Giorgio Napolitano, Matteo Renzi, Pd e ‘larghe intese’: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Aprile 2013 - 08:28 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Partiti sordi. Schiaffo del Presidente”. Virtù repubblicane. Editoriale di Antonio Polito:

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“Oggi che l’espressione «uomo del secolo scorso» suona quasi come un insulto, bisogna onorarla in Giorgio Napolitano, nato nel 1925, appena sette anni dopo la fine della Grande Guerra, e appena chiamato ad altri sette anni di servizio alla Repubblica, che gli auguriamo duri fino al 2020. Perché è vero che i giovani sono il nerbo di una nazione, ma ci sono momenti in cui anche loro hanno bisogno della lezione dei padri della patria.
Questo è stato, una lezione di virtù repubblicana, il discorso breve, severo, ma intriso di commozione personale, con cui Napolitano non ha parlato al Paese, ma in nome del Paese. Ai parlamentari ha detto: la politica non è uno stato di guerra di tutti contro tutti, è un modo di governare la cosa pubblica; come tutti gli italiani, sono stanco di ricordarvelo; voi non rappresentate qui le vostre fazioni, e nemmeno i vostri elettorati, ma la nazione intera.
Il presidente, pur sempre esplicito, non aveva mai parlato così fuori dai denti. Ha indicato le cause del misero stato attuale nella «lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità» dei partiti. Ha indicato nella «imperdonabile» mancata riforma del Porcellum la causa dell’ingovernabilità, e nella gara per la conquista del suo «abnorme premio» il miraggio che ha incantato il Pd di Bersani, «vincitore che ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza» (del resto anche il vincitore precedente, che nel 2008 aveva ottenuto una ben più solida maggioranza, se l’era vista evaporare nel giro di due anni). Ha poi ricordato al Movimento 5 Stelle che la via del cambiamento non è nella contrapposizione tra Parlamento e Paese, e che tutti i partiti e i movimenti politici sono comunque vincolati «all’imperativo costituzionale del metodo democratico» (frase, almeno quella, che i parlamentari grillini avrebbero fatto bene ad applaudire)”.

Applausi in Cambio di una Strigliata che Ognuno Pensa sia per il Rivale. Articolo di Gian Antonio Stella:

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“Ma accolgono ogni ceffone in faccia, guancia destra e guancia sinistra, come se fosse rivolto ad altri. Chi? Altri. Ma quali altri? Boh… Mai e poi mai a loro.
«Ci ha fatto un mazzo a quadretti e come grandi elettori ce lo meritavamo», riconoscerà con onesto imbarazzo il governatore ligure Claudio Burlando: «Ci ha detto che siamo stati a trastullarci di votazione in votazione anziché trovare un’intesa nell’interesse del Paese. Tanto più in un momento che per il Paese è drammatico». «La cosa divertente è che ho visto battergli le mani», ride Felice Casson, «colleghi che nei giorni scorsi hanno fatto l’esatto contrario di quello che il Presidente ci raccomanda». «E che domani hanno intenzione di restare esattamente inchiodati là dove stavano ieri», rincara Claudio Bressa.
Ugo Sposetti invita a non chiamare «Anonima Sicari» i franchi tiratori: «In passato hanno consentito di bocciare alcune candidature sbagliate per far passare uomini come Sandro Pertini o Oscar Luigi Scalfaro». A proposito, ha votato per Marini e poi per Prodi? «Il voto è segreto, lo dice la Costituzione». Ma se il partito aveva deciso… «Come: per alzata di mano?» Il senatore democratico Andrea Marcucci lo rivendica: «Dopo le campagne diffamatorie degli ultimi giorni oggi riaffermiamo l’orgoglio di aver votato Napolitano e non gli altri candidati in gara».
Manco il tempo di sfollare verso le uscite ed ecco «il giovane turco» Matteo Orfini interpretare già a modo suo il monito del presidente: «Un discorso perfetto, ineccepibile che chiede un’assunzione di responsabilità da parte di tutti per un accordo comune di governo». Però… Però «è importante che il sostegno arrivi da parte delle tre principali forze politiche. Se non c’è il MoVimento 5 Stelle cambia tutto e io sono contrario a un patto politico tra Pd e Pdl». Quindi? «Il voto di fiducia è un voto di coscienza, non c’è disciplina di partito… Se sono contrario voto contro». Poco più in là il deputato grillino Giorgio Girgis Sorial butta lì: «L’ultima volta che ho sentito un discorso così era quando in Egitto si è insediato Morsi».
Avrebbe potuto scommetterci prima ancora di scendere sotto la pioggia dal Quirinale verso Montecitorio, Napolitano, di essere destinato a ricevere inchini e baciamano, elogi e salamelecchi, senza però riuscire a scalfire la scorza di tanti. Troppo duro, lo scontro dei giorni scorsi. Troppo profonde le fratture”.

