Da Tor Sapienza all’Infernetto quelle periferie inghiottite dal buio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Novembre 2014 - 15:34 OLTRE 6 MESI FA
Un blindato del Reparto Mobile della Polizia all'esterno del centro di accoglienza per immigrati in Via Morandi a Roma dopo gli scontri tra residenti e immigrati

Un blindato del Reparto Mobile della Polizia all’esterno del centro di accoglienza per immigrati in Via Morandi a Roma dopo gli scontri tra residenti e immigrati

ROMA – “Tor Sapienza è il posto giusto per nascondere ciò che non va mostrato: nel dopoguerra munizioni sottratte ai tedeschi, oggi profughi, nomadi, occupazioni abusive d’immobili e allarmi ecologici. Diossina e abbandono – scrive Giacomo Galeazzi della Stampa – La periferia est della capitale brucia rabbia al centro-profughi e rifiuti al campo rom”.

L’articolo completo di Giacomo Galeazzi della Stampa:

La periferia est della capitale brucia rabbia al centro-profughi e rifiuti al campo rom. Di tossico nella borgata in fiamme non c’è solo la rivolta degli abitanti contro i richiedenti asilo ma anche la nube nera della spazzatura incendiata giorno e notte dai nomadi per recuperare rame. Una «terra dei fuochi» alle porte di Roma. «Tor Sapienza è una bomba innescata e tecnicamente i presupposti per un disastro del genere c’erano da tempo – spiega il sociologo Domenico De Masi -. Un ambiente degradato: natura e società in sofferenza per colpa della pessima gestione del territorio». Qui «si è concentrata la parte più povera della popolazione in un luogo lontano dal centro, tra centri profughi, campi rom e immigrazione fuori controllo», analizza De Masi. Da sempre nella borgata «converge chi fugge dall’indigenza in cerca di lavoro: prima scappavano dal Mezzogiorno, adesso dall’Africa».
Un profilo urbanistico da «deriva metropolitana». Dentro i palazzoni di viale Morandi il centinaio di profughi rappresenta l’ultima ondata. Prima di loro, un secolo fa, immigrati dalle campagne abruzzesi e calabresi. L’attuale nucleo urbano è l’allargamento della «Cooperativa dell’Agro Romano» fondata nel 1923 dal ferroviere molisano Michele Testa. Da allora le amministrazioni centrali e locali, di ogni colore politico ed epoca, hanno trovato in Tor Sapienza un «non luogo» adatto alle strutture respinte da altri quartieri. «Fino a farne ufficialmente un ghetto», documenta Daniele Rinaldi, consigliere del quinto municipio. La lista delle «ferite» è interminabile e un altro centro di prima accoglienza era in allestimento a via Rucellai. Stavolta però la gente è scesa in strada. E non si rassegna più.
«Non basta il residence di via Morandi dove gli immigrati si affacciano nudi e gettano oggetti dai balconi? Non si dorme per la musica a tutto volume», afferma Antonella Simoni. Quando fu aperto nel 2011, su decisione del governo alla quale la giunta Alemanno non si è opposta, doveva essere una «sistemazione temporanea». Ma le commissioni impiegano in media un anno per elaborare le pratiche, quindi chi chiede asilo soggiorna a tempo indeterminato. «Municipio e Campidoglio non hanno mai bloccato le decisioni centrali», puntualizza Rinaldi. Insomma, a forza di scelte calate dall’alto, Tor Sapienza è uno «slum» da staccare il più possibile dal resto della città. A via Salviati, in uno dei campi rom più turbolenti, viene bruciata la plastica sottratta ai cassonetti. Da poco un incendio ha distrutto il deposito dell’azienda dei rifiuti Ama. Una rappresaglia per operazioni di bonifica ambientale del Comune. A via Staderini, al confine con Tor Tre Teste, proteste e tensioni anche al centro profughi di via Staderini. A unire mattatoio, capannoni abbandonati, sfasciacarrozze e sale bingo i vialoni bui della prostituzione maschile e femminile «no stop», lungo i quali è stata persino deviata la linea 508 dell’autobus. Tragitto troppo pericoloso. Ovunque siepi non potate da anni, illuminazione guasta e collegamenti soppressi nel piano di riordino del trasporto pubblico.
Il cuore incattivito di Tor Sapienza è un complesso di case popolari al cui pian terreno negozi, garage e locali commerciali sono stati occupati abusivamente da etnie ostili tra loro e con i residenti italiani. Dopo la contestazione di venerdì al sindaco Ignazio Marino si respira un’atmosfera di diffidente attesa. Il centro per i rifugiati assaltato con pietre e bombe carta è sempre presidiato dalle forze dell’ordine. «Ci sentiamo stranieri in casa nostra, circondati da immigrati, nomadi, trans, scippatori e ubriachi», racconta Tullio. «Martedì non ce ne andremo dal Campidoglio senza la promessa che vengano sgomberati il centro e i locali occupati dai romeni che vivono nei sottoscala pagando in nero il parroco di una chiesa ortodossa», promette Manlio, rappresentante degli abitanti di viale Morandi, epicentro della sollevazione. Marino l’ha promesso: via il degrado, più lampioni e meno sporcizia.
«Speriamo sia così, altrimenti non so cosa potrà succedere», scuote la testa. Affiora una soluzione: «Nel centro vengano ospitate solo ragazze madri in difficoltà con i loro bambini, non ci interessa che siano italiane o straniere. La delegazione di cittadini non farà sconti. «Lavoreremo su progetti condivisi», mette le mani avanti il Comune. «Stavolta non ci faremo fregare – replicano nel ghetto in subbuglio -.Via i rifugiati e i nomadi. Non vogliamo più essere la discarica dei problemi di Roma».

