ROMA – “Ingovernabilità e caos politico rischiano di accompagnarci per molti anni a venire” e sono la conseguenza della “scelta irresponsabile di Berlusconi e dei suoi fedelissimi, compiuta in spregio persino alle regole di un partito personale, ha il sapore amaro dei gesti inconsulti e disperati. Non serve a nulla. Non modifica di un palmo il destino giudiziario del Cavaliere, ma spinge un Paese in ostaggio sull’orlo di un nuovo baratro”.
Ha inizio con queste durissime parole l’editoriale di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, sulla edizione di lunedì 30 settembre, dal titolo “L’indignazione dei moderati”.
Segue un paragone storico molto cupo:
“Arcore si è trasformata nel Ridotto della Valtellina del berlusconismo”.
Il ridotto della Valtellina era il sogno di Mussolini, un’area fortificata in questa bellissima valle della Lombardia, da dove condurre l’estrema resistenza contro alleati anglo americani e partigiani. Mussolini fu catturato e fucilato sulla strada di quell’improbabile estrema resistenza.
La spallata al governo Letta da parte di Berlusconi “procura un danno incalcolabile soprattutto al proprio elettorato di riferimento formato da famiglie e imprese. Tutto ciò che è stato fatto dal governo, sostenuto anche dal Pdl, poco o tanto che sia — dagli incentivi all’occupazione giovanile al pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione — finisce nel cestino del risentimento. L’aumento dell’Iva senza il precipitare della crisi, sarebbe stato probabilmente scongiurato, fermo restando il fatto che tutti, esponenti del Pdl compresi, lo davano per inevitabile, pur nella rimodulazione delle aliquote, nel 2014”.
L’argomento usato da Berlusconi,
“di una reazione d’impulso all’eccesso di tassazione, è strumentale e privo di senso. Il gettito del rincaro dell’Iva era già compreso nei saldi di bilancio. Monti lo decise sostituendo la vecchia clausola di salvaguardia dell’esecutivo Berlusconi che tagliava linearmente le agevolazioni fiscali. Il precedente aumento dell’Iva (dal 20 al 21%), va ricordato, è del settembre 2011. E premier era ancora Berlusconi.[…]
“I costi del pronunciamiento di Arcore, nel caso la situazione precipitasse e si andasse a nuove elezioni, sono presto fatti:1. I modesti segnali di ripresa svaniscono.2. I grandi investitori internazionali diffidano ancora di più di un Paese che non capiscono, e nel quale non rischiano i loro soldi.3. Il costo del debito è destinato a salire.4. La seconda rata dell’Imu si paga, niente rimborsi alle imprese.5. La riduzione del cuneo fiscale ritorna nel cassetto delle buone intenzioni.6. Le imprese continuano a morire, e molte altre non riescono a sfruttare la brezza della ripresa a vantaggio dei loro concorrenti di Paesi più stabili e seri.7. Difficile rifinanziare la cassa integrazione in deroga.8. I posti di lavoro continuano a diminuire.9. La legge di Stabilità, con il rischio sullo sfondo di un imbarazzante esercizio provvisorio, viene scritta su dettatura di Bruxelles.10. I benefici di un’uscita nel maggio scorso da una procedura di deficit eccessivo, scompaiono.11. Il governo che vincerà le prossime elezioni — magari ancora con la vergogna di una legge come il Porcellum che la Corte costituzionale si appresta a dichiarare illegittima — sarà probabilmente costretto a firmare una resa incondizionata alla troika formata da Unione Europea, Banca centrale e Fondo monetario.Esito certo: più tasse.
De Bortoli non si ferma alla invettiva contro Berlusconi e amaramente constata:
“Il governo delle larghe intese è morto il giorno stesso della sentenza definitiva su Berlusconi. In quel momento, il tentativo di parziale pacificazione da cui era nato il governo Letta (e che rispondeva alla richiesta fatta dal presidente della Repubblica nel discorso di accettazione del suo secondo mandato) è definitivamente naufragato.“Dopo la sentenza, è diventato a tutti chiaro che la vita del governo era ormai appesa a un filo, si è subito aperta, di fatto, la campagna elettorale. E il Governo ne è diventato la vittima.“Tra chi ritiene che la sentenza e l’imminente voto sulla decadenza rappresentino un «golpe», la liquidazione per via giudiziaria del capo del Pdl, e chi ritiene, invece, che ciò sia il frutto dell’ineccepibile funzionamento dello Stato di diritto, nessun dialogo è possibile.“Sulla questione della decadenza di Berlusconi si è andata formando una maggioranza di fatto Pd-Cinquestelle alternativa alla maggioranza (Pd-Pdl-centristi) che continuava a sostenere il governo.
Da parte dei sostenitori di Berlusconi venivano sottolineate la “intollerabile rigidità e la intransigenza” del Pd, ma, riconosce De Bortoli, che altro avrebbe potuto fare il Pd, “partito che risponde a militanti ed elettori fieramente antiberlusconiani: avrebbe decretato la propria fine politica se avesse adottato una posizione più morbida (che pure qualcuno, dall’interno del Pd, aveva inizialmente suggerito). Nemmeno Matteo Renzi è stato in grado di smarcarsi dalla linea del partito”.
Avverte inoltre De Bortoli che
“nel frattempo, si avvicina il momento della sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale. Se verrà decretata l’incostituzionalità del premio di maggioranza, ci ritroveremo con un sistema elettorale proporzionale. E poiché è difficile, in queste condizioni, che possa nascere un accordo per una nuova legge elettorale, è con la proporzionale, e un sistema dei partiti esausto e frantumato, che andremo probabilmente a votare. Ingovernabilità e caos politico rischiano di accompagnarci per molti anni a venire”.
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