Governo, rottura Letta-Pdl; Siria, strage di bambini: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Agosto 2013 - 09:28 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Letta e il Pdl a un passo dalla rottura. Il Corriere della Sera: “Il premier Letta e il vicepremier Alfano hanno affrontato faccia a faccia il caso Berlusconi. Un confronto teso, durato due ore, al termine del quale le posizioni sono rimaste distanti. Alfano ha ribadito che per il Pdl è impossibile restare nella coalizione se il Pd vota per la decadenza di Berlusconi. Secco Enrico Letta: «Non accetto né ricatti né ultimatum». Fonti del Pdl hanno poi aggiunto che non c’è l’intenzione di far cadere il governo. Intesa invece tra premier e vicepremier sui temi economici, a cominciare da Imu e Iva.”

Letta al Pdl: non accetto ultimatum. L’articolo a firma di Marco Galluzzo:

“«Non accetto ricatti, né sono ammissibili ultimatum». Sono quasi le dieci di sera quando Enrico Letta riassume in questo modo l’esito dell’incontro con Angelino Alfano. Fra premier e vice il faccia a faccia è andato male, non c’è stata intesa sul metodo né sul merito della vicenda, l’argomento della decadenza del Cavaliere dalla carica di parlamentare è stato ampiamente sviscerato, in oltre due ore di colloquio a Palazzo Chigi, ma è stato quasi un dialogo fra sordi. Due posizioni pressapoco antitetiche. È andato male a giudizio di entrambi. Ma per il presidente del Consiglio secondo un argomento diverso da quello del segretario del Pdl: «È sbagliato sovrapporre due livelli che sono differenti e tali devono restare», ha detto il premier ad Alfano. Sbagliato perché «una cosa è l’agenda del Paese, le misure che dobbiamo approvare, il piano politico dell’azione dell’esecutivo, un’altra sono gli atti interni del Senato, la giunta si dovrà esprimere in base ad un’analisi giuridica, non politica, dunque i due piani sono distinti». Una posizione netta, priva di spiragli, che non incontra in alcun modo le valutazioni del segretario del Pdl. In sostanza Letta ha allargato le braccia: non è l’interlocutore giusto delle valutazioni del Pdl, non è quello politico il piano della vicenda, mischiare un procedimento parlamentare fondato su aspetti di diritto con la stabilità dell’esecutivo è un tentativo tanto pericoloso quanto sbagliato.”

L’ira di Berlusconi: non ci concedono nulla. L’articolo a firma di Paola Di Caro:

“È fermo Silvio Berlusconi. Molto pessimista ma netto nel porre le sue condizioni. A chi gli parla al telefono o riesce a penetrare nel bunker di Arcore per un saluto, un gesto di conforto, un incoraggiamento, ripete con chiarezza che lui in questo modo non si farà trattare, non come un malfattore, non come un peso di cui liberarsi. Serve un gesto, presto, che gli restituisca l’onore ancor più che l’agibilità politica. Quasi una patente di perseguitato politico, se non di innocente. Anzi, ne servono due: intanto, che il Pd non voti in giunta per le Elezioni per la sua decadenza da senatore. E assieme che Napolitano faccia nei suoi confronti un atto di clemenza: la grazia no, perché lui non la richiederà mai. Meglio, molto meglio, la commutazione della pena. Berlusconi sa bene che nulla potrà restituirgli l’agibilità piena che aveva ancora un mese fa. Glielo hanno spiegato i suoi avvocati, sia Coppi che Ghedini: non si faccia illusioni, nulla, nessuna decisione al mondo impedirà che, prima o poi, la sua capacità di fare politica come un tempo cessi. Perché forse già a settembre arriverà dalla Corte di appello di Milano il ricalcolo della pena accessoria al processo Mediaset, e cioè l’interdizione dai pubblici uffici per un tempo da stabilire fra uno e tre anni, e la Cassazione potrebbe renderla esecutiva già entro novembre. Dunque, la battaglia per prendere tempo in giunta, in sé, serve a poco se comunque le dimissioni saranno obbligate tra pochi mesi, e di conseguenza anche l’incandidabilità.”

