Juventus-Roma, il commento di Massimo Giletti e Massimo Ghini

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Ottobre 2014 - 11:04 OLTRE 6 MESI FA
Juventus-Roma, il commento di Massimo Giletti e Massimo Ghini

Juventus-Roma, il commento di Massimo Giletti e Massimo Ghini

ROMA – “Il bianconero” e “Il giallorosso”, Massimo Giletti (“Smettetela di cercare alibi”) e Massimo Ghini (“Fischiamoci contro da soli”), dalle pagine del Messaggero, commentano Juventus-Roma.

Il commento di Massimo Giletti:

La Roma ha ancora qualcosa in meno rispetto alla Juventus: la spietatezza. L’ha fatto capire lo stesso Garcia.
Dicendo: «Abbiamo perso perché abbiamo sbagliato un paio di occasioni importanti». Capisco che resistere alla tentazione storica di sentirsi vittime è difficile per chi ha subito in passato il torto del gol annullato a Turone, per una questione di centimetri, ma continuare a ripetere, come un mantra, la litania che il calcio non cambia e che la Juve dovrebbe fare un campionato a parte è un grave limite, figlio di una dietrologia da bar sport.
Certo sono parole dette a caldo, dopo una partita che è stata una vera battaglia, ma sono parole che non fanno bene al calcio in generale. E non fanno bene neppure alla Roma, perché un capitano del livello di Francesco Totti, non può concedere finti alibi alla sua squadra quando mancano ancora 32 partite alla fine del campionato, con 96 punti a disposizione. Perdere fa male. Lo capisco. Innesca la rabbia per chi sentiva di aver giocato per la prima volta allo Juventus Stadium alla pari con i campioni d’Italia, dopo essere stati presi a pallate per anni. Però c’è una sottile linea rossa oltre la quale, chi riveste un ruolo importante, non può andare.
Ero allo stadio, ho visto una partita di grande intensità tra due squadre molto forti che ormai sono da considerarsi competitive anche in Europa. Forse l’arbitro Rocchi avrebbe dovuto usare un metro diverso in alcuni casi, quello del buon senso, che spinge a non fischiare quando si ha un dubbio, ma alla fine l’unico errore vero è stato l’aver concesso il rigore per il braccio di Maicon, che rivisto in televisione non mi sembrava, al di là che fosse dentro o fuori area, da considerarsi fallo da rigore. Per il resto la partita, con le tensioni esasperate, le discussioni infinite sui rigori dati e non dati, le tre espulsioni, con un inedito Garcia in versione Mourinho, fotografano purtroppo, fin troppo bene, il livello del calcio italiano con la sua esasperata aggressività.
Roma-Juve viaggiano su un altro pianeta e viaggeranno parallele fino alla fine del campionato. Basta però parlare di centimetri o di righelli, così più che il bene del calcio si crea la manna per i telemoviolisti di oggi e di domani, con buona pace del calcio giocato che è fantastico, perché sfugge ad ogni logica e non fa parte del circolo ristretto della trigonometria applicata alla geometria.
Due cose per chiudere. È un peccato che i tifosi juventini abbiano perso l’occasione di applaudire un campione come Totti all’uscita dal campo, perché i campioni vanno sempre rispettati. Ci sono poi le interrogazioni parlamentari presentate da alcuni politici sulla partita. Forse sarebbe meglio occuparsi di cose più serie, cose che non riguardano il campo di gioco.

Il commento di Massimo Ghini:

La Roma è una grande squadra. Ed è la mia fede. La Juve è una grande squadra.Quando due bellissime realtà del calcio italiano si incontrano si ha il dovere civile di offrire a tutti i tifosi, a tutti quelli che amano questo sport bellissimo, uno spettacolo straordinario di agonismo, di professionalità, di abilità, di fantasia. E che vinca il migliore. Un po’ retorica come immagine ma credo che ognuno di noi nel profondo dell’anima lo pensi, augurandosi certo che alla fine il vincitore debba solo essere la propria squadra. Che bello sarebbe. Senza doverci addolorare per la violenza estrema, straziante, quella del tifo ridotto a spettacolo animale.
Devo e voglio continuare a crederci, a costo di farmi ridere dietro, devo e voglio credere che un lancio da 40 metri, un dribbling ubriacante, un raddoppio di marcatura o il colpo di reni di un portiere siano gli ingredienti misteriosi della magica pozione che mi porterà a vincere. Sì, me: perché io sono la mia squadra. La mia squadra che è la mia fede. Con tutto questo bagaglio antico e romantico mi sono messo a guardare la partita. Seduto su un divano, da solo. Non solo perché lontano da Roma, ma perché ho voluto scacciare tutti i fantasmi, prima e dopo il gol di Turone…. Così, via tutti, si scende in campo e si gioca.
Non c’è stato niente da fare. Alla fine del primo tempo il divano si era tornato a riempire di ambigue presenze che a momenti cado per terra e mi fischio rigore da solo. Lo spettacolone ridotto ad una farsaccia orrenda. Certo che se ha dirigere un orchestra sinfonica metti una Nasica del Borneo (simpatica scimmia dal nasone rosso) il rischio che qualcosa non quadri è più che certo. E di bucce di banana sul campo di Torino ce ne erano parecchie, e molti ci sono scivolati.
Alla fine della partita chiedermi perché a dirigerla non fosse stato mandato un altro mi sembrava da sciocco. Gli ectoplasmi intorno a me sarebbero morti dal ridere. Alla fine abbiamo perso. No, non entrerò nella polemica rovente: le immagini si commentano da sole. Lo sanno anche quelli della Juve. L’immagine più bella, per me, è quella dei giallorossi che vanno sotto la curva festeggiati come se avessero vinto. Forza Roma. Sempre.