Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Le parole per dirlo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Aprile 2015 - 08:13 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Le parole per dirlo"

La prima pagina del Fatto Quotidiano

ROMA – “Le parole per dirlo” è il titolo dell’articolo a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di giovedì 30 aprile 2015.

Ci scrivono molti elettori Pd, soprattutto renziani pentiti: “Perché nessuno dice e fa niente?”, “L’avesse fatto Berlusconi, saremmo tutti sotto la Camera e il Quirinale”. C’è la stanchezza che pervade molti alla sola idea di tornare a mobilitarsi, dopo l’illusione che, uscito B. da Palazzo Chigi, tornasse ipso facto la democrazia. C’è l’incredibile servilismo di stampa e tv, mai così compatte nell’occultare le vergogne del nuovo Capo. C’è l’impresentabilità degli avversari di Renzi, sua unica vera assicurazione sulla vita: se a contrastare l’Italicum sono la minoranza Pd e FI che l’avevano votato due volte, il bulletto può campare cent’anni. C’è il silenzio indecente di Mattarella, Grasso e Boldrini alle esequie della democrazia parlamentare. E c’è il nanismo dei protagonisti di governo e di opposizione: ogni loro parola, anche la più impegnativa e altisonante, diventa subito barzelletta.Chi può allarmarsi se uno sfigato grida al fascismo?

Chi può credere che Renzi sia come Mussolini? Sull’Italicum sta facendola stessa cosa del Duce sulla legge Acerbo, ma il pericolo – pure grave – non lo prende sul serio nessuno. E in questa tragicommedia flaianesca (“la situazione è grave ma non seria”), conta anche il linguaggio. Che, come la storia, è sempre appannaggio dei vincitori. Prendiamo il verbale datato 22 aprile dei deputati questori inviato alla Boldrini per processare alcuni protagonisti degli scontri alla Camera sul Jobs Act e sulla riforma del Senato. Una prosa di rara comicità. Il 24-11-2014 i 5Stelle beccano un pianista forzista, Di Stefano, che vota più volte al posto del collega Gallo. Confessano entrambi, ma promettono di non farlo più. I questori propongono “una lettera di forte censura” e “auspicano che i gruppi si facciano parte attiva nel contrastare tale fenomeno”, cioè che il cappone si lanci nella padella per il cenone di Natale. Tarallucci e vino. L’11-1-2015 inizia la seduta-fiume sulla riforma costituzionale. Ore 22.35: Grimaldi e Giorgetti (Lega) danno dello “zerbino” a Pizzolante (Ap-Ncd), che risponde: “Speculazioni di bassa Lega”. Battutona. Leghista Molteni: “Coglione”. Rissa leghisti-centristi, anzi “contatto” – scrivono pudichi i questori – seguìto da “scambio di apostrofi”. Ecco, si son tirati addosso segni di interpunzione e caratteri tipografici: punteggiatura. Ore 23.10: si entra nell’alta strategia militare. Un manipolo M5S “scende nell’emiciclo in protesta verso la Presidenza. Un cordone di assistenti parlamentari postisi dinanzi ai banchi del governo impediva ai deputati di sopravanzare, ostacolando il tentativo del Vacca di raggiungere la Presidenza aggirando lo schieramento degli assistenti”.

“La Presidente (Boldrini) esclamava: ‘Ritornate ai vostri posti!’… Fischi e ‘Serva! Serva! Serva!’”. Tre volte, non una di meno, non una di più. I 51 reprobi, individuati dalla prova tv come scanditori del triplice sanguinoso epiteto, saranno processati. Incluso il M5S Sibilia che “si poneva alle spalle della Presidente di turno Sereni e mimava gesti gravemente irriguardosi (incapacità di intendere, ripetutamente, e gesto delle manette)”. E che dire del “lancio di fogli di carta all’indirizzo della Presidenza”? Non c’è più religione, signora mia. Il 13-2-2015, ore 0.05, si rischia il golpe alla Tejero. “Dai banchi del gruppo M5S si scandiva ‘Onestà! Onestà!’”, due volte. Il presidente di turno Giachetti prontamente “espelleva Ruocco, Bonafede e Di Battista (M5S)”. La Ruocco, uscendo, “sarebbe stata oggetto di gravi offese da parte del deputato Sanna (Pd) che le avrebbe ‘dato più e più volte della donna di strada’ – per non dire altre parole”. Ma Sanna, interrogato, ha “contestualizzato l’episodio: ha utilizzato una locuzione mutuata da un’espressione gergale sarda (‘Zacc’a strada’) che può essere resa in lingua italiana come un invito ad allontanarsi (‘Ti invito ad allontanarti in gran fretta’). Tale locuzione non assume una connotazione offensiva o sessista”. Ignara delle locuzioni, la Ruocco ha sentito “zoccola”, mentre il Lord Brummel di Iglesias stava solo suggerendole di uscire, cosa che lei peraltro già stava facendo. Assolto per insufficienza di locuzione. Intanto però i 5Stelle “continuavano a battere (senza offesa, ndr) ritmicamente sui banchi e a scandire: ‘Onestà! Onestà!’” e un povero forzista “dichiarava di non riuscire a parlare”. Avessero gridato “Disonestà! Mazzette! Nipote di Mubarak!” si sarebbe sentito a casa sua, ma la locuzione “Onestà!” suonava davvero offensiva e sessista. Gran finale, ore 0.30: rissa, pardon “contatto tra i deputati Sel e Pd”. Botte da orbi fra Minnucci (Pd) e Farina (Sel), “caduta della deputata Simoni”, “Airaudo scavalcava alcune file di banchi ponendosi in piedi e inveiva”, espulsione di Mannucci e Airaudo. E intanto i 5Stelle sempre lì a “scandire ritmicamente ‘Onestà! Onestà!” (…)