Da Tor Sapienza all’Infernetto quelle periferie inghiottite dal buio. L’articolo di Mimmo Calopresti di Repubblica:

Fanno paura, hanno paura. Sono finiti in un posto di Roma lontano da Roma. Un gruppo di persone, degli adulti e qualche ragazzo, mi dicono che me ne devo andare. Sono davanti a un cancello in un luogo senza dimensione e senza nessuna caratteristica che mi permetta di definirlo, vorrei dire che sono nel nulla, ma anche questo mi sembra troppo, sono nel niente.
Siamo ai margini della città insieme a Giosuè che è preoccupato perché stanno arrivando all’Infernetto, nel quartiere dove abita un gruppo di ragazzi che sono dovuti andare via da Tor Sapienza, cacciati dagli abitanti del quartiere. «Qui hanno provato a mandare tutti, tossici e nomadi senza casa, adesso è l’ora di questi che nessuno vuole. Qui c’è buio, le strade sono rotte e non c’è una macchina della polizia nei dintorni. Siamo i vicini di casa del presidente della Repubblica, della sua residenza estiva e nessuno si occupa di noi». L’Infernetto è delimitato dalla tenuta estiva del presidente della Repubblica a Castelporziano, dalla Colombo e dalla Strada del mare, quella porta ad Ostia. Una miriade di casette basse circondate da un piccolo giardino. «Facevo il pilota mi sono comprato un pezzo di terreno e trasferito qui per avere il mio giardinetto davanti a casa. Mai mi sarei aspettato di diventare prigioniero di questo quartiere di cui nessuno si vuole occupare, che nessuno ama, ho chiesto aiuto a tutti ma nessuno è disposto ad ascoltarci». Si avvicina un ragazzo alto e con un italiano arrangiato. «Ve ne dovete andare». Non ho paura dei suoi toni bruschi e scortesi, so bene, se oggi è qui è perché anche lui ha paura di restare a casa sua, dove è nato, dove forse c’è la guerra, e in fondo questo nulla che lo circonda è già qualcosa, sicuramente è più tranquillo dell’orrore da cui è fuggito. Mi chiedo se sa dov’è? Se sa che cos’è l’Infernetto e se ha mai visto il Colosseo. «C’è il caos qui», insiste Giosuè . Io continuo ad insistere che c ‘è solo normalità e basta. Solamente non c’è abbastanza luce per illuminare le strade e le vite delle persone che vivono qui. O almeno c’è n’è troppa poca per un’inquadratura decente, bisogna accontentarsi di dettagli e spezzoni di un film che bisognerebbe riuscire a fare. «Erano casinari, un po’ prepotenti e anche un po’ stronzi», almeno così si dice al bar che c’è vicino a questo centro di accoglienza per minori e rifugiati politici. «Rubano le buste della spesa ai pensionati».
Mi guardo intorno e cerco di mettere a fuoco questo paesaggio, dove tutto è povero. Le case il cemento le strade, un giardino, un grande prato sullo sfondo, il trafficone di uno stradone, tutto troppo anonimo. La periferia è periferia. Tor Sapienza è un quartiere ai margini di Roma, è lontana, il centro della città lo vedi la sera in televisione al telegiornale quando quasi sempre è la politica che prende la parola. Il generatore della luce è rotto da trent’anni, cioè da sempre, quando cala la luce del sole tutto è inghiottito dal buio fitto. Comincia il coprifuoco, e in giro ci sono solo quelli che non hanno paura oppure quelli che fanno paura. Ci sarebbe bisogno di più luce in viale Giorgio Morandi, per illuminare le strade e per poter raccontare le vite di chi le attraversa, queste strade. Bisognerebbe avere il coraggio di accendere le luci sulle loro vite, cercare lo straordinario di quel vivere e preparare uno spettacolo decente per cominciare a respirare la vita del mondo e non restare soffocati da questo regno di poco e niente. Qui impera la normalità, meglio ancora lo squallore della normalità, un posto dove se non dai l’assalto ad un centro d’immigrati nessuno s’accor- ge che esisti. Tutti i giorni la stessa vita, un po’ da quartiere dormitorio, qualche perenne disoccupato che vaga da un posto all’altro senza fermarsi mai in questo acquario di cemento. Per la verità il verde c’è e anche qualche giardinetto e un pratone dove portare il cane. Ci sono anche tanti cassonetti dell’immondizia. Dei nomadi, imperterriti qualunque cosa succeda, continuano a rovistare nell’immondizia per recuperare qualunque cosa. Ti arrivano voci sussurri bisbigli che passano di bocca in bocca. «Al centro i ragazzi, i neri, sì perché quelli del centro sono tutti neri, mangiano carne tutti i giorni e quando c’è quella di maiale che loro non mangiano per religione, la buttano fuori dalla finestra. Proprio qui che è pieno di gente che non ha i soldi per dare da mangiare ai propri figli». Allora t’incazzi e dici che se ne devono andare. Quando qualche giorno fa una giovane mamma ha appena urlato che tre stranieri hanno cercato di saltarle addosso mentre il suo bulldog scorrazzava sul pratone. Sono scesi tutti insieme per strada, soprattutto quelli del serpentone che si affaccia sul centro e stanno con le tapparelle sempre abbassate per non vedere quelli di fronte che girano nudi per le stanze.
Le voci circolano e alimentano il fuoco dell’indignazione. «Siamo uniti e quei bastardi se ne devono andare e se arriva la polizia c’è n’è per tutti». Niente di eroico e indimenticabile, solo un’incazzatura irrefrenabile. E alla fine i neri vengono portati via e la normalità nelle strade torna sovrana. Non si può aggiungere disagio a disagio. Arriva il buio della notte e tutto ritorna nell’anonimato.
Tornando a casa mi viene in mente Giorgio Morandi, pittore italiano di paesaggi e nature morte: sublime la sua luce che rende delle inerti bottiglie di vetro oggetti intimi e poetici. Viale Morandi è il posto dove c’è il centro a Tor Sapienza.