Marino e la busta paga «Solo 4.500 euro» Gli altri sindaci: ci basta. L’articolo a firma di Ernesto Menicuccci:

“Che fine hanno fatto le battaglie anti-Casta sui costi della politica? «Forse si è ecceduto». Il piatto piange, il bilancio familiare ne risente: «Prima o poi bisognerà riequilibrare», insiste Marino che si rende conto che non è il momento di rivendicazioni salariali («non ci penso proprio»). Le sue parole, però, scatenano un vespaio. E il chirurgo dem si ritrova solo. All’Anci preferiscono non commentare, perché l’associazione «si occupa dei problemi dei Comuni, non dei singoli cittadini» e perché «tutti sanno, o dovrebbero sapere, prima di candidarsi quali sono le regole d’ingaggio». Anche perché, viene fatto notare, «solo i sindaci di città medio-grandi hanno retribuzioni buone: la stragrande maggioranza, in tutta la Penisola, prende indennità di mille o duemila euro al mese». Michele Emiliano, primo cittadino pd di Bari, rivela: «Lo stipendio di Marino? Forse a Roma hanno norme che rendono la retribuzione inferiore a quella possibile». Lei quanto guadagna? «Circa 5.800 euro netti al mese. Bari è città metropolitana, con 320 mila abitanti, la settima d’Italia». Racconta un aneddoto, Emiliano: «Come magistrato prendevo 1.500 euro in più al mese. E ci sono state lunghe discussioni familiari quando ho lasciato: sa, sul budget complessivo un taglio così ha il suo impatto…». Ma è giusto alzare gli stipendi dei sindaci? «L’indennità è congrua rispetto alla situazione dei salari. Siamo comunque dei soggetti privilegiati, anche se guadagniamo molto meno di parlamentari, consiglieri regionali, europarlamentari. Tutti politici che anno meno responsabilità di noi». Luigi de Magistris, a Napoli, prende ancora meno di Marino: «Circa 4.100 euro al mese. Ma certo non mi lamento, anche se lavoro 18 ore al giorno, gestisco tra Comune e partecipate 23 mila dipendenti. Ma abbiamo tenuto le indennità basse (fu una decisione della Iervolino, ndr ) per dare un segnale in un momento difficile».”

«Pensioni d’oro, un contributo per i giovani». L’articolo a firma di Enrico Marro:

“«Quello che stiamo studiando sulle pensioni d’oro è un intervento redistributivo e non per abbattere il deficit». La conferma è venuta ieri dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, al meeting di Comunione e liberazione, a Rimini. Insomma, non un prelievo per far cassa, né un contributo simbolico sulle pensioni più ricche (oltre 90mila euro) tipo quello che è stato bocciato di recente dalla Corte costituzionale perché imposto ai soli pensionati (con effetti discriminatori rispetto ai contribuenti con pari reddito ma di natura diversa). Quello allo studio è invece un intervento per dirottare risorse dalle pensioni medio-alte, in particolare quelle che contengono un forte “regalo” rispetto ai contributi versati, agli assegni più poveri, considerando che i giovani, ai quali la pensione verrà calcolata interamente col metodo contributivo (assegno commisurato ai versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa), rischiano di avere trattamenti insufficienti se non hanno una carriera di lavoro continua.”

Crisi, pressing Pdl su Letta. La Stampa: “Quasi tre ore di confronto ma alla fine le posizioni tra il premier Enrico Letta e il suo vice a Palazzo Chigi, Angelino Alfano restano «distanti» sull’agibilità politica di Silvio Berlusconi. Il segretario del Pdl ha evidenziato che «se il Partito democratico vota contro il Cavaliere in Senato», la maggioranza non c’è più. Il presidente del Consiglio: sarebbe paradossale farci cadere ora.”

A rischio Iva e tagli di spesa. L’articolo a firma di Roberto Giovannini:

“La carne, già bella frollata e insaporita, da mettere al fuoco ci sarebbe pure: l’Imu, l’Iva, i tagli nel pubblico impiego, i precari pubblici, il rifinanziamento della Cig, la questione degli esodati. Il guaio è che con questi chiari di luna, con una crisi di governo che sembra quasi inevitabile, il governo di Enrico Letta non ha più una bussola politica per orientarsi. Il Consiglio dei ministri del 28 agosto – quello delle decisioni – si avvicina. E in attesa di chiarimenti nel quadro politico, la macchina dell’Esecutivo rischia la paralisi. Come se non bastassero già le difficoltà di tipo economico-finanziario. Nel giro di una settimana, si calcola, ci sarebbe da recuperare da 2 a 4 miliardi, a seconda che si decida di cancellare tutta l’Imu 2013 (cosa molto improbabile) oppure solo la prima rata, per poi sostituirla con la Service Tax. Sicuramente un passo avanti – è stato fatto sapere da Palazzo Chigi – è rappresentato dal disgelo sul la questione Imu che ci sarebbe stato tra il premier Letta e il vicepremier Alfano. Trovarle queste risorse in ogni caso non sarà facile: un ventaglio di ipotesi, tutte difficilmente praticabili: da una nuova spending review all’aumento delle accise (esclusa la benzina) fino al taglio di agevolazioni e sconti fiscali. Oggi il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni riprenderà il confronto in sede tecnica. Bisognerà tener conto anche delle perplessità dei Comuni, già in allarme in primis perché temono di non veder garantite le risorse, come chiarisce il presidente dell’Anci Piero Fassino, ma anche perché l’arrivo di una nuova Service Tax rischia di essere difficile da applicare (e da riscuotere) e di penalizzare «i più deboli», dice il responsabile Finanza Locale dell’Anci, Guido Castelli.”

