ROMA – “Fottemos” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di mercoledì 27 maggio.
Chi insinua che in Italia non podemos avere Podemos si vergogni e arrossisca. Al contrario: a parte Massimo Franco e Stefano Folli, detti anche il Pompiere della Sera e quello di Repubblica, ormai una coppia di fatto che andrebbe regolarizzata, atterriti dall’avanzata dei pericolosi “populisti anti-sistema” che dalla vicina Spagna rischiano di occupare manu militari la nostra povera Italia e contro i quali s’impone una coalizione internazionale per affondarne i barconi, qui è tutta una corsa sul carro della sinistra spagnola anticasta, anticorruzione e antiausterità. Matteo Salvini, fra un raduno a Casa Pound, un raid nei campi rom e una battutaccia sugli immigrati, ha ordinato tutti i dischi di Julio Iglesias per allenarsi con le sue canzoni ed è stato udito gorgheggiare “Non sono un pirata sono un signore”. Poi gli hanno spiegato che quello è l’Iglesias sbagliato: quello giusto si chiama Pablo e avrebbe qualche problemino a fraternizzare col capoarea italiano di Marine Le Pen.
Ma il Podemos alla cassoela non ha sentito ragioni: “Il risultato elettorale della Spagna e anche il voto in Polonia sono una bella mazzata per i difensori dell’Europa della banche e i servi di Bruxelles”, ha esultato a Radio Padania: “Abbiamo tante differenze da Podemos ma questa è una boccata d’ossigeno per l’Europa dei popoli e una sconfitta per Monti, Renzi e i vari burocrati di Bruxelles. E una rottura del duopolio socialisti-democristiani, Pd-Forza Italia”. Chissà se per Forza Italia intende il partito alleato del suo, anche alle Regionali di domenica prossima. E chissà se, fra i servi di Bruxelles, è compreso anche lui, che bivacca tra Bruxelles e Strasburgo da 11 anni a botte di 15-20 mila euro al mese senza lasciarvi traccia alcuna. L’altro Matteo, rottamatore della sinistra italiana nonché fautore del partito unico (della nazione), del preside unico e ultimamente del sindacato unico, si sente anche lui molto Podemos. Pare che abbia commissionato al suo barbiere di fiducia, Tony Salvi da Pontassieve – quello che gli taglia il ciuffo, gli leviga le basette e cura i suoi “capelli bellissimi” – una fornitura di extension pilifere per farsi il codino come Pablo Iglesias e inscenare il suo ultimo travestimento in ordine di tempo: quello da comunista spagnolo. Com’è noto, Renzi è una via di mezzo fra Zelig e Arturo Brachetti. Quando in Grecia vince Syriza, dice che “la vittoria Tsipras è una speranza contro la crisi”. Poi va dalla Merkel, nemica giurata di Tsipras, e annuncia che “la Germania è il mio modello”.
Poi va da Obama e comunica che “l’America è il mio modello”. E ora che in Spagna vince Podemos contro le politiche tedesche e americane, il suo modello diventa Iglesias: “Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. O l’Europa riesce a cambiare la propria politica economica o saranno sempre più forti i movimenti contro Bruxelles e contro Strasburgo”. Che peccato: per sei mesi, dal 1° luglio al 31 dicembre, il presidente di turno dell’Unione europea era lui, ma l’idea di cambiarla non gli è proprio venuta in mente. Vabbè, dai, c’è tempo. Poi c’è il Podemos alle cime di rapa, Nichi Vendola: “Con la vittoria di Podemos viene sconfitta sia l’Europa liberista di Renzi sia quella fascista di Salvini”. E pare di immaginarlo, Pablo Iglesias che sghignazza al telefono con Girolamo Archinà, plurinquisito braccio destro della famiglia Riva (…)