppure delle tre aliquote “più basse” secondo Berlusconi pagate dalla “tassa sulla rendita” come predica Bersani o sui “grandi patrimoni” come raccontano la Camusso e Vendola è miracolo che non sta nè nella terra dei conti nè nel cielo dei bilanci. Tagliati un miliardo o due alla politica, portato a casa un miliardo dalla tassazione sulla rendita finanziaria, trovati un altro paio di miliardi dall’asciugar esenzioni fiscali, ne mancano almeno altri dieci per abbassare seriamente le tasse sul reddito, il lavoro e l’impresa. Possono venire solo dallo spendere meno per le pensioni, la sanità, la Pubblica Amministrazione. Praticamente una bestemmia nella chiesa dei partiti, del governo, della maggioranza, dell’opposizione, dei sindacati e anche…dell’elettorato. Non si farà dice Perotti e invece si continuerà a tentar di fare quel che predica Sangalli: il “mio” evasore è buono, il “tuo” è cattivo. Come scrive Sartori, “demagogia irresponsabile” che parte da Bossi e Berlusconi, scende per i Sangalli e arriva fino agli indignati precari. Una prova, la più fresca, l’ultima di giornata? Quel Paolo Romani ministro che ai commercianti giura “L’Iva non verrà toccata”. Amen.