Manager pubblici licenziabili: dopo due bocciature… Il piano del Governo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Dicembre 2014 - 18:16 OLTRE 6 MESI FA
Manager pubblici licenziabili: dopo due bocciature... Il piano del Governo

Manager pubblici licenziabili: dopo due bocciature… Il piano del Governo

ROMA – Il governo di Matteo Renzi scongela un pezzo di riforma Brunetta per la pubblica amministrazione e punta ad utilizzarla per rendere licenziabili i dirigenti pubblici. Un provvedimento ancora sulla carta, per ora tutto è fermo ad una bozza di decreto, per cui però i sindacati già annunciano battaglia. Il meccanismo previsto dal governo è semplice: dopo due valutazioni negative consecutive i dirigenti saranno licenziabili.

Come lo spiega sul Messaggero Francesco Bisozzi: 

 Da quanto emerge da una bozza di decreto del presidente del Consiglio inviata ai sindacati degli statali alla fine di novembre, nelle prossime settimane Renzi introdurrà in via sperimentale al ministero dell’Economia, un nuovo sistema di misurazione della performance in base a cui almeno il 30 per cento dei dirigenti del Tesoro dovrà essere valutato negativamente per il lavoro svolto nel 2014. La bozza di decreto rispolvera la riforma Brunetta della Pubblica amministrazione: il decreto legislativo numero 150 del 27 ottobre 2009 per l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico. Secondo il decreto Brunetta, che contiene i criteri per la misurazione della performance, in seguito a due valutazioni negative, anche non consecutive, i dirigenti possono essere licenziati.

All’epoca del provvedimento 150 del 2009 i criteri individuati dall’ex ministro del governo Berlusconi erano stati bloccati fino al rinnovo del contratto collettivo. Il governo Renzi ha deciso tuttavia di scongelarli anzitempo, scatenando le ire dei sindacati che ora chiedono all’esecutivo di fare un passo indietro. La bozza di decreto che minaccia i dirigenti pubblici indica quattro fasce di merito. La più alta corrisponde a un grado di realizzazione della performance superiore all’80 per cento, mentre la fascia di merito media è aperta a chi si attesta tra il 60 e l’80 per cento. La cosiddetta fascia bassa coincide invece con un grado di realizzazione della performance compreso tra il 40 e il 60 per cento. Infine l’ultima (corrispondente a un grado di realizzazione della performance inferiore al 40 per cento) non dà diritto ad alcun bonus per il lavoro eseguito nell’arco dell’anno.

A far arrabbiare i sindacati, però, è in particolare un articolo, il 5 della bozza. Quello che stabilisce che almeno il 30% dei manager vanno obbligatoriamente collocati nelle fasce più basse. I sindacati contestano l’idea che a priori si possano bocciare il 30% dei manager senza valutarne l’operato. Ancora il Messaggero:

L’articolo 5 del decreto in questione stabilisce poi che nelle prime due fasce di merito non può essere collocato più del 70 per cento del personale, mentre nelle ultime due deve obbligatoriamente trovare spazio il restante 30 per cento. Ed è proprio quest’ultimo aspetto a preoccupare maggiormente i sindacati. «Non ha senso dire che il 30 per cento dei dirigenti pubblici non sa fare bene il proprio lavoro ancora prima di averne esaminato l’operato. Come si fa a decidere a priori quanti sono quelli bravi e quelli che non lo sono? Potrebbero essere più del 30 per cento o meno», spiega il segretario generale dell’Unione nazionale dei dirigenti dello Stato Barbara Casagrande.
Il sistema di valutazione congegnato a suo tempo dall’attuale presidente dei deputati di Forza Italia doveva servire a porre fine a un malcostume diffuso (oltre che assai costoso per le casse dello Stato) che ancora oggi fa si che la maggior parte dei dirigenti solitamente viene promossa a pieni voti una volta giunta la fine dell’anno. Intanto ieri il capo di gabinetto del ministero dell’Economia, Roberto Garofoli, ha diramato una circolare per ricordare, in vista del Natale, che è vietato ai dipendenti pubblici ricevere regali o altre utilità, al di fuori di quelli di «modico valore», dover per modico valore si intende una cifra «non superiore in via orientativa a 150 euro».