ROMA – “Urbano Cairo – scrive Claudio Plazzotta di Italia Oggi – che in appena 12 mesi ha risanato i conti per 12 anni inguardabili di La7, è sotto accusa. Le case editrici, la pubblicità o le tv, in questo caso, non c’entrano. Sono in agitazione i tifosi granata, scontenti della campagna cessioni del Torino football club spa (di cui Cairo è presidente e azionista di controllo): via Ciro Immobile (19,4 milioni di euro), via Alessio Cerci (15 milioni), nessun rinforzo ritenuto adeguato”.
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Anche un fedelissimo di Cairo, il comico Piero Chiambretti, non risparmia ironie: «Vado a dormire aspettando un rinforzo. Mi sveglio e c’è Amauri. Torno a letto». Durissime pure le parole di Massimo Gramellini, vicedirettore della Stampa e grande tifoso del Toro: «Presidente, da dove le viene questo impulso a rovinare tutto? In coda a tanti anni di errori e di patimenti, le prodezze dell’ultimo campionato avevano riportato l’entusiasmo nei cuori e i bambini sugli spalti_ Mi rifiuto di credere che lei utilizzerà i milioni di Cerci fuori dal Toro. Perciò mi sfuggono le ragioni di una scelta tanto miope e castrante, così diversa da quelle che ha compiuto in tv, dove non solo ha tenuto tutti i migliori, ma ha preso Floris, mica Bruno Vespa».
Ora, il tifo è bello proprio perché irrazionale e di pancia. Ma, per onore di verità, la storia va raccontata dall’inizio alla fine, e non solo a pezzi. Il Torino viene rilevato da Cairo nell’estate del 2005. Dall’esercizio 2005 all’esercizio 2012 i bilanci della società calcistica chiudono irrimediabilmente in rosso, per un totale di 58,3 milioni di perdite, tutte ripianate dal signor Urbano Cairo. Quasi 60 milioni di euro versati da un unico imprenditore che, certo, è ricco, ma non è un magnate russo o arabo. Il tutto mentre i costi del personale (leggi: gli stipendi dei calciatori del Toro) decollano: dai 20,6 mln del 2011 ai 27,6 mln del 2012.
Arriva, finalmente, l’esercizio 2013, in cui il Torino, da gennaio a dicembre, gioca sempre in serie A: i ricavi da diritti televisivi salgono a 33,7 mln, c’è la plusvalenza di 13 milioni di euro per la cessione di Angelo Ogbonna alla Juventus, e poi 6,5 mln dagli sponsor e dalla pubblicità, 3,3 mln dalla biglietteria e 1,87 mln dagli abbonamenti. Insomma, il valore della produzione raddoppia rispetto al 2012 e arriva a 64,2 mln. Salgono pure i costi del personale, a 30,1 mln. Ma il mol è positivo. Ci sono poi degli oneri finanziari che abbattono parzialmente il risultato finale, con un bilancio che comunque, e per la prima volta sotto la gestione Cairo, si chiude con un utile: 1 mln di euro, dopo 58 milioni di perdite.
Abbastanza naturale, perciò, che l’azionista di riferimento del Torino abbia ritenuto opportuno cercare di massimizzare gli utili pure nell’esercizio 2014. Che si è aperto con plusvalenze per 3,155 mln nel mercato di gennaio (Danilo D’Ambrosio ceduto all’Inter). Nel mercato estivo, invece, il Torino, in base ai calcoli di Transfermarkt, chiude con un saldo positivo di 8,66 mln, frutto di 35,56 milioni di euro incassati dalle cessioni (da ricordare che Immobile era in comproprietà con la Juventus), e di 26,9 mln spesi per gli acquisti, per una rosa che, complessivamente, ora vale 60,7 milioni di euro, e dove spiccano Matteo Darmian (8 mln) e Kamil Glik (6 mln).
Giocando la serie A e l’Europa league, si può supporre che l’esercizio 2014 del Torino Fc spa si chiuderà con altri utili, che andranno, ma solo in piccola parte, a coprire l’enorme disavanzo ripianato sinora da Cairo. Magari, nel 2015, il presidente risparmierà ai tifosi altre dolorose vendite (Darmian o Glik, per l’appunto). Ma è giusto ricordare che quelle di Immobile (19,4 mln), Cerci (15 mln) e Ogbonna (13 mln) sono state le tre più importanti cessioni per valore economico di tutta la storia del Torino. La quarta risale al campionato 1992-1993: Gianluigi Lentini al Milan per un importo, almeno ufficiale, di 9,55 mln.