Tanti elogi e (poca) freddezza. La rabbia dei Cinquestelle i giudizi. Scrive Lorenzo Fuccaro:

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“l più entusiasta è Silvio Berlusconi, che non lesina parole di apprezzamento nei confronti di Giorgio Napolitano, come se fosse il «suo presidente». E a rivelarlo è una battuta che consegna ai cronisti, ricordando un episodio del 1994: «Napolitano ha il vizio di non essere comunista. Quando fui a capo del governo lui fece un intervento. Allora mi alzai dai banchi del governo e salii i gradini dove c’erano i deputati del Pds per andare a stringergli la mano». E oggi, rivela, «ho pregato le mie parlamentari di cambiare l’inno del Pdl: “meno male che Giorgio c’è”». Berlusconi fa un ampio ricorso ai superlativi: «È il discorso più straordinario che abbia ascoltato in vent’anni di vita politica». Non solo. «In questo momento — insiste — è il miglior presidente che potessimo avere». Altrettanto caloroso (ma meno enfatico) il leader leghista, Roberto Maroni. «Bene Napolitano — scrive su Twitter — governo subito o tutti a casa”.

Un compromesso per fermare l’ingovernabilità. La nota politica di Massimo Franco:

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” E’ paradossale che tocchi a Giorgio Napolitano archiviare non solo gli ultimi mesi di follia dei partiti, ma vent’anni di bipolarismo inconcludente: quello che ha segnato «una sorta di orrore», ha sottolineato amaro, di fronte ad alleanze politiche tra forze diverse. Il presidente della Repubblica appena rieletto aveva invitato a farlo per anni, inutilmente, ricevendo in cambio solo «tanti nulla di fatto», ha voluto ricordare con parole dure per quanti ieri lo hanno applaudito ripetutamente. È il modo in cui riporta in modo ultimativo la politica alle proprie responsabilità. E non perché ora può sciogliere le Camere: Napolitano avverte che non è al Quirinale per «prendere atto dell’ingovernabilità».
Vuole che l’Italia abbia un governo; e intende darglielo al più presto. La sua rielezione è un fatto storico inedito. Ed è figlia di una fase eccezionale. Ebbene, in nome di questa eccezionalità si impone un accordo fra Pd e Pdl. Da questo punto di vista la lettura della crisi è preoccupata, perfino allarmata. Ma la reazione che viene proposta non ha nulla del piccolo cabotaggio, dell’espediente per andare avanti un po’. Napolitano chiede ai partiti di archiviare un approccio che è diventato «regressione». E di mettersi d’accordo perché altrimenti è lo sfascio”.

La prima pagina de La Repubblica: “Napolitano, processo ai partiti”.

La Stampa: “Napolitano, ultimatum ai partiti”. L’arma delle dimissioni. Editoriale di Mario Calabresi:

“Il discorso con cui Giorgio Napolitano ha aperto il suo secondo mandato ha la forza straordinaria per ricomporre la frattura tra i cittadini e il Palazzo, per rompere la contrapposizione tra la piazza e le Istituzioni. A chi voleva leggere la rielezione come segno di continuità, il Presidente ha detto con estrema chiarezza che non ha accettato «l’ulteriore carico di responsabilità» per salvare questa classe politica, ma al contrario «per far uscire le Istituzioni dallo stallo fatale». Stallo in cui siamo finiti proprio per «le chiusure, le omissioni, i guasti e le irresponsabilità» dei partiti. Quei partiti di cui ha ricordato le colpe nel diffondersi della corruzione e nelle mancate riforme, gettate al vento nell’ultimo anno. L’uomo che entrò in Parlamento quasi 60 anni fa, giovanissimo deputato, è stato capace di parlare con la voce e la tensione al cambiamento degli italiani di oggi. Ma perché questo avvenga non basta invocare il nuovo a parole ma bisogna «misurarsi con i fatti reali» dando vita a programmi di governo. Uno sforzo a cui tutti devono offrire il loro contributo per soluzioni condivise ai problemi più urgenti”.

