Dopo aver combattuto tre guerre sui confini, India e Pakistan si confrontano ora in un bombardamento informatico sulla rete internet. Da un po’ di giorni gli hacker indiani e quelli pachistani stanno combattendo a colpi di bit facendo tremare i rispettivi sistemi di sicurezza nazionale.
Per l’India, che vanta una superiorità tecnologica nell’hi-tech, è un vero e proprio smacco. Da ieri sera alcuni siti internet indiani, tra cui quello della potente polizia investigativa Cbi, sono fuori uso dopo un’incursione di un sedicente gruppo di pirati informatici pachistani che si firma “Predators Pk” e che ha lasciato come segno della sua presenza una pagina piena di ammonimenti contro i rivali indiani.
Si tratta infatti di una vendetta incrociata. La scorsa settimana, gli hacker dell’Esercito cibernetico indiano (Indian Cyber Army o Ica) avevano penetrato un importante server pachistano che ospita diversi website di ministeri e di enti governativi. Il “raid virtuale” era avvenuto in coincidenza con il secondo anniversario dell’attacco terroristico di Mumbai del 26 novembre 2008 che, secondo New Delhi, è stato compiuto da un gruppo di militanti pachistani con la compiacenza di “apparati di sicurezza” di Islamabad.
I siti piratati sono stati una quarantina, ma nessuno di loro è stato “deturpato” dagli incursori che si sono limitati a segnalare la loro “presenza” con un annuncio e con delle e-mail. Nel caso invece dei “Predators Pk”, i danni sono stati ben più gravi. Secondo quanto riferisce il quotidiano pachistano The Express Tribune, i website indiani attaccati sono stati 270 e il giornale ne pubblica anche l’elenco. Sono siti governativi, imprese private, ong, partiti e perfino gruppi religiosi. Tra di loro c’è perfino il Centro nazionale di informatica (Nic).
“Non provocateci – si legge in uno dei messaggi lasciati da un hacker denominato HEX786 – e smettete di attaccare il sistema informatico pachistano. Altrimenti la nostra replica sarà dura. I vostri meccanismi di protezione sono buoni, ma come vedete li abbiamo violati”.
In serata, un portavoce del Cbi, che è una sorta di Fbi indiana, ha fatto sapere di aver presentato una denuncia contro ignoti e che i tecnici sono al lavoro per ripristinare il sito, che contiene informazioni per il pubblico.
Già in passato, l’India era stata attaccata da pirati informatici cinesi e, secondo gli esperti, sembra che il livello di protezione generale dei server, soprattutto di quelli più sensibili, sia inadeguato.
La “guerra cibernetica” non è ancora percepita come una vera minaccia dal governo indiano nonostante l’emergere del Paese come polo mondiale dell’informatica. Secondo un recente rapporto di Symantec sugli attacchi informatici, la Cina è al primo posto con l’86% di internauti vittime di pirateria, seguita da India e Brasile con il 76%.
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