Pd: processo a Bersani. Tabacci: alle comunali di Roma coalizione troppo “sinistra”

Pubblicato il 2 Aprile 2013 - 06:24| Aggiornato il 4 Aprile 2013 OLTRE 6 MESI FA
bruno tabacci

Tabacci: il Pd per il sindaco di Roma farà peggio che per il premier

Nella elezione del sindaco di Roma, il Pd  rischia di fare ancor peggio di quel che ha fatto alle politiche, parola di Bruno Tabacci, raccolta da Federico Geremicca per la Stampa.

Tabacci, in passato al centro di polemiche per il doppio incarico, con il suo Centro democratico è alleato del Pd, ma critica la coalizione troppo “sinistra” che si sta formando intorno alla candidatura di Ignazio Marino:

“L’inseguimento a Beppe Grillo non si può fare rimettendo insieme i cocci della sinistra, da Ingroia a Di Pietro ai Comunisti italiani… A Roma, per le elezioni al Campidoglio, stanno rimettendo in piedi proprio una cosa del genere: da far rimpiangere la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto. Ma io avevo capito che la rotta del Pd fosse cambiata. Definitivamente cambiata…”.

Secondo Geremicca, l’ inseguimento a Grillo

“costituirà il primo capo d’accusa dal quale Pier Luigi Bersani dovrà difendersi”

appena si aprirà il regolamento di conti nel Pd.

“I capi d’accusa sono numerosi, e non riguardano solo la linea tenuta dopo il voto (l’ «inseguimento a Grillo»). Molti, infatti, contestano addirittura i toni e gli argomenti di una campagna elettorale iniziata da vincitori e finita in altro modo. Altri, i più delusi, puntano l’indice contro quello che, con poca generosità, è stato definito l’«autismo» del segretario: pochissime informazioni al partito su quel che maturava nella crisi, le riunioni continue riservate al solo «tortello magico» (Migliavacca, Errani, Fiammenghi), l’incaponirsi su una linea (riecco l’«inseguimento a Grillo»…) che 48 ore dopo il voto poteva esser tranquillamente abbandonata”.

E anche se poteva andar

“bene l’apertura al nuovo, a Beppe Grillo, subito dopo il voto [è stato] male incaponirsi su una posizione vanificata (mortificata) dalle porte ripetutamente sbattute in faccia dal comico genovese. E male, anzi malissimo, aver tarato ogni iniziativa solo in funzione dell’«inseguimento a Grillo»: dagli otto punti di programma ai nuovi presidenti di Camera e Senato (intorno ai quali già si registrano insoddisfazioni e ironie) tutto è stato fatto guardando da una parte sola. Pessimo, infine, il «mai con Berlusconi» ripetuto all’infinito: con il risultato di sbarrare qualunque altra strada al Pd (e al capo dello Stato)…

“Ad aspettarlo al varco c’è ormai una folla: leader al momento defilati, come Massimo D’Alema e Walter Veltroni; figure fino a ieri di primo piano – come Rosi Rosy Bindi, Anna Finocchiaro e Dario Franceschini – sacrificate nell’«inseguimento a Grillo»; gruppi – come i giovani turchi di Orfini, Orlando e Fassina – per i quali «la ruota del cambiamento» ha girato poco o niente; e Matteo Renzi, infine, il leader in sonno, l’asso da calare, la risposta a Grillo”.

In altre parole,

“è la stessa maggioranza che lo elesse segretario ad essersi letteralmente sfarinata”.

Così, mentre Bersani si interroga su cosa fare, se

“tener duro e difendere le scelte fatte, oppure presentarsi dimissionario alla prima occasione utile oppure rimettere al partito la decisione su cosa fare […] Renzi esercita ormai una sorta di effetto-calamita: non ha bisogno di muovere un dito, perché c’è la fila davanti alla sua porta”.

Geremicca prevede che

“sarà tutto un ribollire fino al Congresso, già programmato per ottobre. Un segretario giovane (Enrico Letta? Fabrizio Barca?) e un futuro candidato premier ancor più giovane (Renzi), sembrano l’approdo obbligatorio: ma è difficile immaginare che vi si possa giungere in un clima di solidarietà e concordia…”.

Pubblichiamo la precisazione che Bruno Tabacci ha inviato alla Stampa a proposito delle sue dichiarazioni sulle Comunali di Roma:

“Gentile Direttore Calabresi, nell’apertura dell’articolo di ieri dal titolo “Il Segretario sarà processato dagli stessi che l’hanno eletto”, a pagina 5 de La Stampa, alcune mie frasi, pronunciate nel corso di una conferenza stampa dedicata esclusivamente alle future elezioni comunali di Roma e riprese dalle agenzie, vengono interpretate come una critica alla linea politica nazionale tenuta da Bersani nell’ultimo mese. Linea politica che ho in larghissima parte condiviso e sostenuto. Conoscendo la serietà e l’onestà intellettuale dell’autore dell’articolo sono certo che si sia trattato di un “misunderstanding” in buona fede. La mia frase “l’inseguimento a Grillo non si può fare rimettendo insieme i cocci della sinistra, da Ingroia a Di Pietro ai Comunisti Italiani” pronunciata in una conferenza stampa incentrata sul Campidoglio, accanto al candidato alle primarie per il sindaco di Roma David Sassoli, era rivolta ad un altro dei candidati alle primarie, il senatore Ignazio Marino, che sta appunto cercando di mettere insieme una coalizione tutto sbilanciata verso la sinistra estrema. Parlavo di Roma, dunque, e non del quadro politico nazionale che è completamente diverso almeno per una macroscopica ragione: la presenza di Berlusconi che per dare il via libera alla nascita di un governo chiede un impossibile salvacondotto per sé, attraverso una trattativa impropria sulla futura elezione del capo dello Stato. Condizione respinta da Bersani. Una scelta che condivido totalmente. Bruno Tabacci”.

Tabacci ha poi scritto a Blitz Quotidiano un’ulteriore precisazione sulla questione del doppio incarico:

“Quanto al “doppio incarico”, non ho nessun doppio incarico in quanto prima ancora delle elezioni del 23 e 24 febbraio, mi sono dimesso da assessore al Bilancio del Comune di Milano pur non essendovi alcuna norma di legge che mi obbligava a farlo, a differenza di sindaci e presidenti di provincia ad esempio (e – sempre per completezza d’informazione – in precedenza, nella passata legislatura, su chiamata del sindaco Pisapia, ricoprivo il ruolo di assessore a Milano a titolo assolutamente gratuito, rispettando in pieno la legge anche in questo caso, che prevede che si possa essere assessori e parlamentari, purché non si cumulino gli stipendi; norma che è stata pienamente rispettata). Ho scelto insomma di misurarmi alle elezioni senza “paracadute”, senza la certezza cioè di essere eletto in Parlamento e senza mantenere in caldo la poltrona di assessore. Già non sono molti di questi tempi gli esempi di serietà tra i politici del nostro Paese, se poi si arriva pure a mistificarli non si rende un buon servizio all’informazione pubblica”.