La prigione del raiss “Scarcerate Mubarak” Il vecchio Faraone verso la villa di Sharm. L’articolo a firma di Giovanni Cerruti:

“Aveva chiesto pure l’onore, i suoi gradi da generale dell’aeronautica. Ma almeno per questi il Tribunale ha detto di no, forse non se la sono sentita. Hosni Mubarak, il vecchio Faraone, dovrebbe lasciare la prigione di Torah in giornata. Dopo 850 giorni agli arresti. Libero o quasi libero. Senza passaporto e con soggiorno obbligato nella megavilla con vista Mar Rosso, destinazione Sharm el Sheik. Libertà condizionata, almeno fino al processo per complicità, o per non averle impedite, nelle stragi di Piazza Tahrir, all’inizio della sua fine. Il Faraone ha 85 anni. Ora è un vecchio generale malato, pieno di medaglie e di infarti. I 18 mesi di carcerazione sono scaduti, per l’ultima accusa di corruzione hanno trovato un compromesso egizio, Mubarak ha restituito gli 11 milioni di dollari, la stecca incassata dall’editore del quotidiano «Al Arham». Fareed al Deeb, il suo avvocato, può esultare: «L’unico intoppo può essere il ricorso della Procura, che ha due giorni di tempo per presentare ricorso», dichiara alle due del pomeriggio. Mezz’ora più tardi la Procura gli toglierà l’ultimo dubbio. Non ci sarà ricorso, il vecchio Faraone se ne può andare da Torah. Rinuncia che sembra anche politica. La «Restaurazione» è assai benevola con Mubarak.”

Strage di bambini, i ribelli accusano: gasati da Assad. L’articolo a firma di Claudio Gallo:

“«L’esercito siriano ha bombardato la periferia orientale di Damasco con missili al gas nervino: ci sono decine di morti», dice l’Osservatorio sulla Siria per i diritti umani, un’organizzazione vicino ai ribelli, che dall’Inghilterra conta le vittime in Siria. Il leader comunista dell’opposizione George Sabra parla di 1.300 cadaveri. Il portavoce del Free Syrian Army, 1.118. Bayan Baker, infermiera al Centro di emergenza di Douma, testimonia che negli ospedali sono arrivate 210 persone. «Non è vero, solo propaganda», replica il governo siriano. Ci risiamo a raccontare vicende basate su filmati dubbi e testimonianze incerte, che spesso in passato si sono dimostrate false. Certo, potrebbe essere vero, tutto potrebbe essere orribilmente vero, anche se sarebbe difficile capire perché, in un momento favorevole, Assad dovrebbe suicidarsi usando le armi chimiche e attirarsi la condanna del mondo. La notizia ha inevitabilmente riportato la Siria sotto i riflettori dei media, dopo che negli ultimi giorni era stata cancellata dalle stragi in Egitto. I filmati mostrano corpi accatasti per terra in strada e in ospedale: uomini, donne, bambini, avvolti in bianchi sudari, sulle barelle. L’attacco sarebbe avvenuto nella regione di Ghouta, nei sobborghi di Zamalka, Ein Terma e Erbin controllati dai ribelli. Altri filmati mostrano persone con la bava alla bocca, gli occhi sbarrati, distese su lettini, senza ferite. Ghazwan Bwidany, un medico che sta curando i feriti ha detto alla Bbc che i sintomi principali sono soffocamento, eccessiva salivazione e visione sfocata. «Non abbiamo la possibilità ha detto – di trattare tutti queste persone». Un team di esperti di armi chimiche dell’Onu, venti persone guidate dallo svedese Ake Sellstrom, è a Damasco ma non sembra avere accesso al sito della presunta strage. Lo svedese ha detto che di aver potuto vedere soltanto i filmati ma che l’alto numero di vittime denunciate gli sembra «sospetto».”