Masoch-citorio. Il buongiorno di Massimo Gramellini:

“Il discorso di Masoch-citorio, in cui il Presidente ha maltrattato i politici fra gli applausi scroscianti dei medesimi, ha provocato un immediato effetto di emulazione nelle altre categorie di furbacchioni del Paese. Pochi minuti dopo lo storico cazziatone presidenziale, veniva segnalato un assembramento di automobilisti in via Veneto: stavano portando in trionfo il vigile che li aveva multati per parcheggio in quadrupla fila (nella mischia qualcuno cercava di sfilargli i verbali dalle tasche). A riprova che da noi il senso di colpa prevale sempre su quello del ridicolo, nei dintorni di piazza del Popolo alcuni evasori fiscali con yacht a carico facevano la ola a una pattuglia della Guardia di Finanza, costringendola a passare sotto una cascata di scontrini, ovviamente falsi”.

Il Giornale: “Governo già fatto”. Cazziati e contenti. Editoriale di Vittorio Feltri:

Mai avremmo immaginato di elogia­re co­n sincero entusiasmo e convin­zione un comunista d’antico pelo e, invece, eccoci qui a farlo, unendoci al coro di quasi tutti gli italiani che, ammirati, hanno udito il discorso di Giorgio Napolitano, primo custode della Costituzione nella storia re­pubblicana a essere stato rieletto a furor di popo­lo al Quirinale. Ci voleva un uomo di 87 anni per mettere in riga un Parlamento nuovo e già allo sbando (dopo soltanto due mesi dalle consulta­zioni politiche nazionali), incapace di esprimere una maggioranza in grado di sostenere un gover­no o almeno un governicchio; un Parlamento liti­gioso, livoroso, umorale e irrazionale.
Le parole del vecchio (e neo) presidente sono risuonate nell’aula, tutt’altro che sorda e mica tanto grigia,come schiocchi di frusta,intimoren­do l’assemblea e, speriamo, richiamandola a un minimo senso di responsabilità.
Napolitano non ha risparmiato nessuno nella propria analisi lucida e spietata circa le manche­volezze della politica; ha schiaffeggiato anche, oserei dire specialmente, la sinistra dalla quale egli proviene e a cui ha dedicato oltre mezzo seco­lo di vita. Spiegati brevemente i motivi che lo han­no indotto ad accettare di rimanere- pur contro­voglia – al vertice delle istituzioni, ha esaminato punto su punto le grane che hanno bloccato il Pa­ese, riducendolo in tocchi, e ha criticato senza ti­midezze, come solo quelli su di età sanno fare per mancanza di attaccamento”.

Il Fatto Quotidiano: “Inciucio o vado via”. Sua castità. Editoriale di Marco Travaglio:

“Complimenti al regista, e anche allo sceneggiatore. Ieri, giorno III dell’Era Napolitana, l’Inciucio Day si è aperto di prima mattina nel supercarcere dell’Ucciardone (e dove se no?) con un sacrificio votivo sull’altare della Casta: un bel falò pirotecnico, non di agnelli o montoni o vergini inviolate, ma di nastri e bobine che immortalavano le quattro telefonate fra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’indagato per falsa testimonianza Nicola Mancino, implicato nella trattativa Stato-mafia. Con mirabile devozione e scelta di tempo, la Cassazione partecipava festosa all’incoronazione di Re Giorgio rendendo note le motivazioni della sacra pira: intercettare l’indagato Mancino senza prevedere che avrebbe chiamato il Quirinale per ricattarlo e senza rassegnarsi all’idea che la legge non è uguale per tutti fu, da parte dei giudici di Palermo, “un vulnus costituzionalmente rilevante”. Non contenti, i supremi cortigiani hanno disposto l’ennesimo rinvio della decisione sul trasloco dei processi a B. da Milano a Brescia, facendo slittare sine die il processo Ruby e allontanando così il giorno della sentenza, onde evitare che il noto puttaniere subisse un altro vulnus mentre s’appresta al trionfale ingresso nel governo di larghe intese. Illuminato e circonfuso da quel fuoco purificatore, il nuovo Re Sole si è recato in quel che resta del Parlamento per il tradizionale discorso della Corona”.