L’Infernetto scende in piazza: “No agli immigrati di Tor Sapienza”. L’articolo del Messaggero:

«Noi qui non ce li vogliamo, vadano via». Queste le parole di alcuni dei residenti dell’Infernetto, quartiere a sud di Roma dove oggi un centinaio di manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro il trasferimento di una parte degli immigrati di Tor Sapienza nel centro L e Betulle di via Salorno.
«Siamo come a Tor Sapienza – dice una manifestante – ogni giorno ci sono furti negli appartamenti e nelle ville, questi nuovi immigrati non faranno altro che incrementare la criminalità». La manifestazione si è svolta un in clima sereno sotto il controllo di polizia e carabinieri che sorvegliano il centro, per ora blindato.

Momenti di tensione quando alcune cittadine hanno provato a spiegare che “la colpa non ė di quei ragazzi che sono stati sbattuti qua dentro, ma delle istituzioni che funzionano male”. Sono volate risposta c’è: “Portateveli a casa vostra”.

All’interno della struttura alcuni immigrati appaiono scossi dalla presenza dei manifestanti. Sul posto anche il consigliere di Fratelli d’Italia Monica Picca che ha annunciato la volontà di organizzare una fiaccolata di protesta per i prossimi giorni.

Ieri alcuni degli adolescenti stranieri appena trasferiti si erano picchiati tra loro ed erano dovuti intervenire i carabinieri. In quattro, tutti egiziani di 17 anni, sono finiti in ospedale.